Voci da mondi diversi. Svizzera
il libro dimenticato
FRESCO DI LETTURA
Joël
Dicker, “La verità sul caso Harry Quebert”
Ed. Bompiani, trad. V. Vega, pagg.
775, Euro 11,90
L’ho letto soltanto
ora. Ne avevano parlato tanto, quando è stato pubblicato lo scorso anno. Aveva
ricevuto ottime recensioni. Sembrava
fosse un capolavoro. Eppure una qualche mia diffidenza nei confronti dei
capolavori conclamati mi aveva tenuto lontano dalla lettura, a suo tempo.
L’occasione del giorno del libro in versione digitale mi ha spinto
all’acquisto.
La prima pagina del
libro ci trascina immediatamente in media
res. Ad Aurora, una cittadina sulla costa Atlantica degli Stati Uniti, il 30 agosto 1975 una ragazzina è scomparsa.
Si chiamava Nola. Un’anziana signora che viveva ai margini della foresta aveva
telefonato alla polizia dicendo che una ragazza con un abito rosso era entrata
correndo nella foresta inseguita da un uomo e, poco dopo, aveva ritelefonato
per dire che la ragazza era in casa sua. Uno sparo. La vecchia era morta e i resti del corpo di Nola erano stati trovati
nel 2008 dal giardiniere incaricato di piantare delle ortensie in un angolo
del giardino della villa dello scrittore Harry
Quebert. Il quale viene arrestato e
incriminato dell’assassinio di Nola. Le prove: il luogo dove è stata
sepolta Nola e il fatto che accanto alla ragazza ci fosse la sua sacca di pelle
con dentro il manoscritto del romanzo che aveva dato la fama a Harry Quebert.
In prima pagina la dedica a lei, Nola. Parole di addio, “amore mio”.
La vicenda scorre su più piani narravi e almeno tre livelli
temporali- l’estate del 1975 quando
Harry Quebert in crisi di ispirazione arriva ad Aurora e si innamora della quindicenne Nola, il 2002, cioè l’anno dell’incontro
di Marcus Goldman (il narratore/scrittore del caso di Quebert) con il
professor Quebert all’università e il 2008
quando Marcus trentenne, dopo aver raggiunto il picco della fama con il suo primo
romanzo due anni prima, raggiunge l’amico e maestro Harry Quebert ad Aurora. Marcus è quasi un doppio del Quebert di
trentatre anni prima- anche lui ha il blocco
dello scrittore. Il desiderio di trovare il vero colpevole dell’assassinio
di Nola e discolpare così il suo mentore, con l’indagine che ne consegue, gli
offrirà lo spunto per il romanzo che l’editore continua a sollecitare.
Il romanzo ha dei pregi, quelli adatti a farne un best
seller. Seguendo le regole più elementari per catturare l’attenzione del
lettore (che sono poi le regole che Quebert detta a Marcus in una delle
narrative del libro), questi viene letteralmente travolto, inchiodato,
obbligato a girare pagina dopo pagina perché la tensione è fortissima. La trama mescola il genere mystery con l’indagine poliziesca, con
la titillante storia d’amore proibita
tra una Lolita e uno scrittore che ha il doppio dei suoi anni nell’atmosfera
soffocante di una cittadina sonnolenta in cui ci sono poche occasioni per
distrarsi e ancora di meno per conoscere persone nuove. La piccola Nola non è
l’unica ad innamorarsi del bel Harry, non è l’unica ragazza bionda di Aurora,
sorgono rivalità e gelosie. A ben vedere “La verità sul caso Harry Quebert” è la storia di uno scrittore che racconta la
storia di un altro scrittore che a sua volta racconta la sua storia d’amore in
un altro romanzo. La stesura del romanzo di Goldman include stralci del
romanzo di Quebert, lettere, testimonianze, e altro ancora. Da un certo punto
in poi i colpi di scena si
succedono, vertiginosi, è perfino arduo seguirli (anche perché hanno un che di
incredibile).
MA i personaggi mancano di spessore in una trama che ha molto di scontato e quello che potrebbe
non esserlo ci lascia dubbiosi. Se l’attrazione di Humboldt Humboldt per Lolita
nel capolavoro di Nabokov era perfettamente comprensibile, quella di Quebert
per Nola non lo è. Inutile che si cerchi di osannare l’amore, di fare di Nola
la musa che si sacrifica per il grande scrittore. Se non fosse per l’età di
Quebert, si potrebbe parlare di ‘calf love’, ‘l’amore del vitello’ come lo
chiamano gli inglesi. I dialoghi sono penosi, alcuni personaggi (madri e padri)
abbozzati in maniera macchiettistica e il finale del tutto insoddisfacente.
Quello che più mi è piaciuto sono stati gli
inserti delle ‘lezioni’ di scrittura
di Quebert (mi parevano impartiti a Joël
Dicker stesso, quasi che fosse anche lui un doppio di Goldman come Goldman lo è di Quebert) e quelli in cui si pianifica cinicamente il successo
del romanzo, perfino la tempistica della pubblicazione perché non avvenga in
coincidenza con le elezioni presidenziali a cui andrà tutta l’attenzione del
pubblico.
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