Voci da mondi diversi. Stati Uniti d'America
guerra del Laos
Paul Yoon, “In un piccolo cielo”
Ed.
Bollati Boringhieri, Trad. M. Faimali, pagg. 224, Euro 16,50, formato kindle
9,99
Il romanzo “In un piccolo cielo” di Paul Yoon,
scrittore americano di origine nordcoreana, è un libro di quella “terribile
bellezza” di cui parla il poeta Yeats. Ambientato in quegli anni in Laos, segue
le vicende di tre ragazzini rimasti orfani- Prany e Noi (fratello e sorella) e
Alisak. Ogni capitolo è centrato su un personaggio in un tempo diverso, ad
iniziare da Alisak nel 1969 fino a Khit nel 1994, con un finale che ha per
titolo il nome di un villaggio in Spagna nel 2018. E Khit, insieme ad Auntie,
zietta, sono i protagonisti esterni, gli osservatori ai margini della storia,
l’una molto più giovane, una bambina ai tempi della guerra, e l’altra più
grande che ricopre il ruolo di salvatrice, che aiuta i ragazzi a passare il
confine fra Laos e Thailandia per mettersi in salvo.
Alisak, Prany e Noi (il suo nome vuol dire “piccola”) vivono nella ‘casa di campagna’ che apparteneva ad un francese e conserva qualche vestigia di un antico splendore (un pianoforte, ad esempio) e che ora serve come ospedale per i civili. Sotto la guida del dottor Vang- bellissima figura, in parte fratello maggiore, in parte insegnante che cerca di far imparare il francese ai ragazzi e li fa sognare una vita “dopo”, in Francia o Thailandia- i ragazzi imparano a fare gli infermieri, a suturare ferite, a guidare le motociclette con cui si avventurano a cercare uomini, donne, bambini dilaniati dalle esplosioni. Percorrono sentieri delimitati da paletti- è pericolosissimo azzardarsi fuori sul terreno non sminato.
la piana delle Giare, pesantemente bombardata Negli ultimi giorni di guerra c’è nell’aria
il sentore di un nuovo pericolo, quello delle ritorsioni del Pathet Lao. Si sa
già- e lo sapremo meglio continuando la lettura- delle prigioni, delle torture,
dei campi di rieducazione. Si aspettano gli elicotteri per evacuare l’ospedale
improvvisato. Riusciranno tutti e tre, i nostri protagonisti, a mettersi in
salvo? E che ne sarà dei feriti che dovranno essere abbandonati?
I racconti di Alisak, Prany e Noi non seguono l’ordine cronologico. Si collocano avanti e indietro nel tempo e i loro ricordi risalgono più indietro ancora. Sono spesso ricordi confusi, dove affiorano brandelli di immagini, spezzoni di discorsi a volte non capiti, memorie di quando avevano una famiglia, l’abitudine al frastuono delle esplosioni, al cielo che si oscurava al passaggio dei bombardieri simili a grandi uccelli neri forieri di morte, alla distruzione del loro mondo.
Non si può leggere “In un piccolo cielo”
senza sentire una stretta al cuore, come avviene quando leggiamo di un’infanzia
negata. Una voce dentro di noi protesta perché nessun bambino dovrebbe vivere esperienze
come quelle di Alisak, Prany e Noi. Non si esce mai da una guerra. Chi
sopravvive- quelli di loro che incontriamo ad anni di distanza- non può
dimenticare, è segnato per sempre. Si porta dietro una inquietudine, un senso
di colpa perché sa di dovere la sua vita ad altri, è inseguito dalle ombre, è
lui stesso un’ombra per cui la parola “pace” non è mai arrivata.
Una ‘bellezza terribile’- Paul Yoon riesce a
mantenere un equilibrato distacco dal suo racconto. Riesce, in maniera
splendidamente misteriosa, a trasformare la tragedia in poesia senza per questo
minimizzarla, a stemperare l’orrore in una tristezza infinita. Da leggere.
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la recensione sarà pubblicata su www.stradanove.it
la recensione del libro precedente di Paul Yoon, "La riva del silenzio", è da cercare nell'archivio del 2014
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