Voci da mondi diversi. Francia
guerra dei Balcani
FRESCO DI LETTURA
Jean-Christophe Rufin,
“Check-point”
Ed. e/o, trad. Alberto Bracci Testasecca, pagg. 250, Euro
15,30
Anni
‘90 del secolo scorso. Due camion carichi di casse contenenti viveri e
vestiario partono dalla Francia diretti verso la Bosnia dilaniata dalla guerra. Cinque giovani a bordo, in una missione inviata da una ONG- due
ragazzi che sono chiaramente, dall’aspetto, due ex militari, un altro ragazzo
che si fa delle canne da mattina a sera, un uomo un poco più anziano
dall’aspetto ambiguo (è il meno simpatico del gruppo) e una ragazza ventunenne,
Maud, capelli tagliati cortissimi, grossi occhiali e camicia informe: si vede
che fa di tutto per nascondere la sua femminilità.
Il romanzo “Check-point” di Jean
Christophe Rufin- medico e scrittore, membro dell’Académie Française, fondatore
di Medici senza Frontiere, ambasciatore francese in Senegal- è l’appassionante
storia di un viaggio singolare alla
fine del quale, come sempre avviene, ma qui in un contesto molto attuale e
storicamente vicino a noi, nessuno sarà
più come prima. Due elementi differenziano questo viaggio dai tanti altri
che fanno parte dei romanzi di crescita che abbiamo letto: l’esame delle
motivazioni che portano ognuno dei componenti del gruppo a far parte della
spedizione e, allargando l’obiettivo, sono le modalità e i fini delle
organizzazioni umanitarie ad essere messe sotto esame.
Dalla Francia alla Bosnia il
viaggio è lungo. Dapprima i cinque giovani non si conoscono che
superficialmente, sorgono poi naturali simpatie e antipatie, alcuni
comportamenti ispirano diffidenza- e a ragion veduta, come verrà rivelato ad un
certo punto. Perché non c’è niente di più facile che trasportare altro che abiti e scatolette di cibo, nascosti tra
questi, nelle casse. E poi, ognuno è in buona fede- quale è, dopotutto, la maniera migliore per aiutare la
popolazione che è sotto il fuoco dei serbi? Il gruppo si spacca in due, il
viaggio si fa più che mai avventuroso in
mezzo ad una natura aspra imbiancata dalla neve, un camion insegue l’altro,
si resta con il fiato sospeso come le ruote di uno dei mezzi sopra un dirupo.
Si incontra persino il famigerato Arkan
con le sue Tigri. Si incontra la morte.
Ma anche l’amore- era inevitabile,
anche se la ragazza, Maud, ha scelto questa esperienza per fuggire dalla tipica
condizione femminile. E Maud si troverà a fare, per amore, qualcosa di
impensabile, che mai avrebbe pensato di poter o dover fare.
Il finale può deludere, eppure è perfetto. E’ come una riflessione
sul verso scespiriano per cui la vita è una
storia raccontata da un idiota, piena
di rumore e furia, che non significa nulla. Perché è così- dopo tanto
affannarsi, dopo le sofferenze e le liti e gli insulti e le morti, tutto non è
servito a nulla, è stato tutto inutile. Si è arrivati a capire meglio se
stessi, si è cambiati. Ma a che prezzo.
Il libro scorre veloce in un’alternanza di dialoghi essenziali e descrizioni di un
paesaggio che esalta la drammaticità di quanto sta avvenendo e che percepiamo
accadrà. Senza che sia mai esplicito, il lettore ha la sensazione di seguire la
vicenda attraverso gli occhi di Maud, la più fragile che rivela una forza
improvvisa, che si ritrova nello stesso tempo a compiere i gesti istintivi di una madre e quelli, feroci, di una moglie, che
guarda, sconvolta e inorridita, lo scenario di una strage che alza bruscamente
il sipario di una realtà agghiacciante davanti a cui si evidenziano l’impotenza e l’incapacità di agire
delle nazioni che stanno a guardare.
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