Casa Nostra. Qui Italia
cento sfumature di giallo
il libro ritrovato
Antonio Steffenoni, “Meglio andare lontano”
Ed. Carte Scoperte, pagg. 341,
Euro 18,50
Quando lo abbiamo lasciato, nel romanzo
precedente “Vietato giocare con la palla”, Ernesto Campos, il nuovo commissario
sulla scena del giallo italiano creato da Antonio Steffenoni, stava tornando
dalla Svizzera a Milano. E, nel caso che qualcuno non lo abbia letto, non
voglio dirvi il perché di quel breve viaggio oltrefrontiera (ma affrettatevi a
recuperare quest’ottimo libro, ve lo consiglio). Ora, nel secondo della serie,
“Meglio andare via”, Ernesto Campos è stato momentaneamente sospeso
dall’incarico e pensa di dedicarsi a sistemare sugli scaffali in ordine
alfabetico- finalmente- i suoi quattromiladuecentonovantatre libri ancora
chiusi negli scatoloni. Quando riceve una telefonata di Fabrizio, che non si fa
vivo da trent’anni. Lo chiama da Cuba: perché Ernesto non lo raggiunge? Ora che
il lìder maximo è gravemente ammalato le cose stanno cambiando a Cuba. C’è la
possibilità che Ernesto riesca a tornare in possesso di una parte delle
proprietà che suo nonno aveva sull’isola ai tempi di Batista. Fabrizio lo
aiuterà con le pratiche, che Ernesto porti i documenti.
Questa è la molla che fa scattare la
trama di “Meglio andare lontano”: tutto sommato è proprio il momento giusto in
cui è meglio andare lontano per Ernesto, fonte di imbarazzo per amici e
colleghi dopo quella puntata in Svizzera. Così come era stato meglio andare
lontano per Fabrizio dopo gli eventi lontani di una notte in cui un ragazzo era
stato ucciso a sprangate, il presunto mandante di quella spedizione era stato
picchiato e la ragazza che era con lui era stata conciata in maniera che
sarebbe stata per sempre su una sedia a rotelle. Quale era stato il ruolo di
Ernesto e di Fabrizio in tutto questo? Le ultime parole di Fabrizio ad Ernesto
erano state: “Me ne devo andare in fretta”. Quindi il silenzio, fino ad ora. Ed
Ernesto parte per Cuba- un viaggio che ha molteplici scopi, e non di tutti
Ernesto è a conoscenza.
Antonio Steffenoni non commette l’errore
di ambientare il suo romanzo in un paese lontano, in un’isola dal regime
discusso, in un paesaggio da cartolina, con la pretesa di parlarne come se
fosse il luogo in cui ha sempre vissuto. Ernesto Campos arriva a L’Avana e si
guarda intorno con i nostri occhi di turisti curiosi. Osserva, si meraviglia,
ammira, fa domande, vaglia le risposte, vede la bellezza fatiscente di una
città che sta morendo in un paese che sta morendo, descrive lo squallore e la
povertà ma anche i successi del regime castrista- pur non commensurabili con il
metro di giudizio del capitalismo.
Ernesto entra nei bar indicati dalle guide
turistiche, quelli resi famosi da Hemingway o da Errol Flynn, visita i
grandiosi alberghi costruiti all’epoca di Batista, ma frequenta anche- grazie a
Fabrizio che gli fa da guida- altri locali noti alla gente del posto, incontra
due scrittori- Reynaldo Flores, che è stato inviso al regime per la durata
degli anni della presenza russa a Cuba, e Leonardo Padura Fuentes, il padre
letterario di Mario Conde, il detective protagonista dei libri molto amati
dalla donna di Ernesto.
Leonardo Padura Fuentes |
L’ambientazione a L’Avana è uno dei
grandi piaceri che offre la lettura di “Meglio andare lontano”. Ce ne sono
altri, in questo romanzo che corre sul filo della malinconia di chi si gira a
guardare il passato, ma che ha un filone giallo perché ci sono pure quattro
morti collegati con il passaggio di dollari da una mano all’altra per far
avanzare la pratica dell’eredità di Ernesto e per il rilascio del passaporto di
Fabrizio. Già, perché Fabrizio ha bisogno del passaporto? E’ un personaggio
ambiguo, Fabrizio. Ora come in passato. Fabrizio appare e scompare, senza dire
dove va e perché. Fabrizio è un incantatore. Sa giocare con le parole, sa
ricreare un’atmosfera- come quando chiama Ernesto ‘vecchio torero’ e loro due
ricordano la sera di un gioco con la giacca agitata come una muleta davanti a
un’auto-, sa essere generoso (la giovane Maryani di cui Ernesto si innamora
dice che Fabrizio ha sempre aiutato sua madre e lei). Eppure la sua reticenza a
chiarire i fatti, sia del presente, sul perché abbia fatto venire Ernesto a
Cuba, sia del passato, quelli che hanno ridotto la sua ragazza all’immobilità,
ci disturba.
Alla fin fine l’enigma da risolvere è più
complesso di quello offerto dai delitti, insoliti per Cuba. Perché il viaggio a
Cuba diventa un pretesto per riflettere sull’amicizia e sul tradimento,
sull’amore e sulla paternità, sui cambiamenti che la vita impone e sulla
necessità di cambiare- in meglio si spera-, sull’utopia giovanile di costruire
un mondo nuovo e sulla delusione per il fallimento di un sogno. Il finale del
libro non è una conclusione, come non lo era nel romanzo precedente. Ernesto
Campos ci lascia in sospeso, ma, dopotutto, c’è una soluzione per i veri
enigmi?
la recensione è stata pubblicata su www.stradanove.net
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