Voci da mondi diversi. Europa dell'Est
il libro ritrovato
INTERVISTA A MILANA TERLOEVA, autrice di "Ho danzato sulle rovine"
Ha un’aria molto giovane Milana
Terloeva, eppure c’è nel suo sguardo una maturità superiore ai suoi 27 anni,
una consapevolezza che le viene dall’aver vissuto delle esperienze ignote alle
sue coetanee dell’Europa occidentale. Quando le rivolgiamo una domanda, i suoi
occhi si incupiscono un poco e indugia un attimo prima di rispondere in un
ottimo francese. L’abbiamo intervistata per parlare con lei del suo libro,
della Cecenia, del terrorismo.
La prima domanda è una curiosità sulla lingua che ha usato per scrivere
il libro: mi ha un poco stupita che abbia scritto in francese, perché non sono
molti anni che vive in Francia. Come mai il francese e non il russo?
Non ho niente contro il russo, è una lingua che amo, è bella. Mi è
venuto spontaneo scrivere in francese, lo avevo già studiato all’università
prima di andare in Francia, anche se non lo sapevo bene- anzi, appena arrivata
non ero proprio in grado di parlarlo. Ma l’ho studiato, e poi ho incominciato a
scrivere il romanzo quando ero in Francia- dapprima ho pensato di scrivere in
russo, poi mi è venuta voglia di provare ad esprimermi in francese e vedere se
ci riuscivo. Ha funzionato: l’ho scritto in francese.
Significa anche che il suo cuore inizia ad allontanarsi dalla Cecenia?
Pensa di ritornare quando avrà terminato gli studi?
Ho già finito di
studiare e sono ritornata a vivere in Cecenia. Non avrei mai pensato di partire
e poi, quando è successo, sapevo che sarei di certo tornata per vivere e
lavorare lì. Vivo a Grozny e lavoro per un’organizzazione che si chiama
Mémorial e difende i diritti dell’uomo.
Come si vive oggi in Cecenia?
Oggi molte cose sono
cambiate in Cecenia. L’organizzazione per cui lavoro è russa e ha uffici in
tutti i paesi dell’ex Unione Sovietica, anche nel Caucaso. E’ la sola
organizzazione che riesca a resistere al potere instaurato. Ci sono molte cose
positive in Cecenia oggi: si vede ovunque la ricostruzione, nuove scuole,
teatri, università. D’altra parte però il popolo ceceno è stanco, si ricorda
come è stato instaurato il potere attuale, sa che cosa nasconde questa
normalizzazione. La gente è stanca di tutto quello che è successo.
Mi ha
colpito che, all’inizio della guerra, persino nei momenti peggiori, la gente
non aveva mai smesso di dire quello che pensava, anche in pubblico, anche su un
autobus. Ora nessuno parla più. Tutti hanno paura. E’ un regime autoritario; la
stampa e la televisione non hanno bisogno di applicare la censura, perché la
censura è già alla fonte. Tutti sanno che ci sono argomenti che non si possono
toccare, che non si può criticare il potere instaurato da Putin. La gente non
ne può più di vedere morire i figli, preferisce pensare al futuro, preferisce
che i figli studino. E’ tutto molto complesso. E comunque nessuna critica al
potere, neppure la minima, è tollerata. Prima, quando c’era l’esercito russo,
la popolazione veniva colpita indiscretamente, c’erano le retate, ora è sempre
colpita, ma in maniera mirata. Sanno che se si tace, si può sfuggire ai
rastrellamenti. Ci sono ugualmente dei tafferugli quasi quotidiani con qualche
morto, ma abbiamo a che fare con un regime autoritario e le uniche
manifestazioni pubbliche sono quelle degli universitari.
Nel suo libro dice che a scuola non vi avevano parlato del genocidio
degli ebrei sotto il nazismo: quale altri importanti eventi storici ha
scoperto, venendo in Francia, di cui non vi era stato detto nulla?
Ho scoperto tante cose in Francia, perché
avevo un maggiore accesso all’informazione. Ho letto molto, ho imparato
parecchio anche sulla storia dell’Unione Sovietica oltre che su quella
dell’Europa, su quanto accade in Africa. Ho visto l’altra faccia delle cose.
La religione in Cecenia è quella musulmana: quanto pesa la religione
nella volontà di indipendenza del paese?
All’inizio la guerra era una lotta per
l’indipendenza, poi qualcosa è cambiato. Nella seconda guerra Putin ha
assassinato i capi moderati, l’esercito russo ha eliminato i capi della
resistenza, incluso Maschadov, il capo della Cecenia. Questo ha fatto sì che ci
fosse un cambiamento importante nella Resistenza, che è diventata quella che
conosciamo. Già verso la fine dell’Unione Sovietica la religione poteva essere
praticata: per i ceceni la religione non aveva niente a che fare con l’estremismo,
era di impronta sufi. Ma i ceceni si sono trovati soli di fronte a una violenza
inaudita con nessuno che li aiutasse a salvare i loto figli e non rimaneva che
Dio a cui rivolgersi.
Era permesso frequentare le scuole coraniche quando la Cecenia faceva parte
dell’URSS?
Non c’erano proprio le
scuole coraniche, la gente pregava tra le mura di casa. Le madrase sono state
aperte dopo la caduta dell’URSS
Islam e terrorismo, ricordiamo tutti l’attentato nella scuola di Beslan
nel 2004 ad opera di estremisti ceceni. Un caso isolato?
Sì, è stato un caso isolato, anche se abbiamo
conosciuto anche il caso dell’attentato al teatro Nord Ost. Sappiamo che a
Beslan non c’erano solo ceceni e il popolo ceceno ha espresso il suo giudizio
su quel fatto, anche il capo della resistenza lo ha condannato e ha chiesto di
andare nella scuola per avviare le trattative, ma i russi glielo hanno
impedito. Era ben chiaro che non si trattava della guerra russa contro il
terrorismo, ma contro il popolo ceceno. Le donne cecene si sono offerte di
prendere il posto dei bambini tenuti in ostaggio. Quando ho saputo di quello
che succedeva, ho pensato, ‘ecco, se i ceceni fanno queste cose, Putin ha
vinto, è riuscito a farci comportare come si comportano loro’. Dopo, quando le
donne cecene si sono offerte per uno scambio, mi sono sentita sollevata: Putin
non potrà mai far dei ceceni dei selvaggi come lo sono i soldati dell’esercito
russo.
l'intervista è stata pubblicata su www.stradanove.net
Nessun commento:
Posta un commento