Casa Nostra. Qui Italia
storia di famiglia
Giorgio Fontana, “Prima di noi”
Ed. Sellerio, pagg. 882, Euro 22,00
24 ottobre 1917. Dopo i pesanti
bombardamenti e la caduta di Caporetto, l’esercito italiano si ritira dalla
riva sinistra dell’Isonzo. Una ritirata disordinata e disperata, senza
coordinamento, senza ordini superiori. Il giovane fante Maurizio Sartori
diserta- non è certo l’unico. Trova rifugio in un casolare della pianura
friulana- se può restare è perché la figlia del fattore, Nadia, riesce in
qualche modo a persuadere suo padre ad ospitarlo. Maurizio dà una mano nei
lavori dei campi, mangia poco per non essere di peso. MA seduce la sedicenne
Nadia, la mette incinta e fugge tornando al suo paese. Finché il padre di lei
lo viene a riprendere, obbligandolo a fare il suo dovere.
Non ha un inizio romantico, la storia di famiglia del nuovo romanzo di
Giorgio Fontana. Maurizio Sartori, fondamentalmente un vigliacco, doppiamente
traditore, non è un personaggio simpatico. Ci riesce anche difficile da capire
come abbia potuto innamorarsene Nadia, che gli ripeterà per tutta la vita, come
un mantra, ‘troviamo un modo di volerci bene, biondino?’, e che lo puntellerà
con la sua forza fino alla fine.
Dalla campagna a Udine, con altri due bambini
dopo il primo, Gabriele, il figlio che aveva messo in fuga il padre. E la
storia si dipana negli anni, attraverso 4 generazioni, per quasi un secolo,
mentre l’orizzonte della famiglia si allarga- da Udine a Milano, no, gli
affitti a Milano sono improponibili, allora ci si accontenta di Sesto san
Giovanni, per poi spaziare in Europa nei tempi più vicini ai nostri con i
nipoti e bisnipoti di Maurizio Sartori. Dei tre figli del contadino senza
nessuna cultura, Gabriele diventerà professore di lettere e scriverà poesie,
sarà uno studioso tutta la vita, Renzo farà l’operaio e Domenico, il mite, il
buono, la figura Dostojevskiana dell’idiota,
morirà in un campo di prigionia in Africa. Inclinazioni diverse e diverse
affiliazioni politiche, per Gabriele e per Renzo e poi per i loro figli.
Viviamo con loro gli anni delle proteste operaie, delle lotte sindacali e poi,
più tardi, quelli del terrorismo e dell’impronta berlusconiana. Amori e
tradimenti, delusioni e gioie, morti e malattie. Solo i lettori più anziani
ricordano la paura dei genitori all’epoca dell’epidemia di poliomelite che
colpiva soprattutto i bambini- il figlio di Gabriele si riprende
miracolosamente dopo essere stato lì lì per morire. E la riflessione del
vecchio Gabriele che piange la morte della moglie (come si erano sentiti in
colpa per essersi innamorati mentre il fidanzato di lei combatteva sul fronte
russo!) diventa quella di chi ama e non è mai stato sfiorato dal pensiero di
restare solo- ‘il più osceno dei destini
è sopravvivere a coloro che il tuo cuore fu così stupido da scegliere e
ritenere immortali’. Parole bellissime.
Ogni capitolo del romanzo inizia con la breve descrizione di un
paesaggio o di un’atmosfera, come per sgombrarci la mente da quanto abbiamo
finito di leggere nel capitolo precedente, per farci riprendere il passo e
affrontare nuove storie. Sono i personaggi a dominare la scena, in questo ampio
romanzo. Lo sfondo, la Storia, le azioni degli squadristi, l’avvento di
Mussolini, la seconda guerra mondiale (vista soprattutto attraverso
l’esperienza di Domenico in Africa), il miracolo economico, gli scioperi e poi
il diffuso benessere, il diritto allo studio e le rivolte studentesche, fino
alle nuove possibilità dei bisnipoti di Maurizio Sartori di studiare
all’estero- tutto questo, scritto con una penna leggera, scorre come le
immagini di un cinegiornale e sono i personaggi a renderlo vivo perché ci
vivono dentro. Sono tutti personaggi inquieti. Sembrano tutti dover espiare la
colpa di un peccato originale, il marchio del vigliacco impresso sulla fronte
del padre o del nonno o del bisnonno.
Tocca a Letizia, bisnipote di Maurizio,
una delle molte e belle figure femminili del romanzo, esternare il pensiero
che, se ai loro nonni e padri era toccato in sorte di sopportare il dolore
fisico, la fame e la povertà, alla loro generazione spettava un altro tipo di
dolore, un ‘destino di ferite interiori’.
La loro non era una di quelle guerre che finiscono sulle pagine di un libro.
Era la costante paura del futuro, ‘e
forse un altrettanto grande timore di voltarsi’: avrebbero potuto
pietrificarsi ‘sotto il peso di quanto
accaduto prima di loro, un cumulo insostenibile di morte e di vita, ricchezza e
spreco.’
Mi è capitato spesso di ripensare a queste parole in questi giorni di
pandemia da coronavirus.
Leggere a Lume di Candela è anche una pagina Facebook
a breve l'intervista con lo scrittore
recensione e intervista saranno pubblicate su www.stradanove.it
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