Voci da mondi diversi. Cina
cento sfumature di gialloQiu Xiaolong, “Processo a Shanghai”
Ed. Marsilio, trad. Fabio Zucchella, pagg.270, Euro 18,00
Una settimana. Dura una settimana la nuova inchiesta di Chen Cao. Che poi non è una inchiesta che gli compete, non è affatto ‘sua’, come lui si affretta a precisare ogni volta che gli viene chiesto qualcosa. Perché Cao è ormai l’ex-ispettore capo della polizia di Shanghai- è stato promosso al ruolo di direttore del nuovissimo ufficio per la riforma del sistema giudiziario. Chen Cao non si lascia illudere, sa fin troppo bene che questa nomina gli è stata conferita per allontanarlo dai ‘casi speciali’, perché Cao è troppo bravo, rimesta nel torbido, mette il naso in questioni da cui dovrebbe stare alla larga. E infatti, paradossalmente, il nuovo incarico gli giunge insieme all'imposizione di una licenza di convalescenza. Nessun messaggio potrebbe essere più esplicito: Chen Cao dà fastidio per la sua posizione politicamente scorretta e però è un personaggio talmente noto che un provvedimento più scoperto sarebbe controproducente.
È appena
avvenuto un delitto di cui tutti parlano a Shanghai, perché la persona
sospettata di aver commesso il crimine è Min, una donna seducente, in parte
cortigiana e in parte cuoca- Min gestisce una ‘cucina privata’ per pochi
invitati eletti disposti a pagare anche 10.000 yuan (8000 euro, l’inflazione è galoppante
in Cina) per le prelibatezze di cui solo lei conosce le ricette. Qing,
l'assistente di Min, è stata trovata morta nello shikumen dove Min dormiva, ubriaca. Qing aveva appena comunicato l’intenzione
di aprire un suo proprio ristorante- era un motivo sufficiente per ucciderla?
L'agenzia investigativa di Vecchio Cacciatore, l’amico di Chen Cao, è stata incaricata, da un misterioso cliente che ha pagato una cifra astronomica per la richiesta, di scagionare Min. A questo primo delitto se ne aggiungeranno altri due, ma ormai sappiamo che il filone poliziesco non è quello più importante nei romanzi di Qiu Xiaolong, lo scrittore cinese che, dagli Stati Uniti in cui vive dall'epoca dei fatti di piazza Tienanmen, osserva i cambiamenti della ‘sua’ Cina con uno sguardo distaccato, preoccupato, addolorato. E, in romanzi solo in apparenza di genere e in realtà sempre più politicamente impegnati sotto copertura, Xiaolong rivolge la sua attenzione a vari aspetti della società, dei costumi, dell'economia e della politica cinese.
Moller Villa Hotel Il quesito
fondamentale in “Processo a Shanghai” è se la Cina possa essere ancora
considerata uno stato di diritto oppure, alla luce di quanto accade,
l'apparenza sia solo una farsa, una messa in scena per gettare polvere negli
occhi. L'affascinante Min, con le amicizie altolocate per cui lei potrebbe
rappresentare un pericolo, si trova in stato di shuanggui, come un funzionario di partito corrotto, in una località
segreta che poi risulta essere il grandioso Moller Villa Hotel (come fa a saperlo
il cliente di Vecchio Cacciatore?). Lo stato di shuanggui evidenzia brutalmente la differenza fra realtà e
apparenza- è una prigionia dorata che non esclude la tortura e che si basa
sulla presunta colpevolezza piuttosto che sulla presunta innocenza.
Chen Cao, messo in un doppio isolamento, quello di una nomina creata ad hoc e quello del congedo di malattia, a cui se ne aggiungerà un terzo quando viene precipitosamente accompagnato- sempre accampando la sua salute come pretesto- in una splendida località di montagna, deve ricorrere all'astuzia per poter influire sugli avvenimenti.
i monti HuangshuanCerti regimi non sono mai molto sottili- con lo stesso
meccanismo usato da sempre per aggirare la censura, Chen Cao si nasconde dietro
l'approfondimento letterario della vicenda di un omicidio avvenuto in epoca Tang
e di cui ha scritto il sinologo Van Gulik, per tracciare un parallelo tra i
sistemi giustizia. In un confronto con il giudice Dee (veramente esistito e
ricreato come una sorta di Sherlock Holmes nei libri dell'olandese) come escono
fuori i giudici asserviti al Partito che sono coinvolti nei delitti di Shanghai?
La domanda se il Partito cinese sia al di sopra della legge oppure se sia vero
il contrario è pura retorica.
Ci sono tanti
piccoli accenni allarmanti nel romanzo di Xiaolong- l'allusione ripetuta all’inquinamento
atmosferico e ai rischi per la salute, al cibo contaminato, alle telecamere di
sorveglianza che sono ovunque, come l'occhio del Grande Fratello che sa tutto e
che ha tutto sotto controllo, e, in un’inquietante scena finale che ha un tocco
di “Bladerunner”, un drone simile a un grande corvo sorveglia Chen Cao e la sua
segretaria, raffreddando la nostra soddisfazione nel percepire che, forse, il
melanconico e solitario Chen Cao non sarà più solo.
Si prova un piacere sottile a leggere “Processo a Shanghai”. È un piacere che viene non da avventure spettacolari o da brividi di orrore, piuttosto dalla consapevolezza di essere introdotti lungo la via del romanzo in un mondo che faremmo fatica a comprendere, se non avessimo un intermediario. Che è lo scrittore stesso tramite il suo ex-ispettore, esperto di letteratura di lingua inglese, appassionato di Eliot, conoscitore della poesia cinese, traduttore (e che cosa è un traduttore se non un intermediario tra due culture?), e pure gastronomo.
Delitti, passeggiate per Shanghai, sia nella sfavillante città nuova sia in quella dal vecchio fascino degli shikumen, degustazione di cibi raffinati ma anche delle polpette di riso di un chiosco per la strada, citazioni di Eliot e di poeti cinesi, il paesaggio spettacolare delle montagne di Huangshan e… l'ingiustizia cinese.
XuanjiUna postilla: cinque bellissime poesie di Xuanji, la
poetessa del cui caso si occupa il Giudice Dee, sono aggiunte in appendice al
libro. Quanto mi manchi?/ I miei pensieri
scorrono come l’acqua del fiume…
Leggere a Lume di Candela è anche una pagina Facebook
Seguirà prestissimo l'intervista con lo scrittore
la recensione e l'intervista saranno pubblicate su www.stradanove.it
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