giovedì 8 ottobre 2020

Paul Yoon, “In un piccolo cielo” ed. 2020

                               Voci da mondi diversi. Stati Uniti d'America

                                                       guerra del Laos

 Paul Yoon, “In un piccolo cielo”

Ed. Bollati Boringhieri, Trad. M. Faimali, pagg. 224, Euro 16,50, formato kindle 9,99

      1966-1975. L’hanno chiamata ‘la guerra segreta’, quella che era iniziata come guerra civile in Laos nel 1953 ed era diventata uno scontro fra colossi, le forze americane da una parte, che sostenevano le unità governative, e l’unione sovietica che parteggiava per il Pathet Lao. Fu, in un certo senso, il prolungamento della guerra del Vietnam per la posizione strategica del Laos, via di passaggio per l’infiltrazione dei Vietminh nel Vietnam del sud. Il presidente Obama, in un discorso del 2016, ha ricordato che il Laos è stato il paese più pesantemente bombardato del mondo: tra il 1964 e il 1973 ci fu un bombardamento ogni 8 minuti. Furono sganciate sul Laos 2 milioni di tonnellate di bombe di cui il 30% rimase temporaneamente inesploso. Nonostante l’operazione di bonifica- Barack Obama ha detto che gli Stati Uniti hanno un obbligo morale nei confronti del Laos- si calcola che siano rimasti in Laos circa 80 milioni di ordigni inesplosi che causano ancora una cinquantina di morti all’anno. È stata fatta una stima di 200 anni per portare a termine il risanamento dei terreni.


   Il romanzo “In un piccolo cielo” di Paul Yoon, scrittore americano di origine nordcoreana, è un libro di quella “terribile bellezza” di cui parla il poeta Yeats. Ambientato in quegli anni in Laos, segue le vicende di tre ragazzini rimasti orfani- Prany e Noi (fratello e sorella) e Alisak. Ogni capitolo è centrato su un personaggio in un tempo diverso, ad iniziare da Alisak nel 1969 fino a Khit nel 1994, con un finale che ha per titolo il nome di un villaggio in Spagna nel 2018. E Khit, insieme ad Auntie, zietta, sono i protagonisti esterni, gli osservatori ai margini della storia, l’una molto più giovane, una bambina ai tempi della guerra, e l’altra più grande che ricopre il ruolo di salvatrice, che aiuta i ragazzi a passare il confine fra Laos e Thailandia per mettersi in salvo.

    Alisak, Prany e Noi (il suo nome vuol dire “piccola”) vivono nella ‘casa di campagna’ che apparteneva ad un francese e conserva qualche vestigia di un antico splendore (un pianoforte, ad esempio) e che ora serve come ospedale per i civili. Sotto la guida del dottor Vang- bellissima figura, in parte fratello maggiore, in parte insegnante che cerca di far imparare il francese ai ragazzi e li fa sognare una vita “dopo”, in Francia o Thailandia- i ragazzi imparano a fare gli infermieri, a suturare ferite, a guidare le motociclette con cui si avventurano a cercare uomini, donne, bambini dilaniati dalle esplosioni. Percorrono sentieri delimitati da paletti- è pericolosissimo azzardarsi fuori sul terreno non sminato.

                                      la piana delle Giare, pesantemente bombardata

   Negli ultimi giorni di guerra c’è nell’aria il sentore di un nuovo pericolo, quello delle ritorsioni del Pathet Lao. Si sa già- e lo sapremo meglio continuando la lettura- delle prigioni, delle torture, dei campi di rieducazione. Si aspettano gli elicotteri per evacuare l’ospedale improvvisato. Riusciranno tutti e tre, i nostri protagonisti, a mettersi in salvo? E che ne sarà dei feriti che dovranno essere abbandonati?

    I racconti di Alisak, Prany e Noi non seguono l’ordine cronologico. Si collocano avanti e indietro nel tempo e i loro ricordi risalgono più indietro ancora. Sono spesso ricordi confusi, dove affiorano brandelli di immagini, spezzoni di discorsi a volte non capiti, memorie di quando avevano una famiglia, l’abitudine al frastuono delle esplosioni, al cielo che si oscurava al passaggio dei bombardieri simili a grandi uccelli neri forieri di morte, alla distruzione del loro mondo.


     Non si può leggere “In un piccolo cielo” senza sentire una stretta al cuore, come avviene quando leggiamo di un’infanzia negata. Una voce dentro di noi protesta perché nessun bambino dovrebbe vivere esperienze come quelle di Alisak, Prany e Noi. Non si esce mai da una guerra. Chi sopravvive- quelli di loro che incontriamo ad anni di distanza- non può dimenticare, è segnato per sempre. Si porta dietro una inquietudine, un senso di colpa perché sa di dovere la sua vita ad altri, è inseguito dalle ombre, è lui stesso un’ombra per cui la parola “pace” non è mai arrivata.

   Una ‘bellezza terribile’- Paul Yoon riesce a mantenere un equilibrato distacco dal suo racconto. Riesce, in maniera splendidamente misteriosa, a trasformare la tragedia in poesia senza per questo minimizzarla, a stemperare l’orrore in una tristezza infinita. Da leggere.

Leggere a Lume di Candela è anche una pagina Facebook

la recensione sarà pubblicata su www.stradanove.it

la recensione del libro precedente di Paul Yoon, "La riva del silenzio", è da cercare nell'archivio del 2014



 

Nessun commento:

Posta un commento