martedì 8 agosto 2017

Arnaldur Indriðason, “Il commesso viaggiatore” ed. 2017

                                                                       vento del Nord
        cento sfumature di giallo
        FRESCO DI LETTURA

Arnaldur Indriðason, “Il commesso viaggiatore”
Ed. Guanda, trad. A. Storti, pagg. 336, Euro 15,30


   “Il commesso viaggiatore” è il secondo di una trilogia che lo scrittore islandese Arnaldur Indriðason dedica al suo paese negli anni della seconda guerra mondiale, quando l’Islanda- base di grande importanza strategica- fu occupata dalle truppe inglesi e americane. Furono anni di cambiamenti- gli islandesi, che avevano vissuto isolati (sembra un gioco di parole, gli abitanti di un’isola che vivono isolati) fino ad allora, furono sommersi da nuovi stili di vita, da un’abbondanza di prodotti di consumo mai visti, da nuove mode. Accadde in Islanda quello che avviene sempre quando ci sono delle truppe di occupazione in un paese- uomini lontani da casa in cerca di donne, donne del posto che si concedono, per il fascino di una divisa straniera, per soldi che servono a sfamare la famiglia, per calze di nylon di cui non conoscevano neppure l’esistenza, per sigarette, per il sogno recondito che- chissà- quegli uomini finiscano per sposarle e portarle via da lì, dall’isola di rocce nere e ghiaccio. C’era un nome per tutto questo, ‘la Situazione’. C’era un corpo speciale di sorveglianza (mi fa pensare alle guardie della morale in Iran). C’era un disprezzo diffuso e assoluto per le ragazze che cedevano alla ‘Situazione’, spesso le famiglie non volevano più saperne di loro.

    E’ il 1941. Un uomo viene trovato ucciso con un colpo di pistola in testa in quella che si pensa sia casa sua, finché la donna che gli affitta l’appartamento non lo riconosce come il suo inquilino. Il proiettile rivela che la pistola usata è americana e c’è una svastica disegnata col sangue sulla fronte dell’uomo assassinato. Chi è quest’uomo? E dove è finito Felix Lunden, il commesso viaggiatore che abitava veramente in quella casa?
    Flòvent, un agente della polizia islandese, e Thorson, un giovane canadese di origini islandesi e perfettamente bilingue, conducono le indagini in questo romanzo in cui il filone ‘giallo’- come in molti altri libri di Arnaldur Indriðason- non ha la rilevanza di altri temi che vengono alla superficie. Chi ha già letto romanzi di Indriðason coglierà presto la differenza tra chi viene chiamato con un patronimico e chi invece con un cognome: Felix Lunden è uno di questi ultimi, la sua famiglia è tedesca e ha sempre nutrito simpatie per i nazisti. I quali, peraltro, svolgevano delle ricerche ‘razziali e genetiche’ sugli islandesi, pensando che fossero l’archetipo più puro della razza ariana. Non solo. Facevano anche ricerche sull’ereditarietà genetica della tendenza a delinquere. E vengono fuori storie tristissime di disagi famigliari, emarginazione e discriminazione, un caso dimenticato della morte di un ragazzo. In tutto questo Thorson si trova in una posizione delicata in cui la sua lealtà è divisa tra il nuovo paese in cui la sua famiglia è approdata costruendosi una nuova vita e il paese dei suoi avi dove lui avverte che, in qualche maniera, le sue radici affondano ancora.
E soffre, Thorson. Soffre perché sa perfettamente quanto poco e quanto male vengano considerati gli islandesi dagli americani che vorrebbero sottrarre il caso alla polizia locale giudicandola incapace (solo per quello, veramente?), soffre perché avverte una discriminazione simile a quella operata dai nazisti nemici, soffre quando vede cambiare atteggiamento nell’interlocutore che aveva pensato lui fosse islandese sentendolo esprimersi così bene nella lingua locale- il colore di una divisa vale di più dell’uomo che la riveste?
   Ancora una volta (anche se il protagonista non è il nostro amato Erlendur, l’uomo ossessionato dalle persone scomparse) Arnaldur Indriðason non ci delude. Un altro ‘giallo’ bello e intelligente per l’estate.


per contattarmi: picconem@yahoo.com


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