Voci da mondi diversi. Cina
testimonianze
Tania Branigan, “Memoria rossa”
Ed. Iperborea, trad. Silvia Rota Sperti, pagg.275, Euro
19.50
Ricordare e
dimenticare- sono due ammonimenti che appaiono in un
esergo di “Memoria rossa” di Tania Branigan, giornalista del “Guardian”, un
libro ‘bello e illuminante’ secondo la definizione di Margaret Atwood. Ed è
veramente ‘bello’ perché ben scritto, in maniera appassionante in un’alternanza
di osservazioni personali della scrittrice stessa che ha vissuto sette anni in
Cina, testimonianze a viva voce di chi, in un modo o nell’altro, ha preso parte
alla Rivoluzione Culturale, ricostruzione storica di quegli anni, ‘illuminante’
per l’apporto che dà alla nostra conoscenza degli avvenimenti di quell’epoca.
Un inizio visivo- Tania Branigan ci porta
alla mostra di un centinaio di dipinti dell’artista Xu Weixin. Ogni volto di
quei grandi quadri apparteneva a qualcuno che aveva avuto parte alla follia
collettiva che era stata la Rivoluzione culturale, come vittima o come
carnefice, spesso entrambe le cose. E la prima storia che ascoltiamo è quella
di una giovane donna che non ha mai conosciuto suo padre, un ‘giovane istruito’
di 27 anni che era stato sequestrato dalle Guardie Rosse per un commento che
aveva fatto, era riuscito a fuggire e si era buttato sotto un treno. Sua madre,
la nonna della donna che racconta, si era uccisa trent’anni dopo. È una storia
emblematica, per la colpa irrisoria di cui il giovane si era macchiato, per la
disperazione che gli aveva fatto preferire togliersi la vita, per le ripercussioni
lontane nel tempo di questa tragedia familiare.
Xu Weixin
È impossibile capire la Cina di oggi (questa la tesi del libro) senza capire la Rivoluzione Culturale, senza approfondire ciò che accadde in quei dieci anni, a partire dal 1966, di odio e di violenza che spazzarono via la cultura, uccidendo leader e intellettuali. Se lo scopo iniziale era stato realizzare la perfetta società comunista, si erano poi sovrapposti rancori e ambizioni personali. Per certi versi quanto accadde in Cina può assomigliare ai genocidi del secolo XX o alle purghe staliniane, MA c’era un enorme differenza- prima di tutto l’entusiastica partecipazione di massa e poi si uccidevano amici e famigliari. Le ‘truppe d’assalto’ di Mao erano costituite dai giovani, spesso giovanissimi, cinesi. Il fanatismo delle Guardie Rosse è una caratteristica giovanile- chi è stato intervistato da Tania Branigan ha detto che era ‘divertente’ impazzare per le strade di Pechino attaccando la vecchia cultura secondo gli ordini di Mao, distruggendo templi, libri, abiti tradizionali. C’era un’esaltazione di libertà, senza scuola, senza regole. Lo dice Yu, la ragazzina che appare in un dipinto. Aveva tredici anni, lei, come gli altri studenti, erano innocenti arruolati in una guerra che non potevano capire.
Soffermiamoci su questo dettaglio- fino ad ora le uccisioni erano state fatte da eserciti, da criminali, durante la Rivoluzione Culturale erano le Guardie Rosse ad uccidere (alcuni racconti, come l’uccisione della professoressa Bian, picchiata a morte dalle sue alunne, sono raccapriccianti), erano adolescenti, studenti. Questa sarebbe diventata ‘la Generazione Perduta’, e leggiamo i racconti (ricordi tormentati) di quelli che, quando Mao riprese in mano la situazione, furono mandati nelle campagne per essere ‘rieducati’ dai contadini che avrebbero insegnato loro a vivere di niente- e parliamo di milioni di ragazzini che spesso si allontanavano per la prima volta da casa, molti di loro morirono di polmonite, di malaria, di stenti.
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| Xi Jinping |
Anche Xi Jinping fu uno dei Giovani Istruiti che visse per sette anni in una casa-grotta nel nord-ovest della Cina, prima di poter tornare a Pechino nel 1975, quando le università furono riaperte.
Eppure, eppure, nonostante tutto, forse
proprio perché non c’è stata una rielaborazione della Storia, forse perché
tutti hanno ritenuto meglio tacere, la scrittrice nota una strisciante
nostalgia, un ritorno di alcuni modelli. Sul lato scherzoso osserva con stupore
l’attrattiva che hanno gli imitatori di Mao o di Lin Biao, chiamati a
presenziare feste o raduni, su quello più serio vede come Xi Jinping abbia
imposto un livello di controllo straordinario, limitando le libertà che erano
state conquistate- le conversazioni tra amici sono sorvegliate, così come le
chat sui social, la gente è incoraggiata a spiare i vicini, dai manuali di
storia è scomparso l’avvertimento di Deng Xiaopin contro il governo di un solo
uomo. Il tutto è molto allarmante.
Lin Biao
Per concludere questo esame della Cina di
ieri che non può non riflettersi in quella di oggi, c’è un certo sconforto da
parte di Tania Branigan nel constatare quanto da più parti le è stato detto- la
minaccia più grande per la società è il declino morale, la perdita di senso
della giustizia: quella di oggi è una società eticamente vuota.
Da leggere.




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