Casa Nostra. Qui Italia
autobiografia
il libro dimenticato
Ada Murolo, “Il mare di Palizzi”
Ed. Frassinelli, pagg. 298, Euro
17,50 2012
“Che cosa siamo noi, se non
una memoria?”, chiede Adela in una lettera al fratello Daddo ne “Il mare di
Palizzi”, primo romanzo di Ada Murolo. E’ una domanda che ci facciamo tutti,
avanzando nella vita, quando raggiungiamo il momento che il percorso già fatto
è di molto più lungo di quello che ci attende, quando non saremmo niente, non
saremmo noi stessi, senza la memoria di quello che siamo stati e che abbiamo
fatto.
E’ il 1991. Adela, che perfino nel nome
assomiglia alla scrittrice, ritorna in Calabria, a Palizzi sul mar Jonio, dove
c’era la casa del nonno, dove lei e il fratello e le sorelle sono cresciuti
negli anni ‘50 del secolo scorso. Da anni abita al nord, a Trieste, e ritorna
per vedere sua madre e il fratello che pure lavora al nord ma che non vede da
anni. Ritorna con sua figlia Nina e i ricordi che si affollano nella sua mente
vorrebbero essere condivisi con lei e con il fratello Daddo che, però, è
sfuggente e sembra erigere una barriera tra sé e la sorella. E questo addolora
Adela, che non capisce, perché da bambini erano inseparabili.
Corre sul filo della nostalgia, il racconto
di Adela che ripercorre il passato nella grande casa del nonno materno, un
padre possessivo che aveva imposto all’aspirante marito della figlia Lili di
abitare nella sua stessa casa, di rinunciare alle sue ambizioni di una carriera
come avvocato e lavorare per lui, come sottoposto, nella sua impresa. Il padre
di Adela era così innamorato che aveva acconsentito, tollerando e soffrendo
accanto al vecchio prepotente. Il quale, peraltro, una volta si era lasciato
sorprendere abbracciato ad una servetta che era stata subito licenziata. C’è
una storia di famiglia del Sud ne “Il mare di Palizzi”, con zii e zie, nonni
materni e paterni, fratelli, sorelle e cugini. Una famiglia privilegiata che ha
domestici e terrazze piene di sole, e giardino e terre, dove le donne si fanno
fare gli abiti dalla sarta- anche la piccola Adela che viene guardata dalle
altre bambine con un misto di ammirazione e invidia, un poco isolata perché
‘diversa’ anche se lei non vorrebbe esserlo. Una famiglia che ha le sue
tradizioni che sono diventate abitudini che hanno sapore di leggenda, i riti
domenicali, le vacanze in campagna. Ed è anche un pezzo di storia sociale
d’Italia in quegli anni. Adela ricorda il tipo di gelato che era una leccornia
a quei tempi- quello chiuso tra due biscotti- il giornalino “Il monello”, e
poi, quando arrivavano in visita gli zii d’America, quali tesori uscivano dai
loro bauli! Altro che le banali colazioni di latte e frisce! Arrivavano loro
con i corn-flakes, che bontà! E poi scarpe e abiti e calze- tutte cose mai
viste a Palizzi.
E poi, nell’arco della settimana
che Adela passa a Palizzi con la figlia, l’onda dei ricordi si frange sempre
con l’impossibilità di comunicare con il fratello, di condividere con lui
quelli che sono i ricordi più dolorosi- la morte del padre, la perdita, una
dopo l’altra, delle case della loro infanzia. Adela aveva amato molto suo
padre. Lui era il calore e l’affetto e la sicurezza, mentre la madre era
scostante, prediligeva di certo suo fratello. Adela indugia soprattutto sul
passato più lontano, sorvola le nozze quando lei era giovanissima e non si era
neppure accorta che il padre forse stava già male, non dice assolutamente nulla
di quello che deve essere stato un matrimonio infelice. E’ come se non le
interessasse quella parte della sua vita, come se fosse stata un inciampo che
non le aveva impedito di andare avanti. Forte della memoria di quello che aveva
alle spalle. Forte del ricordo del mare di Palizzi.
Un libro poetico, un poco sognante, un poco
dolente, con una Calabria inedita e sorprendente.
Nessun commento:
Posta un commento