Voci da mondi diversi. Russia
racconti
il libro ritrovato
Ljudmila Ulickaja, “Le bugie delle donne”
Ed. Frassinelli, trad. Mirco
Gallenzi, pagg. 176, Euro 16,00
“Ma
che medaglia, Ženia? E’ solo un nome. Un titolo onorifico è. Lei era piccola,
le hanno fatto una testa grossa così: la medaglia, la medaglia! E’ lei che te
lo ha raccontato? Che razza di chiacchierona!...”
Il motivo per cui molti lettori non amano il genere del
racconto è proprio la sua brevità, l’impressione che la storia si interrompa
all’improvviso, quando la conoscenza dei personaggi è appena iniziata e si
vorrebbe sapere di più di loro. In questo si differenzia la serie di sei
racconti della scrittrice russa Ljudmila Ulickaja: c’è un personaggio
principale, Ženja, che ritorna in ogni storia, e ci rendiamo conto che il tempo
è passato da accenni casuali, all’età dei suoi figli, ai suoi studi, ad un
cambio di lavoro, alla sua vita privata e ai suoi sentimenti. Un personaggio
principale che, tuttavia, ha il ruolo marginale di ascoltatrice in cinque delle
sei novelle, come uno specchio che riflette l’immagine di altre persone, quelle
che raccontano le loro storie. Perché questo è il filo conduttore del libro: le
storie raccontate dalle donne, “storie” come vicende e “storie” come “bugie”.
Ma le bugie delle donne hanno una qualità di invenzione che le rende diverse da
quelle degli uomini. Sono pragmatiche, le bugie degli uomini; quelle delle
donne sono più inventive, mostrano più capacità creativa, più talento. Le donne
finiscono per credere nelle loro bugie, fino a trasformarle in realtà. Le donne
non mentono, perché non sanno di mentire. E così Ženja piange quando sente la
donna con i capelli rossi raccontare di come abbia perso quattro figli-
strazianti i dettagli, accuratissimi i particolari sui bambini. Finché una
persona rivela a Ženja che non è vero, che l’unico figlio che la donna ha avuto
è quello che lei diceva essere il quinto. Le donne inventano una realtà
alternativa a qualunque età: nella seconda storia è una bambina che propone dei
giochi dicendo che sono idea di suo fratello maggiore. Come non crederle quando
parla così tanto di lui? Persino quando dice della volta che hanno visto un UFO
e mostra il terreno bruciato su cui si è posato è perfettamente credibile.
E’
impossibile non ammirare la vivacità intellettuale della bambina, e poco
importa se poi questa brillantezza si rivela anche in storie fantastiche. Un’altra
ragazzina sceglie Ženja come confidente per una rovente storia d’amore: peccato
che sappia molto di pedofilia perché lei ha tredici anni e l’uomo ne ha
quaranta; mentre è anziana la professoressa che recita versi non suoi ad una studentessa
ignorante, facendosi credere una grande poetessa. Passa il tempo, i figli di Ženja
crescono, lei ha un secondo marito, si
innamora di un regista, e poi siamo agli inizi degli anni ‘90, a Mosca- Ženja scrive
sceneggiature per la televisione e le offrono di fare un servizio sulla
prostituzione russa all’estero. Ancora una volta è un’esperienza fantastica
ascoltare con la sempre rinnovata credulità di Ženja storie di vite su cui ci
si impietosisce, prima di rendersi conto che è strano che siano tutte simili.
Bellissimo il racconto conclusivo, più lungo degli altri, che corona tutte le storie, un po’ come “I morti” nei “Racconti di Dublino” di Joyce. Qui è Ženja (che ormai dirige una casa editrice) al centro di tutta la vicenda, Zenja con la sua vitalità eccezionale a cui succede qualcosa di drammatico, Ženja che è incapace di mentire e che è chiamata ad affrontare una prova durissima, Ženja che finalmente è oggetto delle cure degli altri, invece che essere lei ad occuparsi di tutto. E’ la bravura della Ulickaja che rende questo libro così coinvolgente per quel misto di commedia e tragedia, per l’umanità dei personaggi, per l’ironia sottile che lo pervade, per l’arte di dire tanto in sordina, quasi con noncuranza.
la recensione è stata pubblicata su www.wuz.it
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