Elizabeth von Arnim, “Una principessa in fuga”
Ed. Bollati Boringhieri, trad.
Simona Garavelli, pagg. 253, Euro 16,50
Quando uno scrittore è prolifico, ogni
volta che viene pubblicato un suo nuovo libro ci viene sovente da sbuffare,
pensando, ‘oh, no, un altro!’. Quando la casa editrice Bollati Boringhieri dà
alle stampe un nuovo/vecchio romanzo di Elizabeth von Arnim (e ce ne sono già
una ventina in catalogo di questa scrittrice nata nel 1866 e morta nel 1941),
invece, proviamo subito un’anticipazione di gioia della lettura. E’ vero che i
suoi personaggi femminili si assomigliano tutti un poco, quasi fossero una grande
famiglia di sorelle maggiori e minori (e forse assomigliano alla scrittrice
stessa), ma non ci stancano mai, sanno rinnovarsi con una grazia incantevole. Si
chiamino Rose-Marie, Anna Rose, Anna Felicitas o Priscilla (in questo “Una
principessa in fuga”), le sue protagoniste sono giovani donne in anticipo sul
loro tempo, insofferenti del ruolo che la convenzione ha cucito loro addosso,
refrattarie ad adagiarsi nel modello stabilito di moglie e madre che la società
richiede. Sono anticonformiste, dolcemente ribelli, vogliono pensare con la
loro testa. Ma sono anche ingenue e totalmente sprovviste di quel minimo di
malizia che le renderebbe più agguerrite nei confronti degli altri. Perché ci
sono loro, le giovani donne di cui
anche il lettore si innamora, e ci sono gli
altri, che dapprima sono sconcertati
dal loro atteggiamento di una generosità utopistica e poi le sfruttano a
proprio vantaggio.
Priscilla è una principessa ventiduenne,
figlia del granduca di Lothen-Kunitz, un piccolo regno non precisato nell’area
tedesca. E’ l’unica a non essere ancora sposata, delle tre sorelle. Eppure è la
più bella, “d’avorio e ambra”, con la carnagione chiarissima e capelli di rame.
Ma è lei che rifiuta tutti i partiti. Quando si presenta l’ennesimo pretendente
(molto gradito al padre), Priscilla non si dà neppure la briga di conoscerlo.
Aiutata dall’anziano bibliotecario del palazzo- lei lo chiama affettuosamente
Fritzi perché è anche un sostituto della figura paterna nonché un precettore-,
insieme a lui e ad una cameriera, Priscilla fugge. La meta è un idilliaco
paesino nella campagna inglese dove Fritzi acquista, in denaro contante, un
cottage su cui si è impuntata Priscilla nella ricerca di una casa.
I romanzi di Elizabeth von Arnim non sono romanzi ‘rosa’. Sprizzano
umorismo e ironia che spesso deriva dalla mancanza di consapevolezza dei
personaggi. Priscilla è stanca della vita privilegiata che ha condotto finora,
vuole vivere in maniera semplice come la gente comune. Il fatto è che non ha
neppure idea di come viva la gente
comune. Fa pensare alla famosa frase della regina Maria Antonietta davanti al
popolo inferocito, “non c’è pane? Dategli delle brioches!”. Così, nello
sbalordimento generale, Priscilla distribuisce soldi a destra e a manca,
organizza merende e giochi domenicali per i bambini (nella puritana Inghilterra
in cui di domenica la vita si ferma!), per evitare litigi assume ventiquattro
cuoche a rotazione (e una di queste è fin troppo felice di scappare con un
biglietto da cinque sterline senza riportarle il resto), fa innamorare di sé
ben due giovanotti. Priscilla e il vecchio Fritzi non hanno mai maneggiato
denaro, non hanno la minima idea di come gestire la routine di una casa, gli è
sempre stato servito il pranzo in tavola e non sono mai stati sfiorati dal
pensiero che, prima di mettersi ai fornelli, bisogna andare ad acquistare
qualcosa da mettere in pentola. Il risultato non può che essere buffamente
catastrofico, per la protagonista e per tutti coloro che sono venuti a contatto
con lei.
E’ la felice ironia che nasce dal contrasto
tra le grandi utopie e la cruda realtà delle esigenze quotidiane che rende così
piacevolmente divertente la lettura di “Una principessa in fuga”. Insieme al
velo di tristezza che cala inevitabilmente quando ci si rende conto che
l’essere umano è fatto di argilla e non ha le ali.
la recensione è stata pubblicata su www.stradanove.net
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