Voci da mondi diversi. Area germanica
premio Nobel
riletture
Thomas Mann, “I Buddenbrook”
Ed. Mondadori,
trad. Silvia Bortoli, pagg.716, Euro 8,63
Thomas Mann, premio Nobel 1929. Un
critico lo ha definito ‘l’ultimo dei
classici’. Non sono certa che lo scrittore tedesco sia veramente ‘l’ultimo
dei classici’- ci sarebbe da discutere su che cosa questa definizione voglia
dire. Penso, invece, che il premio che gli è stato conferito sia uno dei più
meritati e, avendo appena finito di rileggere “I Buddenbrook”, mi sento colma
di ammirazione, di stupore e di inadeguatezza: Thomas Mann aveva ventisei
anni quando scrisse “I Buddenbrook”, un romanzo grandioso e splendido che era, allora, e resta, adesso, dopo più di
un secolo, un capolavoro.
La mia vecchia copia del libro reca il
sottotitolo “Decadenza di una famiglia”. Preferisco ‘declino di una famiglia’, che ha un connotato meno negativo, dà
più l’idea della ruota della vita
che gira portando con sé i personaggi dalle vette agli abissi.
E il declino
della famiglia di commercianti Buddenbrook è anche il declino della bellissima casa che il console Johann Buddenbrook,
proprietario dell’omonima ditta, inaugura con festeggiamenti all’inizio del
libro. E’ il 1835, la casa sulla
Mengstrasse, con la sua armonica facciata, gli arredi e le tappezzerie, è il
segno del successo. Passeranno gli anni, muore il console Johann, muore suo
figlio e anni dopo ancora sua moglie. Il loro primogenito Thomas, diventato
senatore, abita in un’altra grande casa e la
dimora di famiglia deve essere venduta- il tempo ha lasciato i segni anche
sull’edificio, sarebbe troppo costoso riparare i danni. Il peggio è che
l’acquirente è l’antagonista di vecchia data dei Buddenbrook, un uomo rozzo che
si insedia al loro posto. Ed è come se
tutto precipitasse, definitivamente, dopo la vendita della casa sulla
Mengstrasse, come se mancasse il perno,
come se il cuore smettesse di battere.
“I
Buddenbrook” è un romanzo corale,
ricco di personaggi di cui alcuni hanno un ruolo centrale anche se tutti, però,
sono altamente caratterizzati. Thomas Mann ha un occhio attentissimo per i
dettagli, sia fisici, sia dell’abbigliamento o dei comportamenti, o del
linguaggio- tutti rivelatori del carattere, tutti intesi a farci ‘vedere’ la persona di cui si sta parlando. Il colorito
pallido e la cura maniacale dell’abito di Thomas
Buddenbrook (diventa lui il capofamiglia, il punto di riferimento, dopo la
morte del padre), il labbro superiore rialzato e la passione di Tony per fiocchi e gale (povera Tony
che deve rinunciare al suo amore giovanile ed è per ben due volte malmaritata),
le continue lamentele di Christian
sulla sua salute (lo scapestrato Christian, la pecora nera, il problema dei
fratelli minori), la voracità della parente povera, gli occhi ravvicinati e i
capelli di un denso rosso scuro di Gerda,
la moglie di Thomas che quasi mai sentiamo parlare, solo suonare il violino, i
riccioli castani, il mal di denti e le belle mani del piccolo Hanno: il tempo passa, cambia la
situazione della famiglia e cambia anche la società intorno a loro, ma questi
dettagli restano immutati, a farci riconoscere i personaggi che vengono travolti dagli eventi a cui non riescono
ad adattarsi. Thomas Buddenbrook, l’uomo dalle grandi e brillanti ambizioni,
non è capace di seguire il passo del tempo, si intristisce, gli sembra di
vivere in un altro mondo, diverso da quello della moglie. E’ il divario tra questi due mondi che Thomas
Mann stesso ha sperimentato (il libro è largamente autobiografico)- da una
parte il commercio, i valori
borghesi, la rispettabilità, il perbenismo, e dall’altra la musica di Gerda dalle ombre azzurrognole sotto gli occhi. Gli
stessi occhi di Hanno che ha ereditato il temperamento artistico e sognatore
della madre, deludendo le aspettative del padre.
I Buddenbrook nella versione cinematografica |
Non credo di poter dire alcunché di nuovo
su un romanzo così famoso. Posso soltanto osservare la mentalità più aperta con
cui lo si legge ora e che ci permette di capire più a fondo le tematiche che
percorrono tutta l’opera dello scrittore- le stretture dell’ambiente sociale,
la pressione delle aspettative famigliari, il
contrasto tra quello che lo scrittore inglese Forster chiamava ‘il mondo dei telegrammi e dell’ira’, e
cioè il mondo della praticità e del lavoro, e quello dell’arte e dello spirito (in Forster era il mondo delle
sorelle Schlegel), la tendenza omosessuale che Mann represse (si sposò ed ebbe
sei figli) e che sfiora questo libro nell’amicizia tra il piccolo Hanno e il
contino Kai, l’uno amante della musica e l’altro della letteratura.
La mia copia è una
vecchia edizione Feltrinelli del 1964, traduzione di Anita Rho, 800 Lire
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