Voci da mondi diversi. Penisola balcanica
il libro ritrovato
Miljenko Jergović,
“Freelander”
Ed.
Zandonai, trad. Ljiljana Avirović, pagg. 187, Euro 15,00
Titolo
originale: Freelander
Rifletteva
su quello che era, quello che aveva dentro, e sulla propria sorte: sul perché
era stato messo da parte per volontà degli studenti, sul perché il vecchio
Ivkov non voleva più neppure rispondere al suo saluto e sul perché il compagno
Šušnjar l’avesse apostrofato in quel modo, dandogli dell’eunuco. Ma rifletteva
pure su un’altra questione, che, in termini di offesa, gli pareva molto più
grave: il compagno Šušnjar sapeva benissimo che lui e Ivanka non avevano figli,
tuttavia, senza un minimo di ritegno o vergogna, ecco, gli aveva dato
dell’eunuco.
Ho letto molti romanzi “on the
road”, ad iniziare da quello di Kerouac che ha dato il nome ad un genere,
ma nessuno come “Freelander” di Miljenko
Jergović.
Perché
questa non è la storia di un viaggio verso il futuro, ma verso il passato. Non è un viaggio di nuove esperienze e nuove
scoperte, o almeno, non lo è in senso eccitante. E’ un viaggio in cui si scopre
che nulla è più come era un tempo,
nulla è riconoscibile. Un viaggio colmo di tensioni, di paure, in cui
passeggiano ombre, fantasmi di una vita
passata, di persone conosciute e di defunti ignoti morti di morte violenta,
di vittime e di carnefici. Infine, se è quasi la norma che i protagonisti di
romanzi “on the road” siano persone giovani, il personaggio principale Karlo
Adum è un professore di storia vedovo e
in pensione che da Zagabria va a Sarajevo per entrare in possesso di
un’eredità..
Niente è casuale nel romanzo, compatto ed essenziale, di Jergović.
Non il fatto che Karlo Adum sia un professore di storia, perché la
Storia travagliata dei paesi della ex Jugoslavia è la vera protagonista del romanzo. E
neppure che Adum sia un cognome serbo che significa ‘eunuco’. Non ha figli, il
professore, è un serbo fuggito da
bambino con la mamma in Croazia (il perché è una delle tante rivelazioni che
affiorano dai ricordi, durante il viaggio), ma c’è anche un’idea di sterilità, connessa ai due paesi che un
tempo erano uno, di mancanza di prospettive di Serbia e Croazia ad entrambe
delle quali Karlo Adum è legato. O che l’automobile del professore sia una vecchia Volvo che finirà i suoi giorni
con lui, a Sarajevo.
Anche
il titolo, “Freelander”, è colmo di
significati. Freelander come il modello del SUV, che è decisamente più
recente della Volvo e che sarebbe stato più adeguato al viaggio, oltre ad
essere simbolo del nuovo a confronto del vecchio. Freelander come uomo senza terra: anche Karlo Adum, che
non ha un senso di appartenenza ad alcun luogo, sospeso tra la Serbia , patria d’origine, e
la Croazia in
cui è vissuto, è un freelander. Freelander,
infine, come il nome in codice del
conto bancario in Svizzera dove lo zio, fratello di suo padre, ha depositato i
soldi. E dietro la lite dei due fratelli
(padre e zio di Karlo) possiamo leggere la guerra tra Serbia e Croazia, così
come possiamo leggere altri significati dietro i ricordi d’infanzia di Karlo a
cui la madre- che concedeva le sue grazie a chi le tornasse comodo tra i
militari dei paesi che avevano occupato la Jugoslavia- faceva
indossare una divisa nera, trasformandolo in un piccolo nazista.
“Freelander” è un libro che offre parecchie scelte di lettura. La prima, la
più ovvia, è quella del viaggio avventuroso
di Karlo da Zagabria a Sarajevo: incontri, emergenze, un paesaggio a tratti
bello e a tratti segnato dalle cicatrici della guerra. I ricordi che lo accompagnano durante il viaggio sono una seconda
lettura, con la storia di una vita, traumatizzata, dislocata. Di un bambino con
un padre folle e una madre anafettiva. Di un adulto con una moglie che è morta
troppo presto. Di un professore che ha subito delle umiliazioni. E infine c’è la lettura storica, perché la storia
del singolo è la storia del paese in cui vive- e nella storia entrano pure la
religione, la cultura, la lingua. Sfaccettature, differenze, variazioni che
sono di per sé una ricchezza enorme quando non scavano un baratro.
La lettura del romanzo di Miljenko Jergović è una di quelle che premiano.
Se l’andamento narrativo richiede un impegno maggiore delle disimpegnate pagine
di un facile bestseller, quello che
resta dentro di noi, quando terminiamo il libro, è un tesoro.
la recensione è stata pubblicata su www.wuz.it
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