Voci da mondi diversi. Gran Bretagna e Irlanda
romanzo storico
Maggie O’Farrell, “Ritratto di un matrimonio”
Ed.
Guanda, trad. Stefania De Franco, pagg. 384, Euro 19,00
Quella
è la mia ultima duchessa, nel dipinto appeso al muro,/ sembra quasi che sia
viva.
That’s my last Duchess painted on the wall,/ Looking as if she were
alive.
Ho
letto così tante volte la poesia di Robert Browning, “My last Duchess”, da
saperla a memoria. Il Duca che mostra la sua collezione d’arte all’emissario di
un conte mentre si stanno volgendo le trattative per un suo prossimo
matrimonio- passerà poi, nello stesso tono, ad indicare una statua in bronzo di
Nettuno accennando alla dote della futura sposa che suppone sarà adeguata- e la
piccola Duchessa che ormai vive solo nel ritratto, che sorrideva troppo e a
tutti. Diedi degli ordini;/ allora tutti
i sorrisi si fermarono insieme.Browning
Si chiamava Lucrezia, quinta figlia di
Cosimo dei Medici, la giovane del ritratto che andò sposa ad Alfonso II d’Este
nel 1560. Non aveva neppure sedici anni quando morì un anno dopo. Sembra che
sia morta di tisi, anche se Robert Browning suggerisce altrimenti. Dopotutto
non ci sarebbe stato niente di strano o di insolito- sia la sorella sia la
cognata di Lucrezia morirono assassinate, tolte di mezzo nel modo più veloce.
Alfonso II aveva fretta di avere un erede, avrebbe dovuto sposare Maria, la
sorella di Lucrezia, ma Maria era morta di febbre malarica, Lucrezia era stato
‘il rimpiazzo’ (vocabolo di moda in questi giorni dopo la pubblicazione
dell’autobiografia di un principe). Era troppo giovane, Lucrezia, quando
Alfonso dirottò la sua scelta su di lei, aveva solo tredici anni e passarono
due anni prima che le nozze venissero consumate, ma era figlia di Eleonora di
Toledo, conosciuta con l’appellativo di ‘la Fecundissima’ perché mise al mondo
ben undici figli (parecchi morirono da bambini, parecchi di morte non naturale)
e Alfonso sperava che la figlia fosse prolifica come la madre. Non fu così. Fu
questo che spinse Alfonso ad avvelenare Lucrezia, come si sospettò all’epoca?
Alfonso non ebbe figli neppure dai seguenti due matrimoni, non lasciò in giro neppure un figlio bastardo.
Maggie O’Farrell sembra appassionarsi nel dare vita a donne vissute nell’ombra. Dopo la moglie di Shakespeare in “Nel nome del figlio”, la sua penna ci racconta di un’altra giovane donna, una ragazzina, che ha mantenuto il suo segreto nei secoli in quel quadro appeso al muro. Quando ci accingiamo a leggere “Ritratto di un matrimonio” sappiamo già che ben poco è documentato su Lucrezia di Cosimo dei Medici, che ci affidiamo al privilegio dello scrittore di inventare un personaggio basandosi sugli esigui dati e sulle ricerche dell’ambiente e della società del tempo. E- dobbiamo dirlo- Maggie O’Farrell è bravissima. Lucrezia esce dal dipinto, la vediamo bambina un poco ribelle e audace che accarezza una tigre del serraglio paterno, poi ragazzina che vorrebbe sottrarsi al matrimonio imposto, abbigliata sontuosamente per le nozze, ci sembra di toccare le sete che frusciano, di restare abbagliati dallo scintillio del rubino che Alfonso le ha regalato, di sentire il peso dei suoi meravigliosi capelli. Proviamo la sua stessa paura davanti all’ignoto- è poco più di una bambina quando deve lasciare la famiglia e Firenze per seguire Alfonso a Ferrara. Anche noi lettori o lettrici, come la scrittrice, stiamo dalla parte di Lucrezia, diffidiamo di Alfonso che può essere un marito innamorato e un sovrano crudele, arbitro di vita e di morte, fiutiamo il pericolo quando il pittore e i suoi aiutanti arrivano a corte perché abbiamo visto di che cosa è capace Alfonso, quando scopre l’inappropriato legame amoroso della sorella.
Chi conosce la poesia di Browning si
accorge anche di quando i suoi versi filtrano nella narrativa di Maggie O’Farrell
la cui capacità descrittiva, così straordinaria da dipingere un quadro vivente
per i nostri occhi, è però a volte sovrabbondante, di parole e di dettagli e
rischia di stancare. C’è però anche un interessante espediente narrativo, un flash
su una storia alternativa, del tipo di “Sliding doors”- e se, invece di
immolarsi, come una vittima predestinata, Lucrezia avesse raccolto l’invito a
fuggire?
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