Casa Nostra. Qui Italia
guerra di secessione americana
Alessandro Barbero, “Alabama”Ed.
Sellerio, pagg. 262, Euro 15,00
Nella casa del vecchio ci sono degli
almanacchi su uno scaffale. L’ultimo porta la data del 1936. Si parla della
guerra nel Pacifico nei giorni in cui la ragazza ascolta il vecchio soldato,
uno degli ultimi ancora in vita che abbia preso parte ad una battaglia durante
la guerra di secessione su cui lei deve fare una ricerca. Nella lettera di un
testimone, datata 1863, questi raccontava di aver visto massacrare dei negri
disarmati.
Siamo in Alabama, uno degli stati del Sud degli Stati Uniti la cui economia si era sempre basata sulle coltivazioni di cotone e sul lavoro dei negri. Possiamo quasi vederlo, il vecchio con il cappello in testa, seduto sulla sedia a dondolo sul portico, con una presa di tabacco in bocca. La ragazza che prende appunti era venuta a sapere che, dei 13 veterani vivi, solo 4 avevano combattuto la battaglia che la interessava. Il vecchio sarebbe stato ancora abbastanza lucido da ricordare? Si sarebbe vergognato?
Anche la ragazza è del Sud: là, al Nord
dove è andata a studiare, le sembrava perfettamente normale sedersi a pranzo
accanto ad un negro. Qui, in qualche maniera, è diverso e vedremo un radicato
razzismo affiorare nelle sue reazioni, suo malgrado.
È il vecchio a parlare, per la maggior parte del romanzo. Racconta. I frammenti del passato si mescolano alla rinfusa. Un nome dopo l’altro. Molti soprannomi. Marce sotto il peso degli zaini alleggeriti passo dopo passo di tutto il superfluo. Come i libri della Bibbia. Come le baionette. Il rancio che sarebbe dovuto durare più di un giorno divorato in una volta sola. Scherzi tra commilitoni. Pettegolezzi. Un tal Byrd che era un ‘domatore’ di negri. Lo stesso Byrd che si era comprato una negra che potesse fungere da ‘fattrice’ così lui si era arricchito. Disprezzo per gli yankees. L’uomo di Cincinnati che diceva che al Sud non sapevano neppure che cosa volesse dire lavorare, che per loro l’unico lavoro che un uomo d’onore potesse fare era starsene seduto e dare ordini ai suoi negri. Stonewall Jackson (il generale Thomas Jonathan Jackson così chiamato per aver resistito all’attacco degli unionisti nella battaglia di Bull Run), nominato spesso come un eroe. Quel Lincoln, invece, era un uomo che non poteva portare che sciagura.
La ragazza pensa che il vecchio non
arriverà mai al ‘dunque’, che non parlerà mai di quei negri a cui avevano
sparato in faccia. E anche lei ricorda, mentre lui parla. E ci offre, a gocce
nel lungo racconto della guerra, il punto di vista dai suoi giorni ormai
lontani da quella guerra ma che non è poi molto diverso da quello diffuso negli
stati confederati di allora. Ricorda quanto le ha detto suo padre, che mette in
dubbio che la strage dei negri sia veramente accaduta, le parole di un compagno
al college che si rivolge a lei con un ‘voialtri del Sud’, dicendo che loro non
cambieranno mai e forse non vogliono cambiare- e lei pensa che sì, è vero, a
loro piace vivere come dei bianchi. Senza rendersi conto dell’enormità di
questo pensiero, come se ‘vivere’ avesse un’accezione diversa secondo il colore
della pelle. Pensa alla negra ‘fattrice’ e si chiede che cosa avrebbe fatto
lei. Assurdo anche solo pensarlo, perché ‘quelle sono negre, non sono come
noi’.
Quando il vecchio arriva a raccontare quello che interessa alla ragazza, ci dedica poche parole. È ben lontano da provare vergogna. Dopotutto erano dei negri che avevano imbracciato il fucile contro i loro padroni.
Questa che abbiamo letto è una storia
antica, di più di un secolo e mezzo fa. Eppure il suo eco riverbera fino a noi.
Quando la ragazza riflette, ‘ammazzare, lo sapevano fare’, ‘il fucile ce lo
hanno tutti, lo maneggiano fin da bambini’- noi pensiamo ai continui episodi di
uccisioni in America, dove sembra proprio che tutti abbiano un’arma nel
cassetto, dove i neri sono ancora diversi dai bianchi.
La ragazza senza nome è, però, sconvolta da
quello che ha ascoltato. Il capitano Pollock, dopo la vicenda dei negri
massacrati, si era dato al bere e si era poi ucciso. La ragazza ha visto il
cuore di tenebra di cui parla Conrad- ‘quando mi sono affacciata sull’abisso, ho
rischiato di precipitare anche io’.
Si è
salvata.
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la recensione sarà pubblicata su www.stradanove.it
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