Voci da mondi diversi. Austria
Monika Helfer, “I Moosbrugger”
Ed.
Keller, trad. Scilla Forti, pagg. 210, Euro 16,50
Li chiamavano ‘gli Emarginati’. Perché i
Moosbrugger vivevano in fondo alla valle, isolati- i loro antenati erano
arrivati tardi e si erano presi la terra che nessuno voleva, perché difficile
da coltivare. E poi erano diventati gli Emarginati per altri motivi, dopo che
Josef era partito per la guerra e chiacchiere maligne giravano su Maria.
La bella Maria. Viene detto ripetutamente,
che non c’era nessuna altra donna bella come Maria. E che, se fosse vissuta in
una grande città, la sua bellezza sarebbe stata un vanto, considerata
differentemente da come veniva guardata nel piccolo paese, quasi che tanta
bellezza fosse un segno del demonio.
La bella Maria era la nonna dell’io narrante che cerca di ricostruire la storia della sua famiglia. E lo fa in una maniera che cattura immediatamente l’attenzione, dipingendo dei personaggi così vivi che è come se li avessimo sempre conosciuti e di cui sentiremo la mancanza, quando, uno dopo l’altro scompaiono.
Prima di tutti, o meglio, dopo la bella Maria, il capofamiglia Josef, un bell’uomo, l’unico dei cinque che erano partiti dal paese per andare in guerra a ritornare a casa. Era un uomo diverso, quando era tornato, lo era già quando lo avevano rivisto per delle licenze, era diventato taciturno, un poco assente. Tanto che la figlia Kathe, la zia Kathe, aveva smesso di chiamarlo ‘papà’. Era ‘il padre’. Avevano altri tre figli, Josef e Maria, e ne avrebbero avuto altri tre. È straordinario come la scrittrice riesca ad evitare che il lettore si confonda, davanti a tanti personaggi. Se stesse dipingendo un quadro, potremmo immaginarla mentre dipinge prima a grandi tratti lo sfondo e le persone, dopo ritorna con altre pennellate, una volta, due volte, tre volte, finché il primogenito è quello che ha un’intesa speciale con gli animali di cui è lui a doversi occupare, Kathe è la figlia che fa le veci della madre quando è necessario, Lorenz è bravissimo in matematica e, a soli nove anni, imbraccia il fucile per tenere lontano il sindaco che non accetta di essere rifiutato da Maria, Walter dai capelli rossi è il piccolo di casa e diventerà uno sciupa femmine. Per gran parte del libro sono solo questi quattro figli a reggere le fila della trama- sono gli anni di guerra in cui Josef è lontano e la sua assenza scatenerà le male lingue quando un tedesco conosciuto al mercato andrà per ben due volte nella casa degli Emarginati. Di chi è figlia Greta, la madre dell’io narrante? È stata concepita durante una licenza di Josef o è figlia del tedesco di Hannover? La narratrice immagina la scena, della bella e giovane nonna colpita dal fulmine d’amore quando ha conosciuto il tedesco, pronta ad andare a cercarlo se il marito non fosse tornato. Lei stessa vorrebbe sapere la verità, dopotutto Greta è sua madre, ma l’interrogativo rimane aperto fino alla fine, anche se Josef aveva sempre fatto come se Greta neppure esistesse.
Si alternano passato e presente nel romanzo
di Monika Helfer. Prevale il passato con la vita quasi primitiva nel piccolo
paese, la durezza degli anni di quella guerra per cui gli uomini erano partiti
giurando fedeltà ad un imperatore che, a guerra finita, non c’era più, la fame,
la meschinità della piccola gente, e poi, a grandi balzi, si seguono le vicende
dei personaggi (di quelli che restano, perché molti, compresa la bella Maria,
muoiono presto) nel presente, attraverso un’altra guerra.
“I Moosbrugger” è una indimenticabile saga
famigliare non appesantita da troppe pagine, raccontata con brio, con
profondità ma con leggerezza, in uno stile che ha tutta la vivacità di un
racconto orale. E noi restiamo orfani dei Moosbrugger, quando terminiamo di
leggere il libro.
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