Voci da mondi diversi. Gran Bretagna e Irlanda
spy story
Graham Greene, “Missione confidenziale”
Ed.
Sellerio, trad. A. Bottini, pagg. 376, Euro 16,00
Graham Greene chiamava “entertainments” i
suoi romanzi del tipo di “Missione confidenziale” (The Confidential Agent il
titolo originale) o “Il treno per Istanbul”. Erano i romanzi che scriveva per
attenuare la tensione della scrittura di un altro genere di libri, quelli più
tormentati per una problematica etica o politica. Così, come disse lui stesso,
scrisse “Missione confidenziale” alternandolo alla stesura de “Il potere e la
gloria”, uno dei suoi romanzi più belli e più profondi.
C’è soltanto un’iniziale ad indicare i nomi del protagonista e del suo antagonista: D. è un agente segreto in missione ‘confidenziale’ in Inghilterra e L. è la sua controparte, l’agente segreto incaricato della stessa missione ma per conto dei nemici del partito di D. Si trovano entrambi sul traghetto che li porta da Calais a Dover, entrambi vengono da un paese in guerra, non sappiamo quale paese e quale guerra, ma- sono gli anni ‘30 del ‘900- possiamo pensare che si tratti della guerra civile in Spagna, entrambi devono contrattare per l’acquisto di carbone, indispensabile per vincere la guerra in corso.
Non ha proprio niente dell’agente segreto,
D. Nella vita prima della guerra lui faceva tutt’altro, era professore
universitario di Lingue Romanze, negli ambienti intellettuali aveva una certa
fama per aver trovato il Codice di Berna che offriva una nuova interpretazione
del finale della Chanson de Roland-
il vero eroe non è Orlando che rifiuta il suggerimento di Oliviero di suonare
il corno per chiamare in aiuto le forze di Carlo Magno, ma è il realista
Oliviero che non infligge il colpo fatale all’amico Orlando per sbaglio ma con
odio perché è responsabile di tante vite sprecate. È questa una storia che ci
viene riferita perché allusiva a quello che accadrà? E comunque, anche
nell’Inghilterra che non conosce e non ha quasi mai conosciuto la guerra, D. è
inseguito dalla guerra, anzi, si porta la guerra dentro lui stesso dopo
l’esperienza di due anni di carcere, dopo essere rimasto sepolto sotto le
macerie della sua casa, dopo che sua moglie è stata fucilata per sbaglio.
Ci accorgiamo subito, leggendo, che è come se Greene si stesse divertendo nello scrivere, come se mettesse per iscritto avvenimenti al limite tra l’assurdo e il ridicolo dopo essersi chiesto che cosa poteva far succedere- perché succede proprio di tutto a D. Prima l’incontro con L., poi quello con Rose, la femme fatale di turno che, guarda caso, è la figlia di quel Lord Benditch con cui D. deve trattare (è affidabile, lei?), poi con il direttore dell’assurda scuola di Entrenationo dove si insegna una lingua che scimmiotta l’esperanto, un ometto illuso che risponde al nome di Bellows (in italiano può significare ‘muggito’ o ‘mantice’) e con l’insegnante di quella lingua universale che dovrebbe essere il suo contatto (farà una brutta fine), con la piccola servetta dell’albergo che si innamora di lui per la sua gentilezza (anche lei farà una brutta fine, ne è lui responsabile?).
Non c’è un momento di pausa nel romanzo,
nella pace inglese rimbomba l’eco della guerra che insegue D., che causa altri
morti anche lontano dalla sua terra. Nella ridda di improbabilità c’è anche un
finale rocambolesco che conclude questo ‘intrattenimento’. Eppure, anche nella
sua voluta leggerezza, Greene resta un grande scrittore che riesce a inserire
quesiti morali nelle avventure più strampalate, che gioca con la lingua, con i
nomi stessi che inserisce nel romanzo (c’è una marginale Miss Glover, il
cognome di un’amante dello stesso Greene), che ci offre sempre una lettura
intelligente.




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