Voci da mondi diversi. Stati Uniti d'America
il libro dimenticato
Kent Haruf, “Crepuscolo”
Ed. NN, trad. Fabio Cremonesi,
pagg. 312, Euro 18,00
C’è un vantaggio anche nell’aver lasciato
un libro sullo scaffale, in attesa del tempo di leggerlo. Quando ormai, con il
romanzo pubblicato postumo “Le nostre anime di notte”, ho detto addio a Kent
Haruf, posso godere ancora della sua scrittura e delle sue storie e aggirarmi
per Holt, la cittadina da lui inventata, prendendo tra le mani “Crepuscolo”. Un
titolo che in originale è ancora più bello, quell’Eventide che è il tempo della sera che si allunga nella luce che
muore.
Conosciamo già alcuni dei personaggi di
“Crepuscolo”- i fratelli McPheron e Victoria, la ragazza a cui hanno dato
ospitalità quando era incinta, l’insegnante Guthrie e i suoi due figli. Altri
sono nuovi, come l’undicenne DJ che vive con il nonno, Joy Rae e il fratellino
che abitano in una roulotte con due genitori che non sono capaci di fare i
genitori e sono a carico dei servizi sociali, la bambina Dena la cui madre cade
in depressione perché il marito l’ha lasciata. Ancora una volta le storie di
Kent Haruf sono fatte di niente e di tutto, raccontano di una normalità che
diventa straordinaria nel momento in cui- con la sua estrema semplicità- Haruf
scava nei sentimenti, fa parlare i suoi personaggi con parole che dicono di più
di quello che appare. E’ un mondo di sfumature, quello di Haruf, non è una
realtà in bianco e nero anche se i McPheron sono sempre i due uomini generosi
capaci di interpretare le esigenze di Victoria (partirà per l’università,
certo, lei e la sua bambina lasceranno un vuoto enorme ma è giusto che sia
così), i genitori di Joy Rae suscitano rabbia e sdegno per la loro incapacità
di difendere i figli dalle violenze dello zio (il personaggio più negativo di
tutti i libri di Haruf) e poi però la nostra compassione quando i servizi
sociali danno i bambini in affido, e la madre di Dena, che dapprima condanniamo
per l’incuria in cui lascia le figlie, si riabilita in seguito ai nostri occhi
cercando di cambiare vita.
Il quadro dell’infanzia dipinto fa Kent Haruf non è
un quadro idilliaco e felice. I genitori sono spesso assenti, o sono morti,
come quelli di DJ, o sono rifiutati dai figli (come la madre di Victoria), o
comunque non hanno la voglia o la capacità di fare i genitori. E i bambini
crescono da soli- possono essere molto responsabili, come DJ che si occupa del
nonno, o diventare delle vittime, come Joy Rae e il fratello, o prendere una
brutta strada, come la primogenita della sciagurata coppia che vive in
roulotte. Per fortuna ci sono però degli adulti che cercano di riparare a
queste mancanze, come la bravissima assistente sociale o i McPheron.
Anche in questo romanzo i fratelli McPheron
occupano il posto più importante, se non nello spazio narrativo, nelle immagini
che restano impresse nella nostra mente. Non voglio dire quello che succede-
c’è però molto dolore seguito da molto affetto e dalla scoperta tardiva
dell’amore. Avendo già letto “Le nostre anime di notte”, mi è parso che una
parte della storia di questo libro precedente fosse un anticipo dell’altra, una
consapevolezza che la vita può avere in serbo della dolcezza anche quando lo
splendore del giorno è passato, quando cala il crepuscolo con le ombre della
sera.
Un altro libro bellissimo.
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