Voci da mondi diversi. Gran Bretagna e Irlanda
premio Nobel 2007
il libro ritrovato
In Italia sono stati pubblicati
quasi contemporaneamente da case editrici diverse due romanzi della scrittrice
inglese Doris Lessing, “Mara e Dann” che è del 1999 ( Fanucci, pagine 518, Euro 18,00) e “Le
nonne” ( Feltrinelli, pagine 250, Euro 15,00) che è invece del 2003. Due libri
di genere differente che mostrano ancora una volta come questa straordinaria
scrittrice ottantacinquenne sappia ambientare le sue storie in luoghi e tempi
diversi, creare personaggi di ogni età, dare voce con la stessa naturalezza a
donne e uomini e bambini. Sono infatti due bambini di sette e quattro anni,
Mara e Dann, i protagonisti
del romanzo che porta i loro nomi nel titolo. Anche
se comprendiamo subito, nell’ingiunzione di una voce sconosciuta di dimenticare
come si chiamino in realtà, che questi non sono i loro veri nomi, cancellati
dalla paura. E’ un libro di avventura, “Mara e Dann”, storia di una formazione
che si colloca in un luogo, Ifrik, che è l’odierna Africa, e in un tempo futuro
in cui la nostra civiltà è già scomparsa da migliaia di anni, c’è stato un
cambiamento climatico che ha provocato una glaciazione al Nord e una tremenda
siccità al Sud. E Mara e Dann affrontano le prove più tremende in un lungo
viaggio verso il Nord in cui la loro sopravvivenza è affidata all’adattarsi a
tutte le situazioni, a far tesoro del cibo e dell’acqua che trovano, a imparare
dall’esperienza. E se Dann rischia di perdersi in questa crudele lotta per la
vita, c’è sempre la sorella che lo salva; e, se gli uomini sembrano pensare
solo a se stessi, c’è sempre l’amore generoso che lega Mara a Dann sul filo
dell’incesto, combattuto, evitato- ma in quante civiltà era considerato
normale?“Le nonne” è una raccolta di tre storie lunghe, di cui la prima è quella del titolo: due donne le cui vite sono intrecciate fin dall’infanzia da un forte legame di amicizia e, quando restano sole, sembrano stringersi ancora di più l’una all’altra. Tanto che appare naturale che ognuna di loro diventi l’amante del figlio sedicenne dell’altra, assumendo un ruolo di insegnante di amore e di sesso. Nella seconda storia una ragazza di colore ha una bambina da un giovane bianco inglese che è cresciuto in una famiglia benestante e illuminata di sinistra e, quando ha bisogno di aiuto economico, il comportamento “politically correct” della famiglia Staveney finirà per allontanarla dalla figlia. E’ invece un ragazzo, il protagonista della terza vicenda, un’altra storia di formazione con un viaggio su una nave di soldati nel mare in tempesta che si calma poi quando, dopo la sosta a Cape Town, la nave entra nell’Oceano Indiano. Ma nella sosta a Cape Town una tempesta di passione travolge il giovane James che si innamora di una donna: vivrà per sempre ricordandola, dando per certo che il figlio che lei ha avuto sia il suo, cercando di incontrarla di nuovo, di conoscere almeno suo figlio anche se ormai James si è sposato e ha avuto una figlia. Stilos ha incontrato a Mantova Doris Lessing, una donna che il tempo sembra non avere toccato, con la scriminatura tra i capelli solo un poco più bianchi sopra il bel viso fiero, una figura fuori dal tempo che suscita ammirazione e rispetto.
Nei suoi romanzi lei parla spesso di persone anziane, dell’essere donne
e anziane e attive. Quali sono i vantaggi della terza età?
Nessuno. L’età è una
questione di aspettative degli altri nei nostri confronti. Per esempio, nel
1986, ho incontrato in Pakistan delle donne giovani che potevano essere mie
figlie e che sembravano delle nonne, adesso da noi ci si aspetta che non
sembriamo mai vecchi. Ho visto delle persone che decidono di diventare vecchi. Quando si dice “basta”, quello è il
momento in cui si diventa vecchi- è una questione di volontà, se vuoi diventare
vecchio, lo diventi.
