Voci da mondi diversi. Europa dell'Est
il libro ritrovato
Florina Ilis, “La crociata dei bambini”
Ed. Isbn, trad. Mauro Barindi,
pagg. 830, Euro 16,00
Titolo originale: Cruciada copiilor
Noi restiamo, professoressa! Il
treno è dei bambini! Nel treno ci sono solo bambini? chiese totalmente
sbalordita, Sì! E’ la crociata dei bambini! Così è stato detto al telegiornale!
E’ scritto anche sui giornali! La nostra lotta non è ancora finita, i bambini
di strada hanno bisogno di noi! Sono arrivati da tutto il paese! Come?! Sapeva
lei, professoressa, che loro dormono nelle fogne e che mangiano quello che
trovano nei rifiuti! Sono come noi, ma la gente li scaccia! Se lasciamo il
treno, saranno loro a essere presi per essere portati in prigione o nei centri
di accoglienza per l’infanzia!
Capita di rado che, fin dalle prime pagine di un libro, si abbia la
sensazione immediata che quello che stiamo leggendo è un gran bel libro, che è
un libro importante, di quelli che lasciano un segno. Accade così per “La
crociata dei bambini” di Florina Ilis.
Capita di rado che un romanzo di
più di 800 pagine non abbia cedimenti, che tenga desta l’attenzione per tutta
la sua lunghezza: non lasciatevi intimorire dalla mole del romanzo della Ilis,
non si corre il rischio di annoiarsi, anzi, a tratti ci si diverte, per poi
scoprire che, divertendoci, abbiamo letto qualcosa di tremendamente serio.
C’è una stazione, quella di Cluj in
Romania, e ci sono due treni su due binari affiancati: il rapido in partenza
per Bucarest e l’accelerato speciale delle vacanze che porterà i bambini alla colonia
estiva. Zoom dell’obiettivo della scrittrice sui personaggi, una ripresa breve
su ognuno, giusto per introdurli. Ci ritornerà sopra, impareremo a conoscerli.
Sul rapido c’è gente ben vestita che va a Bucarest per lavoro- il giornalista
Pavel, un tal Alexandru Aldeman che è molto compreso di sé e della sua
importanza- oppure per prendere un aereo (la donna con le unghie laccate di
rosso che deve raggiungere il marito in America) o per inoltrare una richiesta
di permesso per emigrare in Canada (la giovane Sabina). C’è anche una signora
che era venuta a Cluj nella speranza di incontrare la sorella gemella, separata
da lei durante un bombardamento più di mezzo secolo prima.
Più vivace,
irrequieta e chiacchierina, la folla dei ragazzini accompagnati dai genitori
che attende di salire sull’accelerato delle vacanze. Sul marciapiede del treno
ci sono anche tre bambini di strada- orfani, ladruncoli. Due saliranno (abusivamente,
s’intende) sul rapido e uno, Calman, sull’accelerato, spinto da un inconscio
desiderio di essere come quei bambini spensierati che hanno una famiglia. Lo
stile di Florina Ilis è veloce, impiega solo le virgole, niente punti ma la
lettera maiuscola dopo una virgola ci suggerisce una breve pausa. E per
collegare le scene inquadrate dall’obiettivo che si sposta,
I treni partono. Conversazioni educate
sull’uno; musica, spensieratezza, ebbrezza di libertà sull’altro. Succederà, ad
un certo punto, che i bambini, su suggerimento (istigazione?) di Calman, si
impadroniranno del treno delle vacanze, forzando il macchinista a cambiare
direzione puntando su Bucarest e bloccando dall’esterno le porte degli
scompartimenti dei professori. Sembra un gioco, dapprima, uno di quei giochi
simulati che questi bambini di oggi fanno sul computer. Il capo indiscusso, per
la sua esperienza di lotta per la sopravvivenza, è Calman, che ha una nonna
zingara, una sorellina rinchiusa in un centro per minori e ha perso la madre da
poco. Calman che vuole arrivare a Bucarest per l’elezione del capo dell’imbocco
principale delle fognature e ha una richiesta prioritaria da fare agli adulti:
liberare i bambini di strada chiusi nei centri di assistenza. Accanto a Calman-
biondo e lacero principe zingaro- il bambino Cazimir che sfoggia un completo da
calciatore come quello del suo idolo David Beckham, uno dei tanti bambini
privilegiati e viziati dalla famiglia, bambini con cellulare e computer, con
falsi occhiali alla Harry Potter come Denis, che indossa anche una maglietta
che crede gli garantisca l’invisibilità.
