Voci da mondi diversi. Giappone
Durian Sukegawa, “Le
ricette della signora Tokue”
Ed. Einaudi, trad. L. Testaverde, pagg. 184, Euro 15,30
Ecco un altro
libro, dopo “Hotel Silence” dell’islandese Auður Ava Ólafsdóttir, che sembra una favola e che contiene un
significato nascosto.
Alla periferia di
Tokyo, in uno dei tanti piccoli locali di ristoro, un uomo di mezza età,
Sentaro, vende dorayaki, un dolce
tipico fatto con pan di spagna farcito con an,
marmellata di fagioli azuki (per inciso, squisita, sembra un poco la nostra
marmellata di castagne, cercate su internet la ricetta per farla in casa, se
seguire le direttive della signora Tokue vi sembrano troppo impegnative). I dorayaki si cuociono sulla piastra,
Sentaro passa il minimo di tempo indispensabile nella bottega Doraharu: è un
pasticcere svogliato, lo fa perché deve saldare un debito con il proprietario.
I clienti sono pochi, per lo più le ragazzine rumorose all’uscita dalla scuola.
Poi, un giorno, una signora anziana si avvicina al banco. Ha delle mani che
colpiscono l’attenzione, dita rattrappite e deformi. Propone il suo aiuto a
Sentaro- non vuole soldi, si accontenterà di poco, il suo an è eccezionale, sono cinquant’anni che lo prepara. Sentaro
nicchia- come può farcela, questa vecchia, a cucinare, con quelle mani?
Eppure…Sentaro deve ricredersi, l’an
della signora Tokue non ha niente in comune con quello industriale di cui
Sentaro si è rifornito finora. Le vendite raddoppiano, l’umore di Sentaro pure.
Anche se Sentaro vorrebbe che non si facesse vedere dai clienti, la signora
Tokue inizia a scambiare quattro parole con le ragazzine, con una soprattutto,
che ha dei problemi in famiglia. Finché la padrona del negozio interviene e
impone a Sentaro di licenziare la signora Tokue: non sa, forse, Sentaro, che
cosa abbia causato la deformità delle sue mani? Come può permettere che tocchi
degli alimenti?
La storia della
signora Tokue, che Sentaro e la ragazzina apprenderanno da lei, quando vanno a
trovarla, è scioccante. Ci rivela una sconvolgente arretratezza del super
moderno Giappone, una ristrettezza mentale che non avremmo creduto possibile,
un atteggiamento discriminatorio e penalizzante che non ha motivo di esistere
nell’epoca moderna in cui l’informazione dovrebbe servire per cancellare le
differenze. Eppure, nonostante le difficoltà della sua vita, il personaggio
della signora Tokue è luminoso come una fiaccola, rimpicciolisce i problemi di
Sentaro e della giovane studentessa, insegna loro ad affrontare di petto la
vita, a trovare gioia nelle piccole cose, a non arrendersi mai, a spostare il
proprio obiettivo, se quello che si voleva raggiungere si rivela irraggiungibile.
Finalmente Sentaro capisce la mistica della preparazione dell’an che gli era sembrata la stravaganza
di una vecchina. Quando lui non vedeva nulla tranne che dei fagioli rossi e la
signora Tokue scrutava gli stessi fagioli cercando il sole e la pioggia e il
vento che li avevano nutriti, quando diceva che ‘li’ ascoltava- era un
insegnamento più vasto quello che lei cercava di impartire. O piuttosto, non
c’era in lei alcuna consapevolezza di impartire una lezione. La signora Tokue
condivideva la sua visione di una spiritualità immanente in tutto quello che ci
circonda e che è di matrice shintoista. A lei era stata di grande conforto,
sarebbe potuto esserlo anche per Sentaro e per la ragazzina Makado. C’è una
libertà interiore nella signora Tokue che travalica le siepi di agrifoglio che
limitano il luogo dove lei abita come fosse una prigione, che la spinge ad
aprire la porticina della gabbia dell’uccellino che Makado le ha affidato, che
invita Sentaro ad imitarla, dimenticando il carcere in cui ha passato due anni.
Anche se, in
qualche modo, ricorda i libri già letti che ruotano intorno al tema del cibo-
“Come acqua per il cioccolato” di Laura Esquivèl o “Chocolat” di Jane Harris-,
il romanzo di Durian Sukegawa si differenzia per il drammatico argomento che è
il segreto della vecchia Tokue e per un’impronta prettamente giapponese che dà
risalto alla religiosità della natura (il simbolo del ciliegio che sta di
fronte a Doraharu, con i suoi fiori effimeri ne è un esempio) piuttosto che
all’amore.
Dal libro è stato
tratto un film. Ma leggete prima il libro.
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