Voci da mondi diversi. Medio Oriente
il libro ritrovato
Meir Shalev, “E’ andata così”
Ed. Feltrinelli, trad. Elena
Loewenthal, pagg. 230, Euro 16,00
Titolo originale: Ha-davar Hayah Kakhah
Era difficile ed esigente con se
stessa e con gli altri, era gelosa, cocciuta e incapace di perdonare, ma ha
sempre lavorato, sobbarcandosi il giogo delle fatiche dall’alba sino a notte:
mietitura e raccolto, stagione dei cetrioli e olive in salamoia, marmellate
sotto il melograno nell’aia.
Dopo averci incantato nei romanzi precedenti con la sua straordinaria
capacità affabulatoria, dopo aver intessuto trame che ci facevano pensare ad un
albero con un grosso tronco- la storia principale- da cui si dipartiva
un’infinità di rami- la miriade di storie secondarie-, in “E’ andata così” lo
scrittore israeliano Meir Shalev ci racconta la storia di un aspirapolvere.
Scusate. Ci racconta la storia della nonna materna, nonna Tonia, e del suo aspirapolvere arrivato
dall’America. Il numero delle divagazioni è minore che negli altri libri ma il
metodo- di proseguire attraverso aneddoti e buffe vicende familiari- è pur
sempre lo stesso, perché poi è impossibile parlare di una nonna senza parlare
anche di un nonno, di figli e nipoti e conoscenti.
Il primo flash su nonna Tonia lo troviamo
quasi subito, dopo che lo scrittore ci ha raccontato di come sia stato
costretto ad andare ad un incontro importante con le unghie dei piedi laccate
di rosso: le sue nipotine si erano rifiutate di togliergli lo smalto e la
reazione di chi aveva osservato quelle unghie fiammeggianti nei sandali era stata:
“Che cosa pretendete da lui? Ha preso da Tonia. Era matta come lui. Sono fatti
così, in quella famiglia.”
Nonna Tonia era diversa, strana,
imprevedibile, un “tipo”, non facile da trattare, caparbia, non sempre
simpatica. Eppure, come dirà la figlia durante la cerimonia funebre, era la
fonte di energia per tutta la famiglia, era “il distillato di tutti noi, nel
bene e nel male: un’essenza mai diluita nell’acqua della resa e del
compromesso.” Per tratteggiare il carattere della nonna, Meir Shalev gioca su
due elementi della sua personalità: il linguaggio e la sua mania della pulizia.
Nonna Tonia usava delle espressioni
fiorite di una tale efficacia che si imprimevano nella mente dei famigliari,
fino a diventar parte di un linguaggio comune a figli, generi, nuore e nipoti,
un vero e proprio lessico famigliare che è l’uso di parole e modi di dire in
cui ci si riconosce come appartenenti ad un gruppo. “E’ andata così” era
l’inizio di un racconto, alternato con “quando ero ragazza”, “graffisgnare” era
fare dei graffi su una parete, “come sei zù” era il benvenuto al nipotino in
visita da Gerusalemme, seguito immediatamente da qualche leccornia per tirarlo
su, il “zaciglio” era il letto, “non mi erediterete da viva” alludeva al fatto
che si doveva aspettare prima di impossessarsi di qualunque cosa appartenesse a
lei. A proposito del “zaciglio”: era una nonna di larghe vedute, nonna Tonia.
Il giovane Meir poteva essere sicuro che la nonna avrebbe preparato un
“zaciglio” per lui e la sua ragazza di turno, quando lui andava in visita.
Senza fare domande, solo una raccomandazione che ci dice tanto su di lei: che Meir
portasse ogni volta una ragazza diversa, perché le ragazze vanno cambiate “come
le calze”.
Quella della pulizia era per nonna Tonia un’ossessione.
Per darne un’idea si può riassumere dicendo che, in pratica, non si poteva
entrare in casa, per non sporcare. Men che mai si poteva andare in bagno, luogo
dove, notoriamente, si va per pulirsi. Quindi si è sporchi, quindi la sporcizia
resterebbe in bagno e allora la porta resta chiusa. E veniamo
all’aspirapolvere: dietro questo splendido regalo che viene dall’America c’è
tutta una storia, con parecchie varianti che vi lascio il piacere di leggere.
Vi dirò solo la fine dell’aspirapolvere che, se vi siete fatti un’idea di nonna
Tonia, potete immaginare. L’aspirapolvere verrà chiuso nel bagno. Perché- ci
mette un po’ la nonna a rendersene conto- la sporcizia resta dentro l’aspirapolvere. Allora bisogna
pulirlo. Allora è un doppio lavoro.
“E’ andata così” è un bellissimo omaggio
alla memoria di una nonna che vive ancora in queste pagine. E, al pari di lei,
vivono pure il nonno e lo zio traditore che è emigrato in America, la madre
dello scrittore e gli altri figli della nonna. Perché, ogni espressione linguistica
della nonna è accompagnata da ricordi ed è come se ogni pagina fosse illustrata
da una vignetta. Senza dimenticare che dalla nonna e dai suoi figli Meir Shalev
ha ricevuto un’importante lezione di letteratura, che spiega il suo stile
arioso e fantastico: i fatti reali sono un trampolino di lancio per raccontare
una storia. E quando ci sono parecchie varianti della stessa storia, non si
sceglie di raccontare quella più vera, ma quella più bella.
la recensione è stata pubblicata su www.wuz.it
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