Voci da mondi diversi. Africa
Voci da mondi diversi. Francia
saga
Leila Slimani, “Il paese degli altri”
Ed. La Nave di Teseo, trad. Anna D’Elia,
pagg. 352, Euro 18,05 (formato kindle 9,99)
La prima volta che Mathilde andò a
vedere la fattoria, pensò: “troppo lontana”. Il fatto che fosse tanto isolata
la preoccupava.
È il 1947. Mathilde, francese
dell’Alsazia, ha seguito in Marocco l’uomo di cui si è innamorata. Lui, Amin,
combatteva nelle truppe coloniali francesi contro i nazisti. Lei, Mathilde era
giovane e focosa, voleva uscire dal paese in cui aveva sempre vissuto. Amin era
bello, non importava se lei, alta e chiara di carnagione, era più alta di lui-
gli opposti si attraggono. E le sembrava una fantastica avventura, da far
invidia alle amiche, partire per un luogo esotico, con un uomo così aitante con
le medaglie appuntate sulla divisa.
Povera Mathilde. All’inizio aveva
dovuto condividere la casa con la suocera che non sapeva il francese, così come
Mathilde non sapeva l’arabo. Lo avrebbe imparato- e bene-, come avrebbe
imparato a fare molte cose che mai si sarebbe sognata di fare, compreso curare
le malattie con cui si presentavano a lei i contadini, dopo che si erano
trasferiti nella fattoria su quegli ettari di terreno arido che il padre di
Amin aveva comperato nel 1935. E, dopo, avrebbe considerato una fortuna il
vivere così lontano da tutti. Se si erano salvati, durante i disordini del 1955
quando il Marocco era in fiamme inneggiando alla libertà, forse era stato proprio
perché non vivevano a Meknès dove soprattutto lei, “la francese”, probabilmente
non avrebbe avuto scampo.
Un bel personaggio, quello di Mathilde che domina l’intero libro di
Leila Slimani, scrittrice francese di famiglia per metà marocchina. Troppo rude
per essere ‘simpatica’, ci affascina con la sua forza di carattere, con le sue
contraddizioni, con il piglio deciso con cui sa affrontare la nuova vita a cui
non è preparata e le delusioni che arrivano presto. Quel marito così bello, da
cui lei è così attratta, spesso la trascura, spesso la cerca solo per unirsi a
lei, preso com’è dal sogno di rendere fertile la terra sassosa che ha ereditato.
È questo che hanno in comune- l’impegno che mettono in quello che fanno, ognuno
la sua parte. E ad Amin dobbiamo riconoscere lo sforzo per venire incontro alla
moglie straniera, per conciliare le loro diversità. Non è facile per nessuno
dei due, vivere nel ‘paese degli altri’. Perché è questo che è il Marocco,
colonia francese dal 1912, ‘il paese degli altri’ con una miriade di
significati. Per Mathilde è il paese di gente che ha tradizioni, cultura e
religione diverse dalle sue, il paese degli uomini che sono sempre stati
padroni delle loro donne, il paese dei nazionalisti che vedono in lei la
nemica. Per Amin è il paese della sua gente che all’improvviso rifiuta
l’assoggettamento alla Francia per cui lui ha combattuto e da cui è tornato con
una moglie. A chi va la lealtà di Amin? Al suo paese, a suo fratello che
combatte con i nazionalisti o alla donna che ama e che gli ha dato due figli di
sangue misto che saranno per sempre nel ‘paese degli altri’, qualunque sia la
loro scelta di appartenenza?
Dei due bambini, è Aisha che ci fa tenerezza. Aisha si sente diversa,
esclusa dal cerchio delle compagne dell’educandato francese tra cui lei, con
quell’aureola di capelli chiari ma crespi e refrattari al pettine, brilla per
intelligenza, tanto da saltare un anno a scuola. Povera Aisha che, nascosta nel
sottofondo di un armadio insieme al fratellino la notte dei peggiori disordini,
ha paura di essere l’unica sopravvissuta, quando ne esce al mattino. Che chiede
chi siano i buoni e chi i cattivi in questa guerra che, come le spiega il
padre, è peggio di una guerra, “perché i nostri nemici, o quelli che dovrebbero
esserlo, vivono insieme a noi da tempo. Alcuni sono nostri amici, sono i nostri
vicini, sono la nostra famiglia”. E Amin usa una bellissima immagine per
cercare di farsi capire dalla sua bambina per metà francese e per metà
marocchina, quella del ‘limarancio’, l’albero metà limone e metà arancio che
hanno creato con un innesto.
Termina con le fiamme che
distruggono un mondo, divorando i libri e le suppellettili che i
francesi- anche loro abitanti del ‘paese degli altri’- ostentavano con orgoglio
davanti agli indigeni. Aisha ne è contenta, “Meglio se se ne vanno. Meglio se
crepano”. Quanto deve aver sofferto nel paese degli altri che forse riuscirà a
fare suo.
“Il paese degli altri” è il primo romanzo di una trilogia, un libro
molto bello, di raro equilibrio, realista e poetico. Un libro che riesce a far
nostro ‘il paese degli altri’.
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la recensione sarà pubblicata anche su www.stradanove.it
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