Voci da mondi diversi. India
Ed.
Neri Pozza. Trad. F. Oddera, pagg. 304, Euro 18,00
A Jaipur Lakshmi Shastra, quasi trentenne, è arrivata una decina di anni prima, in fuga da un marito che era stata obbligata a sposare e che la picchiava perché lei non gli dava figli. Erano state le prostitute di Agra ad insegnare a Lakshmi l’arte dell’henné, ma lei aveva superato le maestre. I disegni che lei tracciava su mani, piedi e altre parti del corpo erano fantasiosi e stupendi, e poi si era diffusa la voce che, in qualche modo, contribuissero a realizzare i desideri delle donne che richiedevano i suoi servigi, sia che si trattasse di riconquistare un marito o di restare incinta o di avere un figlio maschio. Lakshmi aveva anche un altro dono, e questo lo aveva imparato dalla suocera: era capace di curare con le erbe,
preparava lei stessa le misture per alleviare i dolori, per lenire sfoghi cutanei, per abbattere le febbri, per non restare incinta e per sbarazzarsi di bambini non voluti. Ha fatto fortuna, Lakshmi. Indebitandosi è riuscita a comperare una casa. Poi succede l’imprevisto. Arriva sua sorella Rhada.
Lakshmi non sapeva neppure dell’esistenza di questa sorella di tredici anni, nata dopo la sua fuga che aveva disonorato la famiglia- una donna doveva restare a fianco del marito. Rhada è piccola, magra, sporca, si comporta come una selvaggia. Per Lakshmi è un peso, Lakshmi non cerca né di capirla né di mostrarle affetto, pensa solo che vuole darle quello che lei non ha mai avuto, un’istruzione prima di tutto.
La trama de “L’arte dell’henné a Jaipur”
segue il modello dei romanzi rosa, un storia di amore e lacrime, di sogni
infranti e speranze disilluse, di tradimenti e gelosie, di ambizioni e
pregiudizi. Non sappiamo quanto sia realistica la volontà di indipendenza di
una donna in India a neppure dieci anni dall’indipendenza, e tuttavia ammiriamo
la caparbia volontà di Lakshmi di uscire dal ruolo inconfessabile di donna
separata, di godere di una pallida imitazione dello sfarzo delle donne di alto
rango a cui colora le estremità con l’henné, di risollevarsi e inventarsi
un’altra vita lontano da Jaipur dopo essere stata boicottata dalle stesse donne
che una volta la cercavano.
Lakshmi non ha tempo per l’amore e non si accorge della storia che sta vivendo Radha finché non è troppo tardi. Perché pensa che Radha sia una bambina, che dovrebbe esserle grata ed essere felice di quello che ha progettato per lei, senza accorgersi di quanto, invece, Radha si debba sentire discriminata nella scuola frequentata da ragazze di un’altra casta e di un’altra classe sociale, di come questa solitudine e infelicità possano spingerla ad imitare le attrici che recitano nei film che va a vedere con l’amica-cliente di Lakshmi. La conclusione è un dramma che però si risolve per il meglio- c’è chi soffre e chi trova una compensazione per quanto ha già sofferto.
Lo stile del romanzo è di quelli che
tengono legati alle pagine. Chiunque ami la letteratura di evasione o ami
l’India, leggerà con piacere un libro che trasporta in luoghi lontani e troverà
particolarmente intriganti i dettagli con cui viene spiegata l’arte di usare
l’henné, si sorprenderà ad annusare l’aria in cerca dei profumi di spezie
(alcune stuzzicanti ricette sono pubblicate a fine libro), si delizierà gli
occhi entrando nella casa della maharani. Chi è stato in India, chi la conosce
da altre letture, resta, però, con il dubbio sul realismo del quadro che pare
segnato da un certo stereotipato romanticismo.
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