Ho vissuto in Inghilterra
più a lungo che in Africa e devo dire che l’Africa della mia infanzia è
scomparsa. Sono scomparsi gli uccelli e gli animali liberi; tutto quello che
ricordo, adesso non c’è più: gli animali sono rinchiusi nelle riserve di
caccia. Quando torno laggiù, scopro che quello che ricordo se n’è andato.
Ha descritto molti tipi di donne, c’è un tipo di donna di cui vorrebbe
ancora raccontare?
Lo scrittore non sa mai
che cosa vorrà scrivere. Ho scritto un seguito di “Mara e Dann” in cui ci sono
un uomo e una ragazza, ma non lo avevo pianificato: è la prima volta che nello
scrivere è emerso un personaggio non previsto. Non solo è emerso, ma si è
impadronito del libro.
Lei è uno dei pochi autori che parlano di sesso in età avanzata: perché
se ne parla in genere con un tono di sufficienza?
Tendiamo a considerare
con sufficienza qualcuno, siano i mussulmani, o gli animali, o i disabili, per
lo più quelli che non sono come noi- fa parte della natura umana. C’è sempre
qualcuno da condannare. Perché siamo tribali: noi siamo i buoni, gli altri sono
i cattivi. Usiamo la stessa discriminazione verso gli anziani, sono stupidi,
incapaci. Nel mio romanzo “Le nonne” ho riflesso quella che è la mia esperienza:
sono i giovani uomini che fanno approcci alle donne anziane. All’origine del
romanzo c’è una storia vera. Eppure ho ricevuto delle recensioni in cui si
parlava di “vecchie signore con intenti predatori” e di “donne che mettono fine
ad un rapporto”, insomma un quadro di donne predatrici e spietate. La storia mi
è stata raccontata da un giovane, forse aveva un po’ bevuto, ma provava invidia
verso i ragazzi che accostavano donne più grandi. La storia che mi ha
raccontato sembrava una storia di dieci anni di beatitudine perfetta. Io sono
cinica e non credo alla beatitudine perfetta e l’ho modificata. In America, un
paese moralista, hanno anche parlato di incesto, ma non c’è la minima traccia
di incesto nel mio romanzo.
In “Mara e Dann” leggiamo una storia di coraggio estremo dei bambini.
“Mara e Dann” è la
classica storia di avventure in cui ci sono dei bambini minacciati da qualche
situazione tremenda, se ne tirano fuori con furbizia e coraggio, hanno amici e
nemici e ci deve essere una fine felice. Guardiamo a che orrori sopravvivono i
bambini, in Irak, in Iran, in Cecenia. I bambini sono coraggiosi quando devono
esserlo. E lo stesso si può dire di tutto il genere umano: tutti noi, se siamo
obbligati, ci comportiamo in maniera coraggiosa. Il genere umano è partorito
dalla crisi e dalla catastrofe: come potremmo non essere coraggiosi? Venendo
qui, a Mantova, c’è stato un problema
con l’aereo su cui viaggiavo. Il pilota ci ha avvertito che c’era odore di fumo
e che dovevamo atterrare. Tutti sanno che odore di fumo vuol dire incendio,
eppure tutti erano calmi in una sorta di noia filosofica, pensando, “ci
risiamo”.
Mara è molto seria, non
c’è niente di leggero in lei, e Dann è molto danneggiato. Più in generale,
questo è il problema della gioventù europea. I giovani di oggi sono diversi,
non hanno mai avuto paura, è da tanto che non c’è una guerra, ma la pace non è
mai durata tanto a lungo. Non si possono proteggere i bambini, e come potremmo
proteggerli? Sentiamo l’esigenza di proteggere i bambini, ma la mia teoria è
che l’infanzia è sempre così traumatizzante che vogliamo dimenticarla. Credo
che la vita che facciamo fare ai bambini sia una maratona della sopravvivenza,
dopo tutto siamo stati selvaggi un tempo- soltanto un tempo?
Un suo romanzo è intitolato “La brava terrorista”. Che cosa pensa dei
terroristi e del terrorismo di oggi?
Come è cambiato il suo approccio nei confronti della scrittura?
Mi piace moltissimo
scrivere, ancora adesso. Godo a raccontare una storia, mi dà sempre più piacere
guardare una storia che si dipana. Sono cambiate molte cose dal “Taccuino
d’oro”, è cambiato che non hai più la stessa energia e il mio consiglio è:
usatela finché l’avete, perché non dura.
l'intervista è stata pubblicata sulla rivista Stilos
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