Voci da mondi diversi. Europa dell'Est
Mircea Cărtărescu, “Perché amiamo le donne”
Ed. Voland, trad. Bruno Mazzoni,
pagg. 151, Euro 13,00
Se il contenuto di questo smilzo libro dello scrittore rumeno Mircea Cărtărescu
avesse corrisposto in pieno alla promessa del titolo, “Perché amiamo le donne”,
credo che non ne avrei neppure terminato la lettura. Il libro mi incuriosiva,
perché pareva così diverso dai romanzi che avevo già letto dello scrittore, ma-
sono sincera- non mi importava affatto sapere perché amiamo le donne (chi è che
ama? gli uomini? oppure tout le monde,
implicando che le donne sono amabili in assoluto?). Ho avuto invece la sorpresa
di trovare nel libro qualcosa di diverso: accanto ad immagini femminili, viste,
sognate, relegate in un passato lontano, conosciute in un tempo più vicino, è
lo scrittore stesso a balzare fuori da queste pagine, finalmente non più
ombreggiato da personaggi a lui somiglianti, come in “Travesti”, o “Nostalgia”
o “Abbacinante”, ma semplicemente e solamente lui. Che guarda, riflette,
racconta. Si racconta.
Il primo di questi bozzetti è, forse,
quello che più caratterizza la raccolta, quello che si potrebbe ritagliare in
quattro versi, come in un haiku di
Ezra Pound (poeta peraltro citato da Cărtărescu), oppure possiamo immaginare la
donna in un dipinto di Vermeer dal titolo: ‘Ragazza nera con turbante’. Una
visione mattutina sulla metropolitana a San Francisco: una giovane di colore,
vestita con un sari bianco, un turbante in testa dello stesso candore, i fili
degli auricolari di un walkman che scendono lungo il collo: “la stessa immagine
sensibile della bellezza”.
Le donne che appaiono nei
‘quadri’ seguenti a volte non hanno un nome, proprio perché sono delle
sconosciute, come quella che ha colpito lo scrittore per la scia di profumo, o
la ragazza dai capelli verdi che si è infilata nel suo letto in Irlanda
(scalzando la pecora di gomma e lana che serviva da bottiglia dell’acqua calda
per scaldare un letto gelido in uno dei più divertenti tra questi racconti
brevi), o l’enigmatica nana nel racconto un poco esoterico ambientato a Torino;
a volte sono indicate solo con un’iniziale (come la donna amata vent’anni fa,
che dormiva con gli occhi aperti); a volte sono caratterizzate da qualcosa di
speciale, come la buffa ripetizione “con le orecchie mogie mogie” della ragazza
che assomigliava ad un orsetto e con cui aveva avuto una breve relazione; una,
infine, ha qualcosa di sinistro nella sua accettazione di fare l’informatrice
della Securitate del regime di
Ceausescu.
Se facessi un elenco delle donne che
appaiono nel libro finirei per confermare che sì, questo è un libro che spiega
perché le donne vengano amate. Vorrei sottolineare piuttosto come ci appare il
bambino, il ragazzo, l’uomo che riassume i suoi incontri con le donne e che
risalta come il protagonista di tutti
i racconti. Timido e insicuro, studioso e chiuso in sé, tanto consapevole del
suo valore intellettuale quanto incerto invece sulla sua attrattiva. Ci appare
un poco narcisista, Mircea Cărtărescu, e- dobbiamo proprio confessarlo- non ci
pare che ami molto le donne. O meglio, indubbiamente, come ripete spesso, c’è una donna che lui ama. E le pagine in
cui parla dell’intimità dell’amore, del sesso che completa il sentimento, di quale
sia la sua idea dell’amore, sono molto belle. Ma, nei confronti delle altre
donne, ci pare di avvertire una certa condiscendenza, una qualche aria di
sufficienza, come la distanza da chi viene avvertito come diverso da sé.
Leggermente inferiore, non del tutto comprensibile. Mi sono chiesta, ad
esempio, perché, in queste pagine, lo scrittore si rivolga sempre “alle mie
lettrici”: per essere politicamente corretto, secondo l’uso che di tanto in
tanto si riscontra in America, di impiegare il femminile invece del maschile?
Oppure perché (e qui si deve anche tenere conto della maggiore complessità
degli altri suoi romanzi) pensa che questa lettura ‘leggera’ sia adatta solo ad
un pubblico femminile? Peccato, perché non è affatto così.
la recensione è stata pubblicata su www.stradanove.net
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