Casa Nostra. Qui Italia
romanzo 'romanzo'
il libro ritrovato
Simonetta
Agnello Hornby, “Boccamurata”
Ed. Feltrinelli, pagg. 270, Euro
15,00
Tito non aveva sonno. Mariola si era
riaddormentata subito, ma era irrequieta; il suo respiro regolare, intercalato
da leggeri sospiri, anziché irritarlo lo confortava: non era solo. Ora Tito
pensava a se stesso. Che ruolo aveva avuto lui, nell’amore tra suo padre e sua
madre? Si chiedeva. Era stanco di tormentare la memoria dolorante. Ma doveva,
bisognava.
Che espressione vivida, “boccamurata
sono!”, per indicare una promessa di silenzio invincibile, a difendere un
segreto che tale deve restare. Per il bene di tutti, anche se a volte il bene
di uno può sembrare il male dell’altro. E’ la storia di un segreto il nuovo
romanzo di Simonetta Agnello Hornby, “Boccamurata”, in cui il personaggio
principale è un uomo, a differenza dei due romanzi precedenti, “La mennulara” e
“La zia marchesa”, di cui questo si presenta come il conclusivo di un’ideale
trilogia siciliana. Ma è veramente Tito il protagonista?
Certamente lo è all’inizio, nel capitolo
intitolato “Il compleanno di un pater familias soddisfatto” (e apprezziamo
l’uso, che sembra essersi perso per lo più, di dare ad ogni capitolo un titolo
che lo scolpisce, anticipandone il soggetto): un uomo sulla sessantina,
circondato dalla moglie, dalle due figlie e dal figlio, dai generi, dalla nuora
e dai cinque nipotini, padrone di un pastificio la cui conduzione è ora
affidata al figlio, residente in una villa con giardino, proprietà avita della
famiglia. C’è anche una zia, a cui Tito è devoto, una donna anziana ma
dall’intelletto ancora acuto e vivace con la quale Tito si consulta
giornalmente per gli affari del pastificio, o anche per confidarle i problemi
famigliari. E la zia Rachele acquista lentamente una posizione di rilievo
all’interno del romanzo, fino a diventare lei stessa la protagonista. Lei e la
storia che nasconde, rivelata dalla penna abile della Agnello Hornby in
flashback con le parole delle lettere che Rachele aveva scritto all’amica del
collegio e che molto opportunamente il
figlio di questa restituisce a Tito, approfittando di un viaggio in Sicilia,
ampliando poi questi ricordi di carta con altre scene che sembrano passare
nella mente di Rachele stessa. E Rachele si aggiunge alle altre due donne
straordinarie dei romanzi precedenti, donne ardite e passionali, intelligenti e
sensibili. Che sanno amare. Indimenticabili.
Perché l’amore è uno dei due leit motiv del romanzo, amore coniugale con
diverse facce (bello l’affetto pacato, riscoperto come amore, tra Tito e la
moglie, burrascoso quello di una delle figlie, opaco quello dell’altra, “sappi
che l’amai immensamente”- aveva detto il padre a Tito, riferendosi alla madre
di questi), amore fraterno e incestuoso, amore omosessuale con apertura
all’altro sesso, desiderio fisico del corpo. E il personaggio della badante
rumena concupita da Tito introduce bene l’altro filo conduttore, quello dei
rapporti genitori-figli (Dana ha lasciato il figlio bambino in Romania per
venire a lavorare in Italia; gelosie serpeggiano tra i tre figli di Tito) e di
che cosa voglia dire crescere senza uno dei genitori, non conoscendone
l’identità: chi era la madre di Tito? Chi era il padre del visitatore, il
figlio dell’amica di zia Rachele? Sarà questo il segreto finalmente svelato.
Sullo sfondo una Sicilia moderna della
ricca e colta alta borghesia illuminata, profumo di zagare e niente mafia,
pochissimo dialetto e, al suo posto, suggestioni di altri paesi da personaggi
che hanno viaggiato e conoscono altri mondi. E tuttavia ci sembra meno
incisivo, questo terzo romanzo della pur brava Agnello Hornby, un poco
dispersivo con i molti personaggi la cui presenza pare a volte forzata.
Certamente migliore la seconda parte, densa e sofferta.
la recensione è stata pubblicata su www.wuz.it
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