vento del Nord
cento sfumature di giallo
il libro ritrovato
Maj Sjöwall e Per Wahlöö, “Un assassino di
troppo”
Ed.
Sellerio, trad. Renato Zatti, pagg. 377, Euro 12,00
Abbiamo già dato il benvenuto, lo scorso anno, al nuovo
personaggio comparso sulla scena della letteratura poliziesca, il commissario
capo della squadra omicidi di Stoccolma Martin Beck, creato dalla coppia
(coppia nella scrittura e nella vita, perché marito e moglie) di giornalisti e
scrittori svedesi Maj Sjöwall e Per Wahlöö. “Un assassino di troppo”,
pubblicato ora dalla Sellerio, è stato scritto nel 1974 ed è ambientato in
Scania, la zona meridionale della Svezia in cui opera il commissario Wallander
di Mankell, nel 1973. La data è importante perché nel romanzo ricompare un
personaggio condannato per assassinio nove anni prima nel precedente
“Roseanna”, ed offre anche uno spunto per riflessioni sui cambiamenti della
società, all’inizio di un decennio per molti versi rivoluzionario.
La vicenda incomincia con una donna che
aspetta l’autobus sul ciglio della strada, un’auto accosta offrendole un passaggio: la donna
sale, conosce il conducente, si fida. E fa male. Viene data per dispersa finché
il cadavere non verrà trovato. Poco dopo, in uno scontro a fuoco, due
poliziotti vengono feriti, un terzo muore e muore pure uno dei due ladri che l’auto
della polizia stava inseguendo.
Questi i due filoni della trama che, in qualche
modo, si collegano e che, tutto sommato, non sono molto originali. Ma, come in
“Roseanna”, la piacevolezza della narrazione sta nel suo ritmo lento, di quella
lentezza che vuol dire ponderatezza ed equilibrio, senza sconcertanti colpi di
scena o azioni cruente, che dà il tempo alla riflessione, allo sguardo sul
paesaggio, allo scambio di battute che rivelano l’interiorità dei personaggi e
il loro vissuto. Accanto al posato e non più giovane Martin Beck che, separato
da anni dalla moglie, pensa di essere nuovamente innamorato, c’è il collega
Kollenberg che non ha ancora perdonato a se stesso di aver ucciso, per errore,
un collega in passato. Anche il giornalista Boman ha commesso un omicidio, in
passato. Era ubriaco, c’era stata una rissa. Il senso della colpa e della linea
sottile che separa chi ha licenza di uccidere e chi uccide e sconta la pena in
prigione portandone il marchio per tutta la vita è uno dei fili conduttori del
romanzo, anche perché l’uomo sospettato di aver assassinato la donna che
aspettava l’autobus è quel Folke Bengtsson che aveva già ucciso Roseanna ed era
tornato in libertà. In realtà non c’è nessuna prova contro di lui, c’è solo il
suo comportamento solitario, il suo disprezzo verso le donne e soprattutto il
pregiudizio e la necessità per la polizia di trovare un colpevole.
E’ la polizia
che è sotto accusa, il vero colpevole in “Un assassino di troppo”. Da quando la
polizia è stata statalizzata sono aumentati i crimini in Svezia e i poliziotti
“buoni”- Beck, Kollenberg, il gioviale Nöjd- pensano che l’aumento della
violenza sia una risposta alla violenza esercitata da una polizia reazionaria,
troppo pronta ad usare le armi contro i sospetti criminali. La Svezia di Sjöwall e Wahlöö
non è quell’algido paradiso nordico che siamo soliti immaginare- poliziotti
idioti, gioventù sbandata perché non trova lavoro, sistema sanitario
inefficiente- ed è con lieve tristezza che alla fine salutiamo il dimissionario
Kollenberg, uno dei migliori che si arrende.
la recensione è stata pubblicata su www.stradanove.net
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