mercoledì 24 gennaio 2018

Liliana Lazar, “Terra di uomini liberi” ed. 2011

                                              Voci da mondi diversi. Europa dell'Est
         il libro ritrovato

Liliana Lazar, “Terra di uomini liberi”
Ed. Tropea, trad. Silvia Fornasiero, pagg. 174, Euro 14,50
Titolo originale: Terre des affranchis


     “Figli miei, voi non sapete fino a che punto sia difficile la vita per la Chiesa. Con Ceauşescu, la Romania è diventata una nazione senza Dio.”
     A quelle parole, Ana sobbalzò e si segnò come per respingere la maledizione.
    “Eppure la Chiesa non è proibita” esclamò.
    “I nostri dirigenti sono malvagi. Sanno che mettere al bando la Chiesa non è la soluzione. Le persecuzioni suscitano martiri. E i martiri rafforzano la fede. Il regime cerca piuttosto di screditarci dall’interno.”

     A volte un nome contiene in sé un destino. A volte si identifica con la personalità di chi lo porta. A volte, invece, in una maniera strana, assume un significato ironico, quasi beffardo. Così Slobozia, cittadina della Romania nei pressi di grandi boschi, è un nome che deriva dal verbo ‘liberare, affrancare’. Slobozia come “Terra di uomini liberi” (il titolo del romanzo di Liliana Lazar): al lettore giudicare, a fine lettura, quanto liberi siano gli abitanti di Slobozia.
     Nel cuore della foresta di Slobozia c’è un lago. La Storia vuole che qui, nel secolo XVI, il voivoda di Moldavia abbia combattuto contro l’invasore turco. Il lago diventò la tomba dei soldati turchi, costretti ad arretrare fino alle sue sponde e poi annegati. La Leggenda vuole che di notte le ossa dei turchi risalgano in superficie, che le anime tormentate dei morti aleggino sull’acqua. Sono questi i moroï, i morti viventi da cui ci si deve guardare. Potremmo aspettarci altro in una terra che ha fatto un eroe nazionale di Vlad IV, il voivoda di Valacchia soprannominato Tepes (impalatore) per la sua crudeltà e conosciuto come Dracula, titolo che peraltro deriva dall’ordine della cavalleria del Dragone? Ma Vlad era stato un eroe, nella lotta contro i turchi, e quattrocento anni dopo il dittatore Ceauşescu si sarebbe identificato con lui sotto più di un aspetto, prima di tutto come difensore dell’indipendenza nazionale rumena nei confronti dell’Unione Sovietica.

   Questo è il primo di una serie di parallelismi e significati nascosti nell’intrigante romanzo di Liliana Lazar che mescola realismo e folklore, religione e superstizione, storia e leggenda in un genere che non è affatto il realismo magico di matrice latino americana ma che abbiamo imparato a riconoscere come caratteristicamente rumeno. La trama in superficie: Tudor Luca è un padre padrone che aveva preso a bere smodatamente dopo che un’esplosione in miniera lo aveva privato di una gamba, un uomo violento che picchiava la moglie e i figli. Era semplicemente successo: un giorno il figlio Victor lo aveva incontrato vicino al lago, si era fatto inseguire, il vecchio era scivolato sui sassi ed era caduto in acqua. Ne sarebbe uscito se Victor non lo avesse colpito ripetutamente con un bastone. Nella mente di Victor il padre era una vittima offerta in sacrificio al lago che era chiamato la Fossa dei Leoni dall’episodio biblico di Daniele che riesce a non essere divorato perché “Dio ha mandato il suo Angelo che ha chiuso la bocca dei leoni…davanti a Lui io sono innocente”. Victor crede veramente che il lago, o i moroï che lo abitano, lo protegga. Adesso è poco più che un bambino, ma seguiranno altri omicidi, altri corpi saranno offerti in sacrificio alle acque del lago, Victor non sarà mai scoperto, verrà nascosto in casa dalla madre e dalla sorella.
Vlad Tepes
     Il romanzo di Liliana Lazar non è di facile interpretazione, anzi offre molteplici punti di discussione secondo i vari punti di vista. Victor è un assassino, eppure padre Ilie lo assolve, dandogli come penitenza il compito di ricopiare a mano i testi religiosi che sono diventati proibiti sotto il regime di Ceauşescu. Victor vive come un eremita recluso in casa ma quanti colpevoli si rifugiano dentro le mura del monastero di Slobozia? Victor stesso vi chiederà asilo alla fine, dopo un ultimo delitto. Padre Ilie diventa un santo e un martire della resistenza rumena in una Chiesa che si è venduta al dittatore, che ha infiltrati persino nelle carceri. E non è detto che tutti gli assassini siano in prigione, la linea di separazione tra carcerieri e carcerati non è netta. Per non parlare poi del lavaggio di coscienze generale dopo la Rivoluzione, quando all’improvviso tutti dichiarano di essersi sempre opposti al regime.
     La storia di Victor Luca ha un sapore antico, di tragedia ineluttabile: è la storia di un uomo che vuole il Bene e commette il Male, che desidera il perdono senza mai pentirsi del tutto, che è vittima di pulsioni sessuali animalesche che proprio la sua autocondanna all’isolamento non gli ha mai insegnato a governare.
Quanto agli altri abitanti di Slobozia, così come per Victor- c’è forse libertà per loro, schiavi del regime politico, dell’ignoranza, di superstizioni, di una religione bigotta?

la recensione è stata pubblicata su www.wuz.it






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