Casa Nostra. Qui Italia
il libro ritrovato
Simone Sarasso, “Settanta”
Ed. Marsilio, pagg. 679, Euro
21,50
Questa è la storia di Andrea Sterling,
agente dei Servizi Segreti, ex internato in un manicomio.
Questa è la storia di Franco
Gelo, l’uomo pronto ad uccidere.
Questa è la storia dell’Omino
dalle lenti spesse, la gobba nella schiena e il crocifisso in tasca, che siede
in Parlamento e tira le fila degli avvenimenti.
Questa è la storia di Francesco
Argento, il Presidente del Consiglio che aveva reso possibile la svolta a
sinistra e fu ritrovato, morto, nel bagagliaio di un auto.
E’ la storia di Livia, brigatista
pentita.
E’ la storia di Molotov,
infiltrato dei Servizi nelle Brigate Rosse.
E’ la storia dello Svedese,
segretario di Stato americano, Nobel per la pace 1973, che diede ordini spietati
per concludere la guerra del Vietnam.
E’ la storia di Domenico
Incatenato, operaio calabrese venuto al Nord che riuscì a laurearsi in legge e
a diventare magistrato.
E’ la storia di Nando Gatti che
diventa attore per un colpo di fortuna, finché crede di essere il Commissario
anche nella vita vera oltre che sulla scena.
E’ la storia di Ettore Brivido,
il ladro gentiluomo.
Questa è la NOSTRA
storia, la storia d’Italia negli anni ‘70, che incomincia là dove finiva il
precedente romanzo di Simone Sarasso, “Confine di Stato”.
Incomincia nel dicembre del 1970, con un
colpo di stato abortito; termina nell’agosto del 1980, con la bomba alla
stazione di Bologna. In mezzo c’è quel decennio tremendo, nella realtà del
momento e nel ricordo di chi lo ha vissuto, in cui si aveva paura di accendere
la radio al mattino e sentire qualche nuova brutta notizia: gli anni ‘70 sono
stati l’epoca dei sequestri di persona, dei furti colossali, delle bombe
piazzate per danneggiare dirigenti di impresa, per intimidire e forzare
decisioni politiche, per sterzare l’opinione pubblica verso destra, a tutela
dell’ordine e del benessere. Gli anni delle Brigate Rosse e quelli di Eversione
Nera. Di casi insabbiati e di magistrati (come Domenico Incatenato nel romanzo)
sollevati dall’incarico quando si avvicinavano troppo alla verità. Di altre
stragi a proseguimento di quella di piazza Fontana- la Loggia di Brescia,
l’Italicus. Della strana morte dell’editore Feltrinelli, in cima a quel palo
dell’elettricità, del rapimento di Moro e delle trattative inconcludenti che ne
seguirono- pensiamoci bene: chi derivava il maggior vantaggio dalla scomparsa
di Moro?
Simone Sarasso si è trovato con un’enorme
abbondanza di materiale tra le mani e ne ha tratto- nuovamente- un gran bel
romanzo. Romanzo per così dire corale, perché sono tanti i personaggi che
appaiono sulla scena a recitare nel dramma dell’Italia Anni ‘70. Personaggi che
richiamano alla mente persone vere che hanno o avevano altri nomi e personaggi
fittizi. Nella postfazione l’autore si premura di mettere in chiaro che
“Settanta” è un romanzo e non un libro di storia (per fortuna, diremmo noi,
perché è raro che un libro di storia si divori con la passione con cui si
leggono d’un fiato le settecento pagine del libro di Sarasso), e che nessuno
dei personaggi è reale: “Ettore Brivido non è Renato Vallanzasca, Francesco
Argento non è Aldo Moro, Nando Gatti non è Maurizio Merli, l’Omino non è Giulio
Andreotti e lo Svedese non è Henry Kissinger”. Ottima mossa, questa di Sarasso.
Perché ora siamo invece convinti, senza ombra di dubbio, che Ettore Brivido è Vallanzasca (non importa la differenza
dei dettagli, quisquilie), Francesco Argento è Aldo Moro e via di seguito.
E, come già era avvenuto per “Confine
di Stato”, è come se un velo ci fosse stato tolto da davanti agli occhi. Come
se, a trent’anni di distanza, si riuscisse finalmente a ricomporre il disegno
di un mosaico le cui tessere erano troppo piccole per essere viste da vicino. Succede
anche a noi quello che capita al magistrato ingenuo Domenico Incatenato:
proviamo sgomento e arretriamo davanti all’immagine di uno Stato che combatte
se stesso. Ci domandiamo anche noi: “può
lo Stato fagocitare se stesso? Può il capo dei Servizi, l’estrema difesa dello
Stato, agire ai danni dello Stato stesso?”. Vorremmo poter rispondere-
impossibile. E invece sì, è possibile, possibilissimo, inutile cercare di
liquidare come pura invenzione quello che il libro di Sarasso porta alla luce,
pur nella finzione letteraria. Perché se l’Italia del 2009 è quella che è,
ancora “un posto di furbi, ladri e
coltelli”, è tale perché a questo l’hanno portata gli anni ‘70 e le manovre
astute e occulte che hanno manipolato i fatti. E se è vero che il presente si
spiega con il passato, è anche vero che il contrario, che il passato è una
profezia del presente.
Renato Vallanzasca |
Per finire, qualcosa sullo stile di
Sarasso, sempre fedele a se stesso- spezzato, brusco, veloce, che impiega
articoli di giornale, pensieri in corsivo, versi di canzone. Perfetto per
rendere agile la lettura. Per ricostruire un tempo che correva.
Di “Confine di Stato” avevamo detto che era un libro importante, da
leggere. Diciamo la stessa cosa per “Settanta”: è un libro importante, da leggere.
la recensione è stata pubblicata su www.stradanove.net
Simone Sarasso sarà presente al Festival della Letteratura di Mantova 2014
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