In apparenza, ma solo in apparenza, c’è
qualcosa di simile tra “La crociata dei bambini” (il giornalista Pavel rievoca
una vera crociata di bambini agli inizi del secolo XIII, un movimento che gli
storici collegavano al culto degli innocenti) e “Il signore delle mosche” di
William Golding, premio Nobel 1983.
In entrambi i romanzi dei bambini si trovano a doversi
gestire da soli, organizzando una mini-società che, fino ad un certo punto,
segue la falsariga di quella degli adulti. In entrambi i romanzi il finale sarà
drammatico, perché la violenza è inevitabile. Ci sono dei morti e dei feriti
sia ne “La crociata dei bambini” sia ne “Il signore delle mosche”. Ma il
contorno dei due libri è radicalmente diverso e diverso è pure il messaggio che
contengono.
Dietro “La
crociata dei bambini” c’è la
Romania liberata da Ceauşescu che tuttavia si aggira ancora
per il paese, come un fantasma dell’orrore. “Molto meglio ai tempi di Ceauşescu”-
dice un macchinista- “quando manco ti sognavi di fare quello che ti passava per
la testa. Non è facile con tutta questa libertà. I rumeni non se la meritano,
che ne sanno che cos’è? Non ne sanno un fico secco, a loro devi dire solo
quello che devono fare e lo fanno!”, c’è la corruzione a tutti i livelli (una
retata della polizia nei locali della prostituzione ha scarso effetto: il capo
stesso della polizia ha messo sull’avviso ‘il Barone’), commercio di armi, di
droga. Soprattutto commercio di bambini: adozioni illegali, bambini venduti per
il mercato del sesso, bambini comprati per filmini porno, bambini costretti a
rubare.
Chiedono “il diritto di non rubare più” i bambini cenciosi che da tutto
il paese convergono verso il treno dell’innocenza. Chiedono il diritto
all’innocenza. Perché è poi questo, la crociata dei bambini: l’adesione
spontanea ad un movimento che rivolge una supplica al mondo degli adulti- che i
bambini possano essere bambini. E gli adulti non capiscono, suppongono che il
treno sia nelle mani dei terroristi, arrivano in forze per combattere, mandano
elicotteri. Poi si indagano (ma sono una minoranza) sulle loro responsabilità
verso questi bambini che tutto sommato conoscono poco, presi come sono da
affari e interessi. Il grido di questi bambini travalica i confini della
Romania, arriva fino a noi che mai ci siamo chiesti il perché di questa
marmaglia lacera che ‘infesta’ pure le nostre strade, che ci attende ai
semafori rossi: sono gli orfani delle carceri di Ceasuşescu, dei ‘desaparecidos’ rumeni, i figli non abortiti
(quando l’aborto era severamente punito in Romania), abbandonati sulle soglie
degli orfanotrofi (luoghi quasi peggio dei carceri).
C’è un viaggio (con tutti i significati
metaforici che ha un viaggio), c’è un treno (anzi, ricordiamo che ce ne sono
due, perché seguiamo le vicende anche dei viaggiatori adulti del rapido, fermo
per lasciar passare l’accelerato) che ha una direzione e una meta (qual è la
meta delle nostre vite?), c’è un percorso di crescita per tutti personaggi,
adulti e bambini (tantissimi). Per Pavel che, ricordando uno stupro di gruppo a
cui ha preso parte a sedici anni, si chiede davanti a quale tribunale si debba
dichiarare il furto della propria anima. Per Sonia, la bimba bionda che, alla
partenza, ha affidato alla nonna il coniglietto di pezza con le orecchie rosa e
che vede nella toilette del treno il primo sangue sulle mutandine. Per la signora
Cristea che ha la tentazione di tradire il marito e per il ragazzino Tiberiu
che si rifiuta di tradire i compagni con il padre, agente dei servizi segreti.
Ci sarebbe ancora molto da dire sul romanzo
di Florina Ilis, ma lascio a voi scoprire la ricchezza di questo libro che pare
una favola, il racconto di un’avventura da ragazzi, e poi si rivela essere
qualcosa di molto più profondo, a tratti comico, e poi drammatico, grottesco,
tenero- bellissimo.
la recensione è stata pubblicata su www.wuz.it
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