Voci da mondi diversi. Gran Bretagna e Irlanda
guerra
FRESCO DI LETTURA
Sumia Sukkar, “Il ragazzo di Aleppo che ha
dipinto la guerra”
Ed.
Il Sirente, trad. B.Benini, pagg. 275, Euro 12,75
Era il 2012 quando la città di Aleppo,
in Siria, iniziò ad essere al centro della guerra civile fra forze governative
e ribelli. Adam, il ragazzo di Aleppo che
ha dipinto la guerra, rappresenta tutti noi che viviamo lontani e siamo
ignari delle cause che hanno scatenato la guerra, che facciamo fatica a capire.
Anche Adam non capisce: ha quattordici anni ma non si comporta e non si esprime
come un suo coetaneo. Sembra più infantile, ci dice lui stesso che sente dire
di sé che è ‘strano’ e che i compagni di scuola lo prendono in giro per questo
e lo lasciano in disparte. E’ il più giovane in una famiglia numerosa- ha tre
fratelli e una sorella. Ed è la sorella Jasmine che si prende cura di lui dopo
che la mamma è morta. Adam non vuole essere toccato, non vuole che il suo cibo
sia mescolato a quello di altri e ha una passione per i colori. Anzi, ha una
predisposizione per il disegno e la pittura, riesce ad esprimere nei suoi
quadri quello che ha dentro di sé e mai riuscirebbe a comunicare con le parole-
sono i colori che gli danno la chiave di accesso della realtà. Jasmine è rosso
rubino per lui- e il rosso è un colore di forza vitale e d’amore. Prima
dell’inizio dei bombardamenti l’atmosfera di Aleppo è arancione e azzurro di
cielo e di luce e di sole. Anche i libri hanno un colore: Aschenbach, il
protagonista di “Morte a Venezia”, è grigio (d’altra parte il grigio della
cenere è nel suo stesso nome, anche se Adam non lo sa). Poi cambierà tutto,
perché il rosso diventerà il colore del sangue, Adam arriverà a dipingere con
il sangue, e il mondo si incupirà nelle tonalità del nero e del grigio e del
viola.
Quello che Sumia Sukkar, nata e cresciuta
in Inghilterra in una famiglia siriana-algerina, descrive, è un frammento di
guerra, con scene apocalittiche viste attraverso gli occhi di un ragazzino che
forse ha la sindrome di Asperger, che si chiede che cosa stia succedendo, chi
siano i buoni e chi i cattivi e perché si fanno la guerra? non sono forse tutti
siriani? I suoi punti fermi crollano uno dopo l’altro, proprio come gli edifici
che si sbriciolano in un grigiore di polvere e macerie- prima un fratello
(l’intellettuale che scrive poesie), poi l’altro (ritornerà preceduto da una
scena raccapricciante), poi la sorella (sappiamo che cosa attenda una donna
catturata durante una guerra, e il velo in testa non è certo uno scudo. Quando
riappare, Adam non la riconosce), il padre è precipitato in una demenza precoce
causata dal dolore. Soltanto un gattino, salvato dalle rovine, può
ricompensare, in parte, Adam per quello che ha perso. La lunga marcia verso
Damasco è il cammino della speranza verso la salvezza di un riparo.
Il romanzo di Sumia Sukkar non ha la
pretesa di essere un libro di storia, pare essere un libro scritto di getto,
come se la giovane scrittrice fosse rimasta sconvolta nel vedere la distruzione
nelle immagini del paese in cui la sua famiglia ha radici. Manca di precisione
e alcune delle scene descritte appaiono improbabili (le reazioni di feriti
gravissimi in ospedale, il ritorno di un fratello in condizioni che non voglio
anticipare ma che sono in contrasto con il suo comportamento troppo naturale).
Non viene mai detto chiaramente quale sia la sindrome di Adam ed è meglio così:
se non è definita, per il lettore è più facile accettare le discrepanze tra i
suoi atteggiamenti. E tuttavia, ciò detto, è un libro che si legge facilmente e
che ci avvicina ad un paese, ad una guerra, ad un dramma che non possono
lasciarci indifferenti.
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