il libro ritrovato
Irène Némirovsky, “David Golder”
Ed. Adelphi, trad. Margherita
Belardetti, pagg. 180, Euro 16,00
Già nel delizioso romanzo breve “Il ballo”
avevamo incontrato un personaggio simile al David Golder di questo romanzo di
Irène Némirovsky, dato alle stampe per la prima volta nel 1929 e appena
ripubblicato adesso da Adelphi. Un neo-ricco, un uomo che si è fatto da sé. E
dietro di lui una famiglia vampiresca, assetata di soldi, smaniosa di vivere in
un mondo luccicante, in mezzo a gente che spesso ha uno splendido nome ma è
senza soldi e vive alle spalle degli allocchi che si beano nella loro luce
riflessa.
“David Golder” è, tuttavia, un romanzo più articolato de “Il ballo”, e
l’attenzione è focalizzata sul protagonista stesso, piuttosto che sulla moglie
o sulla figlia. La trama è lineare, la storia è quella di una morte annunciata,
perché David Golder ha un primo infarto all’inizio del libro. Resta a vedere
chi la spunterà nella duplice lotta dell’anziano leone, contro il mondo degli
affari dove la sua fortuna è altalenante e molto spesso vicina all’abisso, e
contro la sua famiglia. David Golder (un nome che tintinna di denaro) ha una
moglie, Gloria (ma quando era una povera ragazza ebrea si chiamava Havké), e
una figlia diciottenne, Joyce, che lui chiama “Joy”, la gioia della sua vita.
Finché la moglie gli dice- e Golder va indietro al passato e le crede
immediatamente- che la sua Joy è figlia di un altro.
Sono gli splendidi anni ‘20, in America c’è
il proibizionismo ma in Francia l’alcol scorre, la villa a Biarritz dei Golder
è piena di gente, Gloria e Joy sfoggiano abiti di seta, gioielli, Joy vuole una
Bugatti, vuole sposare un nipote dello zar: lei ci metterà i soldi, lui il suo
titolo oltre alla sua scostumatezza, ma è giovane e bello. E il medico non può
dire che David Golder deve smettere di lavorare se ci tiene alla sua vita, i
soldi comprano anche un verdetto diverso dal dottore.
Il quadro che Irène Némirovsky ci dipinge è accurato, con i riflettori
sulle donne false e vacue, l’una maturamente cattiva, l’altra giovanilmente
egoista e civetta, mentre David Golder è un personaggio tanto più affascinante
nella sua cupezza, che la scrittrice scandaglia in ogni sua piega. E’ la
parabola dell’ebreo errante che è circondato da amici finché ha qualcosa da
dare e poi si ritrova solo, dell’uomo di cui la moglie spietatamente osserva-
accentuandola come in una caricatura grottesca- la fisionomia da usuraio ebreo
e che però è capace di ultimi grandi attimi di generosità con quel viaggio che
si carica di simboli, riportandolo nei luoghi dove è iniziata la sua vita. E
dove terminerà, su un mare che è come i flutti dell’Acheronte, accanto ad un
giovane che sta per iniziare una ripetizione della sua avventura e che sogna la
ricchezza e l’America. “Alla fine si crepa,” lo avverte Golder, “soli come
cani, così come si è vissuti…”
Non sono grande letteratura, i romanzi
della Némirovsky. Hanno le caratteristiche dei feuilleton, ma sono dei
bellissimi feuilleton.
la scrittrice Irène Némirovsky
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