lunedì 15 settembre 2025

Simona Baldelli, “Alfonsina e la strada” ed. 2021

                                                                 Casa Nostra. Qui Italia

           biografia romanzata

Simona Baldelli, “Alfonsina e la strada”

Ed. Sellerio, pagg. 320, Euro 16,15

 

   Alfonsina Strada, Alfonsina e la strada. Era il cognome del marito, ma nomen omen, quanto le si addiceva quel cognome che parlava di strade su cui lei correva sulle due ruote della bicicletta, di una strada che si allungava davanti a lei fino ad un orizzonte che travalicava quello delle pareti domestiche, che lasciava intravvedere una fuga da Fossamarcia dove era cresciuta in una famiglia ricca solo di figli, che segnava un percorso che altre donne avrebbero potuto seguire. Perché Alfonsina era, per molti versi, in anticipo sui suoi tempi- era nata nel 1891, l’800 non era un secolo che correva veloce, i cambiamenti avevano il passo lento, figurarsi come poteva venire accolta una donna in pantaloncini e capelli corti sul sellino di una bicicletta. Con insulti, per lo più, con parole offensive di cui la più gentile era ‘matta’.


    La bicicletta era arrivata per caso nella famiglia di Alfonsina. Era stato un regalo perché era poco più di un rottame, ma il padre si illudeva di trovare lavoro più facilmente potendo spostarsi con la bicicletta. Per Alfonsina, poco più che bambina, era stato amore a prima vista. Per lei, nonostante la giovane età, rappresentava la libertà e, per quella strana alchimia che porta un artista a maneggiare istintivamente i pennelli o uno strumento musicale, Alfonsina si dimostrò subito capace di riparare la vecchia bici come in seguito sarà capace di intervenire personalmente durante le gare (all’epoca si faceva così) per cucire pneumatici e assestare copertoni.

    Era tutta in salita la strada di Alfonsina Strada, doveva strappare il permesso di gareggiare con gli uomini- l’unico che credeva in lei era il marito, un uomo fragile che avrebbe terminato i suoi giorni in un manicomio, che però le aveva sempre ripetuto quanto fosse bella, lei, Alfonsina, sulla bici, che non doveva mai scendere dal sellino. Dapprima ci furono i Giri di Lombardia, poi, nel 1924, il Giro d’Italia. Se poté iscriversi, fu perché corridori famosi come Girardengo non avrebbero partecipato e, se il giro destava poco interesse, gli sponsor non ci avrebbero guadagnato. Alfonsina serviva da attrattiva, era una stranezza, tutti volevano vedere come quella matta se la sarebbe cavata- figurarsi, più di 300 chilometri, su strade non asfaltate, anche in montagna. E invece- 108 gli iscritti, 90 quelli che si presentarono, 30 quelli che portarono a termine la gara. Tra di loro, Alfonsina.


   Alfonsina Strada (mantenne il cognome del primo marito anche dopo che si era risposata) morì nel 1959. Simona Baldelli ricostruisce per noi la sua vita fatta di difficoltà, di incomprensioni, di sacrifici, di vittorie ma anche di sconfitte. Alfonsina è un esempio per tutti- aveva un obiettivo e non si è arresa davanti a nulla per raggiungerlo, aveva un sogno e non si è lasciata sconfiggere dalla realtà. L’immagine di lei in bicicletta, che cade, si ferisce e si rialza e continua la gara, è la metafora migliore per come dovrebbe essere affrontata la vita. L’episodio in cui, dopo aver rotto il manubrio, prosegue e termina la tappa con un bastone su cui stringere le mani per dirigere la bici è esemplare di una volontà caparbia capace di superare gli ostacoli.

E se è un esempio per tutti, lo è maggiormente per le donne che, da sempre, si lasciano più facilmente influenzare da pregiudizi e stereotipi.


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