Voci da mondi diversi. Cina
la Storia nel romanzo
Yan Lianke, “I quattro libri”
Ed.
Nottetempo, trad. Lucia Regola, pagg. 471, Euro 19,55
Che cento fiori sboccino, che
cento scuole rivaleggino. Pensiamo allo slogan di Mao del 1956 leggendo “I
quattro libri” di Yan Lianke, restando sommersi da un mare di fiori rossi, di
carta e di stoffa, piccoli, medi, grandi, il premio per cui lavorano fino allo
sfinimento i detenuti del campo di rieducazione Sezione 99 nel Nord della Cina,
sulle rive del Fiume Giallo. Cinque fiori piccoli valgono un fiore medio,
cinque fiori medi danno diritto ad una stella a cinque punte, con cinque stelle
si può tornare a casa da moglie e figli, alla propria cattedra, ai laboratori,
alle biblioteche. Perché la Sezione 99 è il campo degli intellettuali che
devono essere rieducati perché si sono fidati di quell’invito, ‘che cento
scuole rivaleggino’.
Quattro narrative, ne “I quattro libri”, come i quattro Vangeli e almeno
una delle quattro è ricalcata sul tono della Bibbia, come se l’apertura del
campo fosse la creazione del mondo e il Bambino la divinità che stabilisce le
leggi, “Sono tornato. Vengo da lassù, dal paese. Ho dieci precetti da
annunciarvi.” A “Il figlio del cielo” si alternano altre due narrative, “Il
vecchio corso” e “Cronaca dei criminali”, entrambe scritte in prima persona
dallo Scrittore (nessun personaggio ha un nome, resteranno sempre il Bambino- e
pensiamo alle giovanissime Guardie Rosse-, lo Scrittore, il Religioso,
l’Erudito, la Musicista). La “Cronaca dei criminali” è stata commissionata allo
Scrittore dal Bambino- riceverà una ricompensa per la sistematica delazione.
Infine, nelle ultime pagine, c’è il manoscritto incompiuto dell’Erudito, “Il
mito di Sisifo”, un rovesciamento della fatica di Sisifo in cui non fatichiamo
a riconoscere quanto avvenuto in Cina.
Ci piacerebbe poter pensare che stiamo leggendo un libro del genere
della distopia, che quanto descritto potrebbe
accadere o potrebbe essere accaduto.
E invece è tutto vero, questo (come scrive Yan Lianke nell’esergo) è ‘un pezzo
di storia dimenticata’. Tutto vero, dalla coltivazione intensiva prima
(simboliche e significative le pagine in cui le piante di grano vengono
innaffiate con il sangue dello Scrittore), alla roboante campagna “Strappiamo
la luna, colpiamo il sole- raggiungiamo l’Inghilterra, superiamo l’America”,
con la costruzione di altiforni improvvisati in ogni villaggio e lungo tutta la
sponda del Fiume Giallo, il conseguente disboscamento per far ruggire di continuo
le fiamme nei forni e così produrre sempre più acciaio, e poi le piogge (“dopo
sette giorni e sette notti le rive sabbiose erano asciutte…Seguirono sette
giorni di sole cocente…”), la carestia, la fame. Come le calamità bibliche.
Le
descrizioni di quello che succede nel campo 99 sono realistiche, con un tocco
di lirismo per farci soffrire di meno (come se fosse possibile), con il colore
rosso che domina, rosso dei fiori di carta, rosso delle bandiere, rosso del
sangue, perfino le urla sono scarlatte- perché anche i suoni hanno un colore,
nel libro di Yan Lianke. Il sequestro e il rogo dei libri, e poi i libri
salvati e nascosti che vengono barattati con il Bambino (lui li usa per
alimentare la stufa) per un pugno di cereali, finché c’è ancora qualcosa da
mangiare, prima che la Musicista si venda per fame ad un uomo ributtante, prima
che si cuocia la pelle delle scarpe o delle cinture, prima che non resti
neppure un cadavere intatto, di quelli morti per freddo (trenta sotto zero) o
per denutrizione, lo sforzo continuo per mantenersi ‘umani’.
Passeranno anni prima di avere una stima dei morti- si parla di oltre
cinquanta milioni di vittime del Grande Balzo. Un’esagerazione? Anche fossero
di meno, sarebbero troppi. Un libro epico, da leggere. Per non dimenticare ‘le
decine di migliaia di intellettuali che morirono e che sopravvissero’.
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