Voci da mondi diversi. Francia
cento sfumature di giallo
FRESCO DI LETTURA
Ian Manook,
“Yeruldelgger”
Ed.
Fazi, trad. Maurizio Ferrara, pagg 522, Euro 16,50
Ulan Bator. Mongolia. Gengis Khan. Il deserto dei Gobi. Le
Flaming Cliffs con gli scheletri dei dinosauri. Steppe sconfinate. Yurte- le
tipiche abitazioni di un popolo nomade costruite con materiale adatto per
proteggere dai 40° sopra lo zero estivi e i -40° invernali. E’ tutto questo che
ci viene in mente mentre ci accingiamo a leggere il noir “Yeruldelgger” dello scrittore e giornalista francese Ian Manook
(pseudonimo di Patrick Manoukian). Le nostre aspettative sono alte, perché
l’ambientazione è insolita, perché proprio ci mancava, un ispettore mongolo. Non
saremo delusi.
Cinque
morti subito, all’inizio. Tre cinesi e due prostitute- i corpi non vengono
ritrovati nello stesso posto, ma che gli omicidi siano collegati è
inequivocabile- diciamo che alcune parti del corpo dei cinesi vengono ritrovate
nella bocca delle donne. Il fatto che gli uomini fossero cinesi complica le
cose- breve flash sulla storia: fino alla disgregazione dell’Unione Sovietica,
la Mongolia ne faceva parte, poi è sopraggiunta l’indipendenza, ma la Cina e la Corea hanno mire sul
paese- ambiscono ai minerali preziosi della zona delle Flaming Cliffs.
Siamo solo all’inizio del romanzo, ricchissimo
di personaggi, di vicende, di squarci di
vita cittadina e di un’altra vita ‘antica’ sulle steppe, di scene violente,
di inseguimenti e di fughe, di feriti e di morti ammazzati (anche in modo
selvaggio e inusuale).
Dal romanzo di Manook balza fuori l’immagine di un paese
che non ha ancora raggiunto la metà della strada verso un vivere civile, o uno
stato di diritto. La corruzione è a
livelli altissimi (anche nelle forze di polizia, purtroppo), la giustizia non
viene somministrata dall’alto e allora ci
si fa giustizia- o meglio, vendetta- da sé, un popolo di disperati vive nelle fogne tra ratti e scarafaggi
mentre c’è chi si diverte in gare nella steppa a cavallo di quad, versione moderna di mostri mitologici, la vodka
scorre a fiumi annebbiando le menti e riducendo gli uomini a bruti, capaci di
violentare vecchie e bambine e ragazze (e non importa se ne muoiono).
C’è molta violenza nel romanzo di Ian
Manook. Anche Yeruldelgger è violento. Non può non esserlo. D’altra parte- come
osserva un personaggio- i mongoli sono conosciuti per essere violenti. Tutti
hanno sentito parlare dell’efferatezza di Gengis Khan. E tuttavia il nero non è l’unico colore di “Yeruldelgger”.
C’è il rosa di una storia d’amore,
ci sono il rosso infuocato delle
Flaming Cliffs e l’ocra della
steppa. L’odio, l’avidità e la seta di vendetta non sono gli unici sentimenti-
c’è l’affetto struggente di un padre, la
pietà, il rispetto per le antiche radici. Non c’è solo Yeruldelgger come
unico personaggio memorabile- tra i molti altri spicca il suo doppio in
piccolo, Gantulga, lo scugnizzo
delle fogne, audace, generoso, furbo e intelligente, con l’occhio lesto e
riflessi pronti di chi è cresciuto in strada.
E poi, per i gourmet, ci sono i piatti
della cucina mongola. Dimenticate quelli che la brava Adelina cuoce per
Montalbano e preparatevi a gustare le marmotte sventrate e cotte con sassi bollenti
cuciti dentro la pancia: è il famoso bodoog, una vera leccornia. Flaming Cliffs |
interno di una yurta |
Il thriller da leggere questa estate.
la recensione sarà pubblicata su www.stradanove.net
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