venerdì 5 giugno 2020

Leila Slimani, “Il paese degli altri” ed. 2020


                                                        Voci da mondi diversi. Africa
   Voci da mondi diversi. Francia
        saga

Leila Slimani, “Il paese degli altri”
Ed. La Nave di Teseo, trad.  Anna D’Elia,  pagg. 352, Euro 18,05 (formato kindle 9,99)

       La prima volta che Mathilde andò a vedere la fattoria, pensò: “troppo lontana”. Il fatto che fosse tanto isolata la preoccupava.

È il 1947. Mathilde, francese dell’Alsazia, ha seguito in Marocco l’uomo di cui si è innamorata. Lui, Amin, combatteva nelle truppe coloniali francesi contro i nazisti. Lei, Mathilde era giovane e focosa, voleva uscire dal paese in cui aveva sempre vissuto. Amin era bello, non importava se lei, alta e chiara di carnagione, era più alta di lui- gli opposti si attraggono. E le sembrava una fantastica avventura, da far invidia alle amiche, partire per un luogo esotico, con un uomo così aitante con le medaglie appuntate sulla divisa.
Povera Mathilde. All’inizio aveva dovuto condividere la casa con la suocera che non sapeva il francese, così come Mathilde non sapeva l’arabo. Lo avrebbe imparato- e bene-, come avrebbe imparato a fare molte cose che mai si sarebbe sognata di fare, compreso curare le malattie con cui si presentavano a lei i contadini, dopo che si erano trasferiti nella fattoria su quegli ettari di terreno arido che il padre di Amin aveva comperato nel 1935. E, dopo, avrebbe considerato una fortuna il vivere così lontano da tutti. Se si erano salvati, durante i disordini del 1955 quando il Marocco era in fiamme inneggiando alla libertà, forse era stato proprio perché non vivevano a Meknès dove soprattutto lei, “la francese”, probabilmente non avrebbe avuto scampo.

      Un bel personaggio, quello di Mathilde che domina l’intero libro di Leila Slimani, scrittrice francese di famiglia per metà marocchina. Troppo rude per essere ‘simpatica’, ci affascina con la sua forza di carattere, con le sue contraddizioni, con il piglio deciso con cui sa affrontare la nuova vita a cui non è preparata e le delusioni che arrivano presto. Quel marito così bello, da cui lei è così attratta, spesso la trascura, spesso la cerca solo per unirsi a lei, preso com’è dal sogno di rendere fertile la terra sassosa che ha ereditato. È questo che hanno in comune- l’impegno che mettono in quello che fanno, ognuno la sua parte. E ad Amin dobbiamo riconoscere lo sforzo per venire incontro alla moglie straniera, per conciliare le loro diversità. Non è facile per nessuno dei due, vivere nel ‘paese degli altri’. Perché è questo che è il Marocco, colonia francese dal 1912, ‘il paese degli altri’ con una miriade di significati. Per Mathilde è il paese di gente che ha tradizioni, cultura e religione diverse dalle sue, il paese degli uomini che sono sempre stati padroni delle loro donne, il paese dei nazionalisti che vedono in lei la nemica. Per Amin è il paese della sua gente che all’improvviso rifiuta l’assoggettamento alla Francia per cui lui ha combattuto e da cui è tornato con una moglie. A chi va la lealtà di Amin? Al suo paese, a suo fratello che combatte con i nazionalisti o alla donna che ama e che gli ha dato due figli di sangue misto che saranno per sempre nel ‘paese degli altri’, qualunque sia la loro scelta di appartenenza?

     Dei due bambini, è Aisha che ci fa tenerezza. Aisha si sente diversa, esclusa dal cerchio delle compagne dell’educandato francese tra cui lei, con quell’aureola di capelli chiari ma crespi e refrattari al pettine, brilla per intelligenza, tanto da saltare un anno a scuola. Povera Aisha che, nascosta nel sottofondo di un armadio insieme al fratellino la notte dei peggiori disordini, ha paura di essere l’unica sopravvissuta, quando ne esce al mattino. Che chiede chi siano i buoni e chi i cattivi in questa guerra che, come le spiega il padre, è peggio di una guerra, “perché i nostri nemici, o quelli che dovrebbero esserlo, vivono insieme a noi da tempo. Alcuni sono nostri amici, sono i nostri vicini, sono la nostra famiglia”. E Amin usa una bellissima immagine per cercare di farsi capire dalla sua bambina per metà francese e per metà marocchina, quella del ‘limarancio’, l’albero metà limone e metà arancio che hanno creato con un innesto.

     Termina con le fiamme che  distruggono un mondo, divorando i libri e le suppellettili che i francesi- anche loro abitanti del ‘paese degli altri’- ostentavano con orgoglio davanti agli indigeni. Aisha ne è contenta, “Meglio se se ne vanno. Meglio se crepano”. Quanto deve aver sofferto nel paese degli altri che forse riuscirà a fare suo.
    “Il paese degli altri” è il primo romanzo di una trilogia, un libro molto bello, di raro equilibrio, realista e poetico. Un libro che riesce a far nostro ‘il paese degli altri’.

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la recensione sarà pubblicata anche su www.stradanove.it



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