Casa Nostra. Qui Italia
cento sfumature di giallo
Andrej Longo, “Chi ha ucciso Sarah?”Ed.
Sellerio, pagg. 219, Euro 14,00
Agosto. Napoli. Il bel quartiere di
Posillipo. Una ragazza è stata trovata morta nell’androne del palazzo dove
abitava con i genitori, in quel momento assenti. A ritrovarla, dopo una
chiamata ricevuta al 113, è stato un giovane agente di polizia. Lo conosceremo
sempre con il cognome, Acanfora. Quando vede la ragazza per terra, pensa che
deve avere più o meno la sua età. Lui ha vent’anni.
L’indagine è condotta dal commissario Santagata. L’agente Acanfora (la voce narrante) dice di non riuscire a capirlo- Santagata è di poche parole, ogni tanto tira fuori una bottiglia di whisky e beve (la bottiglia contiene tè- è vero, l’ha fatto assaggiare allo scettico Acanfora), in passato è stato alcolizzato (racconterà lui quello che gli è successo, a mo’ di spiegazione, ma come se fosse accaduto ad un’altra persona), l’ammirazione di Acanfora per lui è palpabile.
Vengono interrogati gli abitanti del
palazzo antico dove abitava Sarah con la famiglia. Sembra che tutti la
conoscessero, che tutti le volessero bene. Si sapeva che aveva un ragazzo, che
dovevano aver litigato perché quella sera Sarah non era uscita con lui, che
prima era stata innamorata di un altro ragazzo che però la sua famiglia non
vedeva di buon occhio perché era del quartiere la Sanità. Alla Sanità era nato
Totò, alla Sanità Rossellini aveva girato dei film, ma era un quartiere
malfamato e pericoloso- non certo l’ambiente per una ragazza come Sarah.
Lo splendore di Posillipo e le case
fatiscenti della Sanità, ricchezza e miseria, verità e quella forma di falsità
che è il silenzio- è giocato su questi contrasti il bel giallo di Andrej Longo.
Quanti sono reticenti, tra gli abitanti del palazzo di Sarah? Quanti sono pronti
a puntare il dito sull’ex ragazzo di Sarah? Quanti dicono di non aver sentito
niente? Sarah aveva gridato, probabilmente per chiamare aiuto. Se è
comprensibile che la collaboratrice domestica straniera abbia fatto finta di
non vedere il corpo di Sarah e si giustifichi dicendo che pensava fosse una
tossica, non è accettabile che l’avvocato che ha combattuto in guerra, che si è
preso delle medaglie al valore, si sia lasciato convincere dalla moglie a non
immischiarsi. E il professore che abita al primo piano?
È facile arrestare il ragazzo della Sanità, un capro espiatorio ci vuole, e poi lui era scappato- i più pensano che chi scappa ha qualche colpa, non pensano che si dia alla fuga perché un pregiudicato è sicuro che una qualche colpa gli verrà addossata in ogni modo.
Mentre Napoli è stretta dalla morsa di un
caldo africano, il caso di Sarah segna il passaggio di maturazione dell’agente
Acanfora, evidenziato a livello famigliare dal distacco dalla mamma che va in
vacanza dalla sorella a Ischia e, nel suo intimo, da una comprensione e da un’empatia
più grandi, da un’accettazione di una realtà che non lascia illusioni sulla
bontà umana. Perché il finale è sconvolgente, è il trionfo della banalità del
male, è come il tuono che squarcia l’aria annunciando il temporale e la pioggia
che rinfrescherà l’aria. Non è una pioggia catartica- Mi pareva che tutto all’improvviso la città si era svegliata dal sonno,
ma ho pensato che invece di fare giorno, continuava sempre ad essere notte.
Un giallo psicologico con una forte tensione
etica, terso e lineare, con un linguaggio che ha un tocco di colore partenopeo.
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