Voci da mondi diversi. Gran Bretagna e Irlanda
il libro ritrovato
Jonathan Coe, “La pioggia prima che cada”
Ed. Feltrinelli, trad. Delfina
Vezzoli, pagg. 222, Euro 16,00
Non poteva esserci nome più appropriato di
Imogen, che nell’etimologia nordica significa “fanciulla”, per l’elusivo
personaggio centrale del nuovo romanzo di Jonathan Coe, “La pioggia prima che
cada”. Figura evanescente e virginale a cui sono indirizzati i ricordi di
Rosamond, Imogen è l’assenza più presente nelle pagine del libro- la vediamo
sempre con gli occhi di Gill che l’ha incontrata una sola volta, ventitre anni
prima, alla festa del cinquantesimo compleanno di zia Rosamond: una bimba
biondissima e dolce, con tre dentini da latte mancanti. Le aveva detto che non
viveva con la sua mamma ma con un’altra famiglia. Rosamond aveva bisbigliato a
Gill, affidandogliela, che era cieca. Alla sua morte Rosamond lascia i suoi
averi in eredità ai nipoti e a Imogen, che deve essere rintracciata. Chi è
Imogen? Lo scopriamo ascoltando i nastri incisi da Rosamond, in cui l’anziana
zia puntualizza il racconto chiedendo l’attenzione di Imogen su venti vecchie
fotografie, pronunciando il suo nome quasi con una carezza. “Tutto ciò che ha
portato a te era sbagliato. Pertanto non avresti dovuto nascere. Ma tutto in te
è giusto: quindi dovevi nascere. Eri
inevitabile.”
La storia di tre generazioni di donne che
Jonathan Coe racconta con la voce di Rosamond inizia dai giorni della seconda
guerra mondiale, quando i bambini londinesi vennero evacuati per evitare loro i
pericoli dei bombardamenti.
Un salto nel passato che non è nuovo per lo
scrittore inglese, quello che è nuovo invece è la scelta di una anziana
protagonista femminile come narratrice e il tono stesso della sua voce: c’è un
distacco, una pacatezza, una sorta di calma nostalgia originata dalla
consapevolezza che il tempo concesso per la vita è scaduto, che sono ben
lontani dalla sferzante ironia de “La famiglia Winshaw” (pubblicato nel 1994) o
dalla commedia grottesca de “La casa del sonno” (1997). “La pioggia prima che
cada” è un romanzo più intimista, quasi che Coe abbia voluto tirare il respiro,
o si sia stancato di appuntare i suoi strali sui primi ministri inglesi o di
osservare dove ci stia conducendo la politica dei nostri governi.
L’espediente narrativo di raccontare il
passato guardando venti fotografie è eccellente per fare una selezione e
imporre un certo qual ordine- dalla prima foto del 1938, poco prima che
Rosamond venisse mandata a stare dagli zii in campagna e iniziasse l’amicizia
di tutta una vita con la cugina Beatrix, all’ultima, scattata alla festa per i
suoi cinquant’anni, in cui appare anche Imogen. In questa maniera è anche
facile introdurre gli altri personaggi, vengono eliminate le comparse e restano
solo i protagonisti- Rebecca, il grande amore nella vita di Rosamond, e poi la
figlia di Beatrix, bambina poco amata dalla madre che diventerà a sua volta
madre anafettiva di Imogen, e l’ultima compagna di Rosamond, la pittrice che ha
fatto il ritratto di Imogen. C’è qualcos’altro che appare nelle fotografie,
essenziale per costruire l’immagine di un mondo- il paesaggio sullo sfondo (e
basta un niente per far riaffiorare colori e profumi) e gli abiti indossati (un
dettaglio che parla della personalità di chi lo ha scelto e mette una data
all’anno in cui la foto è stata scattata).
Con grande sensibilità e delicatezza
Jonathan Coe affronta temi come l’amore lesbico, il desiderio di un figlio da
parte di chi, per diverse inclinazioni sessuali, non ne avrà mai e
l’indifferenza verso un figlio da parte di un genitore che è tale solo biologicamente.
Per lasciare affiorare infine la domanda che tutti ci poniamo davanti ad una
vita che si conclude: c’è un disegno in quanto accade? O è tutto un “mosaico,
fatto di…coincidenze?” La risposta è nel titolo del romanzo: no, non esiste un
disegno- è come “la pioggia prima che cada”, che semplicemente non c’è.
la recensione e l'intervista che segue sono state pubblicate su www.stradanove.net
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