vento del Nord
romanzo 'romanzo'
il libro ritrovato
Jens Christian Grøndahl, “Quattro giorni di marzo”
Ed. Marsilio, trad. Maria Valeria D’Avino, pagg. 381, Euro
20,00
Nessuna di loro
parla. Ingrid cerca di vedersi da fuori, accanto a Berthe e a Ada. E’ un
quadro: tre donne davanti a un bovindo su Esplanaden. Non le sembra di vedere
tre generazioni: piuttosto tre stadi di età, di affievolimento, d’impotenza. A
paragone di sua madre e di sua nonna è ancora giovane, certo, ma ha superato il
momento in cui la vuota apertura delle possibilità è più grande e promettente.
Quattro giorni.
Solo quattro giorni di inizio primavera a Copenhagen. E’ brevissima la durata
della vicenda che inizia quando Ingrid Dreyer, quarantotto anni, affermato architetto
in uno studio famoso, viene raggiunta da una telefonata a Stoccolma, dove si
trova per lavoro. Un funzionario di polizia la informa che suo figlio, il quindicenne
Jonas, è stato fermato mentre, insieme ad alcuni amici, prendeva a calci un
ragazzo steso a terra.
Jonas, il suo Jonas prendeva a calci in testa un
ragazzo arabo? Era andato il nonno paterno a riprenderselo alla sede della
polizia, visto che non era stato possibile raggiungere lei per telefono. Ingrid cerca di prendere il primo aereo per
tornare a casa. Overbooking. Prende il treno.
E intanto la sua mente rimugina,
ricorda, incomincia a scavare nella sua vita- e non solo, ma anche nella vita
della madre e della nonna- per cercare di capire dove qualcosa sia andato
storto, quali fossero i segnali che lei non ha colto. Come si sia potuti
arrivare a questo. In questi quattro giorni, dal giovedì alla domenica, Ingrid
incontra il figlio, viene insultata da lui, va a cena a casa del fratello, passa
il fine settimana con l’amante, visita la nonna e poi la aspetta una tremenda
sorpresa. In realtà a volte è difficile per il lettore ricordare che si tratta
‘solo di quei quattro giorni’, perché Jens Christian Grøndahl rivela
un’abilità stupefacente nella costruzione temporale del romanzo. Narrare la
storia di tre generazioni di donne in ordine cronologico è facile. Ben altro è
raccontare la stessa storia passando incessantemente dal presente al passato,
da una protagonista all’altra, inserendo i tasselli mancanti ad un ampio quadro
che risulta alla fine perfetto, senza mai perdere il filo e senza mai
confondere il lettore. Presentando spezzoni di vita da angolazioni diverse-
nessun uomo è un’isola, ognuno vive un’esperienza condivisa in maniera
personale e differente dall’altro. E forse la verità, se esiste, è un insieme
di tutti i punti di vista, qualcosa di complesso e sfaccettato.
Ad esempio: qual era la vera personalità
del poeta Per Weincke, secondo marito di Ada, la nonna di Ingrid? Era uno
schizofrenico ubriacone (come Ada confessa lacrimosamente una sera) o era
l’uomo sensibile e dolcissimo che aveva fatto da padre a Berthe e da nonno a
Ingrid, pur non essendolo? Era un grande poeta o era stata Ada a completare le
sue poesie?
Sono tre donne
formidabili, Ada, Berthe e Ingrid. Ada, scrittrice dimenticata, famosa per un
libro osé in cui parla degli amanti
che ha avuto, che si vanta di un incontro con Karen Blixen, l’icona a cui si
sforza di assomigliare.
Berthe, figlia trascurata dalla madre, cresciuta in
collegio, che pianta il marito fedifrago e la figlia per cercare se stessa a
Roma (diventa giornalista letteraria). Ingrid, infine, che- contro quello che
vuole- ricalca le orme di madre e nonna, lasciando un marito distrutto e un
bambino che non sa capacitarsi del crollo del suo mondo, per diventare
l’amante-ombra di un uomo molto più vecchio di lei.
Karen Blixen |
Si può tramandare un destino? Esiste
un’imitazione inconscia di comportamenti? L’essersi sentita poco amata dalla
propria madre non dovrebbe portare ad uno sforzo opposto- a colmare d’amore i
figli? E’ legittimo perseguire la felicità, sia essa rappresentata da un nuovo
amore o da ambizioni di carriera, a prezzo della sofferenza di chi ci sta
vicino? E ne vale la pena, alla fine dei conti?
Sono tutti quesiti
che arrovellano Ingrid, dopo quanto è accaduto al figlio. Non sono
mai posti apertamente
nel romanzo (molto bello) di Grøndahl, ma, proprio per questo, ci tormentano
nella ricerca di una risposta.
la recensione è stata pubblicata su www.wuz.it
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