giovedì 28 dicembre 2017

Hella Haasse, “L’amico perduto” ed. 2017

                                                     vento del Nord        
         romanzo di formazione
         FRESCO DI LETTURA

Hella Haasse, “L’amico perduto”
Ed. Iperborea, trad. Fulvio Ferrari, pagg. 142, Euro 16,00

   “L’amico perduto”- che tristezza, che rimpianto, già nel titolo di questo breve primo romanzo di successo della scrittrice nederlandese Hella Haasse. Perché, mentre leggiamo, dopo la leggerezza di tono e lo splendore di colori delle pagine iniziali, le ombre si incupiscono- non è soltanto la perdita di un amico che si finirà per piangere. Con l’amico si perderà anche l’aura dorata dell’infanzia, il protagonista narratore smarrirà il suo senso di appartenenza, non riconoscerà più quella che, fino a quel momento, ha considerato la sua terra, la sua patria. Con un senso di vertigine si renderà conto che il luogo in cui è nato non è mai stato suo, e se quel paese non era suo, quale lo era, allora? Quello freddo e lontano da cui era arrivato suo padre e di cui lui sapeva poco o niente? Il vuoto si spalanca davanti a lui. E il deserto della solitudine.
una giovane Hella Haasse
     Hella Haasse, scomparsa nel 2011, è nata a Batavia- suo padre era un funzionario rappresentante del governo olandese nelle colonie. Tranne che per alcuni periodi passati dalla nonna in Olanda, anche Hella Haasse, come il protagonista del romanzo, è cresciuta a Giava, ha frequentato la scuola locale trovando più naturale parlare l’indonesiano  piuttosto che l’olandese. Deve aver conosciuto molto bene i sentimenti di cui parla il suo personaggio, il senso di appartenenza all’unica terra che avesse mai visto negli anni in cui i ricordi si impiantano nel cuore e nella mente e lo sconcerto provato alla scoperta di essere invece un estraneo. E’ la propria identità che viene messa in dubbio, in bilico tra due mondi. Perché lui, il narratore, non può essere come Urug, l’amico di sempre, nato lo stesso giorno in cui è nato lui, compagno di giochi e di esplorazioni? Imparerà in maniera brutale che no, lui non può proprio essere come Urug, che un’amicizia non è per sempre, che solo da bambini la nazionalità è qualcosa senza significato, così come le parole ‘colonizzatore’ e ‘sfruttato’ non hanno senso.

    Ci si mette il destino a far sì che l’amicizia dei due ragazzi diventi più grande. Se la stupidità dei bianchi non avesse causato la tragedia in cui una vita era stata salvata e una era stata persa, Urug non avrebbe certamente studiato, lo stretto contatto si sarebbe allentato. Il percorso dei due è stranamente simile e diverso. Più il narratore vorrebbe affermare la sua appartenenza indigena, più Urug, che ha il diritto a quell’appartenenza, se ne vuole distaccare. Urug arriva a rinnegare la sua famiglia, mentre il protagonista, che non ha più una famiglia da quando la madre se ne è andata e il padre si è risposato, darebbe qualunque cosa per averne una.
    La parabola dell’amicizia tra il ragazzo olandese e Urug è anche quella della storia del rapporto tra le Indie olandesi e la madre patria in questo bel romanzo di una duplice formazione che prende sentieri opposti. Quando il protagonista ormai adulto ritorna dall’Olanda (come si può vivere in un paese così grigio quando negli occhi e nel cuore si ha il verde lussureggiante di Giava?), c’è stata la guerra, l’Indonesia non è più una colonia olandese, gli olandesi sono i precedenti sfruttatori, sono i nemici. Urug è scomparso, travolto dalla Storia. Anche la casa dei ricordi è scomparsa. E l’uomo che il narratore incontra sulla collina, pronto ad ucciderlo, è Urug? Oppure no, è uno dei tanti Urug che da amici si sono trasformati in vendicatori?


     Avvertiamo la sofferenza della scrittrice nelle pagine de “L’amico perduto”. Avvertiamo che non è solo il legame di amicizia che viene spezzato. Sentiamo che c’è nostalgia e senso di colpa, rimpianto per un paradiso perduto.


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