Voci da mondi diversi. Area germanica
seconda guerra mondiale
Hans Sahl, “I pochi e i molti. Romanzo di un’epoca”
Ed.
Sellerio, trad. E. Arosio, pagg. 450, Euro16,00
Due frasi, in apertura e chiusura de “I
pochi e i molti” di Hans Sahl, contengono in sé tutto il libro.
“Non sono un eroe”, esordisce il
protagonista Georg Kobbe, alias Hans Sahl. Per proseguire dicendo tutto quello
che avrebbe fatto, chi sarebbe potuto diventare “in circostanze normali”.
Sarebbe diventato un membro utile della società, avrebbe viaggiato, avrebbe
coperto un ruolo nell’amministrazione, avrebbe avuto una casetta fuori città.
La
Storia decise altrimenti per lui,
“Pareva un naufrago appena spiaggiato dalle
onde su un litorale sconosciuto che si guarda intorno sconcertato: dove sono?”-
questa la frase che termina il romanzo di un’epoca, quella in cui visse Hans
Sahl, all’anagrafe Hans Salomon, nato a Dresda nel 1902, figlio di un banchiere
di una famiglia ebraica assimilata, amante di Goethe e di Beethoven e di
Wagner, che mai avrebbe immaginato di essere travolta dall’ondata nazista.
Eppure Hans Sahl capì presto il pericolo, lasciando la Germania nei primi anni del ’30, dopo il trauma delle prime imprese delle squadracce dalle camicie brune, dopo il rogo dei libri che spazzò via definitivamente ogni illusione riguardo al futuro.
L’impianto narrativo del romanzo è quanto
mai vario, alterna capitoli in prima persona ad altri in terza persona, a
stralci di diario, in una sequenza temporale che passa dal presente a lunghi
flash back del passato, dalla New York dove lo scrittore è stato ‘spiaggiato’
nel 1941 all’Europa.
Il
presente a New York è fatto di abitazioni squallide e fredde, di fame, di
incontri con altri esuli come lui, di un continuo confronto tra la cultura
della vecchia Europa che si è lasciato alle spalle e la non-cultura di questo
nuovo mondo che obbedisce ad altri imperativi, quello del successo, di
arricchirsi.
Il
passato è a Berlino, dapprima nell’ambiente vivace e innovativo della capitale,
nella bella casa borghese del padre, nell’attrazione verso il marxismo. Segue-
dopo un capitolo commovente sulla morte del padre- la fuga di Georg verso Praga
e poi Amsterdam e poi Parigi. E poi il peggio, la fuga come prigionieri
tedeschi perché, anche se sono antinazisti, sono sempre dei nemici, i campi di
concentramento, ancora la fuga, l’arrivo a Lisbona, il viaggio verso il paese
della Libertà.
“Vi siete portati con voi in esilio l’idea
di una Germania che non esiste più e forse non ci sarà più neanche in futuro”,
gli dice un amico.
Ma c’è una lezione, un messaggio che lo scrittore vuole trasmettere. Lui, uno dei ‘pochi’ che si sono opposti al nazismo contro i ‘molti’ che sono stati acquiescenti passivamente o hanno partecipato attivamente alla follia collettiva, crede che si debba ‘stare all’erta’, ‘non fidarsi della maggioranza e aiutare la minoranza a farsi sentire. Proteggere i deboli e i fragili e, quanto ai forti, essergli amico, sì, ma amico scomodo, sempre ponendo domande’.
Il romanzo “I pochi e i molti” fu
pubblicato nel 1959 senza attirare grande attenzione. Solo oltre mezzo secolo
più tardi acquistò importanza come una delle testimonianze di maggior rilievo
della “letteratura dell’esilio negli anni del Terzo Reich”.
E Hans Sahl rientrò nella Germania che non
aveva mai cessato di amare nonostante tutto, riappropriandosi della sua lingua
materna, la lingua del cuore, solo poco prima del crollo del Muro di Berlino.
Nessun commento:
Posta un commento