vento del Nord
Björn Larsson, “La
lettera di Gertrud”
Ed. Iperborea,
trad. Katia De Marco, pagg. 457, Euro 19,50
“L’ebreo che non vuole essere ebreo”,
così, nel romanzo, titola un giornale l’articolo su Martin Brenner, il
protagonista de “La lettera di Gertrud”. Perché questo, ridotto ai minimi
termini, banalizzato come può fare la stampa, è il quesito di base nel nuovo
libro dello scrittore svedese Björn Larsson. Più specificatamente: che cosa fa di un ebreo un ebreo?
Esiste un gene ebreo? E Martin Brenner, genetista, direttore di un laboratorio
dove si effettuano analisi del DNA, è la persona più adatta per indagare in tal
senso.
Dall’inizio: è morta Maria, la madre di
Martin Brenner. Voleva essere cremata e che le sue ceneri venissero disperse
nel vento. Con commozione Martin esegue il desiderio di sua madre. Vicino a lui
sono la moglie Cristina, con cui Martin ha uno splendido rapporto, e la figlia
dodicenne Sara che Martin letteralmente adora. Quando Martin viene convocato
dal legale di sua madre, il mondo gli cade addosso. In una lettera sua madre
gli rivela di aver vissuto una vita con un’altra identità: il suo vero nome era
Gertrud, era ebrea, era sopravvissuta ad Auschwitz. E aveva deciso che mai suo
figlio sarebbe stato messo nella posizione di vivere le sue stesse esperienze.
Martin non era stato circonciso, Gertrud si era separata dal padre biologico
del figlio e aveva sposato un uomo che si era poi rivelato filonazista- e a
questo punto lei lo aveva lasciato, cancellandolo anche dalla vita di Martin.
Se fino a questo momento era stato facile per Martin mostrare la sua apertura
mentale, simpatizzando con il collega-amico Samuel che si sente emarginato in
laboratorio perché ebreo seppure non praticante e sposato con una donna di
religione protestante, e schierandosi apertamente contro qualunque forma di
antisemitismo e di razzismo, adesso Martin è roso dal tarlo- la sua identità
stessa è messa in dubbio. In che cosa lo definisce, l’avere avuto una madre
ebrea? In definitiva lui è lo stesso di prima- perché è così sconvolgente la
rivelazione di una madre ebrea piuttosto che, per dire, tedesca o italiana? E
che risvolti può avere questa novità per quello che riguarda sua moglie e sua
figlia?
Martin non dice loro nulla per il
momento. Si getta in una ricerca storica, religiosa, filosofica, genetica (la
mole dei libri consultati da Martin nella bibliografia fine libro è imponente)-
vogliamo fare il gioco dei nazisti e dire che gli ebrei si possono distinguere
per un loro gene? E tuttavia gli esami del DNA provano il contrario.
Non vi dirò che cosa succede, che è
piuttosto prevedibile, quando si viene a sapere che, anche se lui lo rifiuta,
anche se non si riconosce come tale, Martin è ebreo. Quello che però ferisce a
morte Martin è la reazione della moglie e della figlia, più che gli attacchi
antisemiti di cui è vittima e che rivelano quanto siano ancora diffusi
antisemitismo (per lo più non distinto da antisionismo) e pregiudizi. E’ una
tragedia.
La vicenda di Martin Brenner si svolge
in un luogo volutamente non precisato e, nella parte finale del libro, con uno
stacco narrativo lo scrittore si sostituisce al narratore in terza persona e
prende la parola- la storia che abbiamo appena letto è quella di un uomo che ha
chiesto allo scrittore di raccontarla per lui cambiando il suo nome. Con una
variante dell’espediente del ‘manoscritto ritrovato’, Björn Larsson
ha scritto un’appassionante indagine sul tema dell’identità e del libero
arbitrio, sui pericoli degli ‘ismi’ che sembrano rinascere virulenti in ogni
occasione, su religione e ateismo, sulla grandezza dell’amore materno, infine.
E poi, anche se è impossibile per Martin Brenner guarire delle ferite, il libro
termina con una speranza nel futuro.
Leggere a Lume di Candela è anche una pagina Facebook
La recensione sarà pubblicata su www.stradanove.it
Nessun commento:
Posta un commento