Voci da mondi diversi. Stati Uniti d'America
Paula Fox, “Quello che rimane”
Ed. Fazi, trad. A.Cogolo, pagg.
206, Euro 14,02
Brooklyn. Fine anni sessanta, sono gli anni
della guerra del Vietnam. Una coppia di quarantenni senza figli, Otto e Sophie
Bentwood. Il nome teutonico di lui sembra volerci anticipare il suo carattere,
avvocato, tradizionalista e razionale, un tipo squadrato. Lei fa la traduttrice
dal francese, ma il lavoro non la appassiona. Sono la tipica coppia della buona
borghesia con aspirazione alla raffinatezza. Vivono in una bella casa arredata
con gusto e qualche pretesa, bei mobili e pezzi di antiquariato. Anche gli
oggetti di uso comune sono raffinati, lo è anche il pranzo che Sophie prepara
all’inizio, con quel risotto alla milanese e il sauté di fegatini di pollo. C’è
ben più della larghezza di una strada a separare i Bentwood dalle case popolari
di fronte alla loro- Sophie osserva con affascinato disgusto l’ubriaco che
vomita sul marciapiede e l’uomo che piscia direttamente in strada dalla
finestra. Quello è un mondo diverso dal loro con cui non hanno niente a che
fare.
E tuttavia nuvole scure di scure minacce si
accumulano sulla casa dei Bentwood. Tutto inizia con il morso di un gatto
randagio a cui Sophie voleva dare da mangiare. La mano si gonfia, le fa male. E
se il gatto avesse la rabbia? E’ questo interrogativo che punteggia l’azione o
la non azione del breve tempo del fine settimana in cui seguiamo i Bentwood ad
una cena da amici, e poi la notte in cui Sophie viene svegliata dal bussare
alla porta del socio (ormai ex socio) di Otto, la puntata a Flynters dove hanno
una casa di villeggiatura e infine il ritorno in città. Niente va bene dopo il
morso del gatto. Cioè- niente andava veramente bene fin da prima, è che c’è
stato un morso alla vita tranquilla dei Bentwood, ben oliata sugli stessi
binari. Otto e l’ex socio erano amici dal tempo del college- che cosa ha fatto
esplodere il loro rapporto? Quali saranno le conseguenze della rottura del loro
sodalizio? Sophie e Otto erano una coppia affiatata, però…qualche anno prima
Sophie aveva avuto una breve relazione con un altro uomo che dopo aveva deciso
di cercare di ricostruire il suo rapporto con la moglie.
Perché adesso Sophie,
pur essendo terrorizzata all’idea di poter aver contratto la rabbia dal gatto,
è restia ad andare al pronto soccorso? Anche il fatto che, essendo il fine
settimana, nessun medico di loro conoscenza risponda al telefono, è oscuramente
minaccioso, un’altra falla nei rapporti interpersonali che stanno cedendo. Dettaglio
su dettaglio si accumula- Sophie che va a prendere un caffè, di notte, con l’ex
socio, il rapporto d’amore o di sesso che Otto impone ad una Sophie
addormentata, infine la casa delle vacanze violata da teppisti che non hanno
risparmiato nulla nella loro insensata violenza distruttrice segna il
culmine dopo il quale niente di peggio
può succedere.
I Bentwood ritornano a Brooklyn, riescono a
catturare il gatto, l’attesa per la telefonata che comunichi il risultato delle
analisi ha perso l’urgenza. Le acque dello stagno in cui è stato gettato un
sasso ritornano a poco a poco tranquille.
Il romanzo di Paula Fox, morta nel 2017 a 94 anni, è uno di quei piccoli
libri perfetti come le migliori novelle. Riesce, nello stesso tempo, ad
esplorare la meccanica del rapporto di coppia- sempre in bilico tra odio e
amore- e quella più ampia dell’individuo nella società. Tensione famigliare da
una parte, dove l’attacco traditore di un felino scatena paure e incertezze, e
tensione sociale dall’altra, mentre le differenze economiche e culturali sono
per essere portate al punto di rottura da una guerra che pochi vogliono.
E tuttavia, mentre lucidamente
riconosciamo il valore della scrittura essenziale di Paula Fox, non riusciamo
ad appassionarci ai suoi personaggi, li sentiamo distanti, forse soprattutto ci
disturba quella loro tranquilla disperazione (il titolo originale è “Desperate
characters”) a cui nulla può dare sollievo.
Il romanzo è preceduto da un’illuminante introduzione di Jonathan
Franzen.
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