Voci da mondi diversi. Gran Bretagna e Irlanda
Tracy Chevalier, “La ricamatrice di Winchester”
Ed. Neri Pozza, trad. M. Ortelio,
pagg. 283, Euro 18,00
Un solo filo può cambiare la
trama. Sembra un’osservazione riferita solamente al lavoro che le
ricamatrici di Winchester stanno facendo- ricamare i cuscini per abbellire i
sedili della cattedrale- e invece il significato è più ampio. Un filo, una
minuzia, una scelta piuttosto di un’altra, un breve atto in un frammento del
nostro tempo può cambiare il nostro destino e la direzione della nostra vita.
“A single thread” (questo il titolo
originale del nuovo romanzo di Tracy Chevalier) è ambientato nel 1932. C’è
ancora qualcosa del vecchio secolo nell’atmosfera, nei costumi sociali, nelle
idee e nei pregiudizi. La guerra ha rivoluzionato molte cose, è diventato
comune che una donna lavori- almeno finché non si sposa. Dopo, il suo posto è
nella famiglia, a prendersi cura di marito, figli e della casa. E le donne
sposate sono di serie A, quelle non sposate sono state etichettate come “donne
in esubero”, guardate con compassione, destinate- forse- a fare da badanti ai
genitori o ad essere tollerate in casa di un fratello (se sono così fortunate
da averne uno).
Violet Speedwell ha trentotto anni ed è una ‘donna in esubero’- il suo
fidanzato è morto in guerra. Anche il fratello maggiore non è tornato dalla
guerra e la madre ne porta ancora il lutto. Violet riesce a trovare un lavoro
come dattilografa a Winchester, non molto lontano da dove adesso abita nella
casa di famiglia. Sarà una vita di sacrifici, sa che avrà a mala pena i soldi
per un pasto al giorno, ma, per lei, è la liberazione da una madre lamentosa,
bisbetica, tiranneggiante, eternamente insoddisfatta e brontolona. Sarà un
soffio di indipendenza.
E a Winchester, cittadina dominata dalla cattedrale con uno splendido
interno gotico, la vita di Violet si sdoppia. Il grigiore della
stanza in affitto e della routine quotidiana di un lavoro che non può
soddisfarla si contrappone alla rivelazione di due attività, due forme d’arte minori
che la affascinano subito: il ricamo e l’arte campanaria, la vista e l’udito, i
colori e la musica, il femminile e il maschile. Perché la tela da ricamo è da
sempre tra le mani delle donne così come da sempre le grosse funi che muovono
le campane sono tirate dagli uomini. È normale che Violet venga accettata,
seppure con diffidenza perché non ha mai ricamato in vita sua, tra le
ricamatrici, mentre viene guardata con sorpresa e una punta di astio, quando il
campanaro Arthur la fa salire fino alla cella delle campane e le dà i primi
rudimenti di insegnamento in quell’arte che appare facile ma non lo è.
È questo il sottotesto de “La
ricamatrice di Winchester”- la voglia di nuovo da parte delle donne con il
desiderio di sganciarsi da vecchi comportamenti ottocenteschi appare anche
nella vita sentimentale dei personaggi. Da una parte la garrula Olive che
lascia il lavoro e si sposa in tutta fretta perché è incinta e dall’altra
Dorothy, la ricamatrice che ama fare citazioni in latino e che è licenziata per
un amore ‘che non osa dire il suo nome’. E Violet, dapprima imbarazzata dalla
relazione lesbica dell’amica Gilda, si interroga poi con onestà- non
contravviene alla morale corrente anche lei, innamorata di un uomo sposato?
Mentre, filtrate dal suono delle campane, arrivano le notizie della
minacciosa ascesa di Hitler in Germania e i ragni neri delle svastiche naziste
si trasformano- con qualche polemica e con un significato antichissimo e
religioso-filosofico- nei tetraskelion dorati ricamati sui cuscini, Violet
impara a padroneggiare l’arte del ricamo, e re Artù e i cavalieri, castelli e
ghiande, fiori e alberi si dispiegano davanti ai nostri occhi di lettrici, resi
vividi dallo stile pittorico che contrassegna- da sempre- Tracy Chevalier.
Un’arte tutta femminile che ci incanta. Un contributo tutto femminile ad un
gioiello architettonico creato dagli uomini. E il ricamo, con la sua tecnica che
richiede pazienza, punto dopo punto, colore dopo colore, sfumatura su sfumatura
per darci il ricco quadro finale in cui un solo filo può fare la differenza,
diventa la metafora della vita che ognuno si fa con le proprie mani.
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la recensione sarà pubblicata su www.stradanove.it
seguirà a breve l'intervista con la scrittrice
Io ho terminato questo libro due giorni fa e non ne ho fatto una recensione molto bella
RispondiEliminahttp://leggerevolare.blogspot.com/2021/02/la-ricamatrice-di-winchester.html
Mi ha lasciato un po' di amaro in bocca, forse perchè mi aspettavo di più da questa autrice, che ho amato per aver letto "strane creature". Elisa