giovedì 26 novembre 2015

Isabel Colegate, “La battuta di caccia” ed. 2015

                                           Voci da mondi diversi. Gran Bretagna e Irlanda
                 FRESCO DI LETTURA


Isabel Colegate, “La battuta di caccia”
Ed. Beat, trad. Marco e Dida Paggi, pagg. 240, Euro 16,00



     “La battuta di caccia”: un’espressione che ci parla di uno stile di vita scomparso, di un mondo che non c’è più. In inglese, poi, “The shooting party”, con l’ambigua parola ‘party’ che può indicare sia semplicemente un gruppo di persone ma anche un gruppo di persone che si radunano per festeggiare qualcosa (in questo caso la carneficina di uccelli esibita come un trofeo), è ancora più significativa, sottolinea il piacere dell’uso delle armi per uccidere. Che si tratti di animali conta poco. Nel romanzo di Isabel Colegate è il 1913. Manca poco perché inizi una ben altra battuta di caccia con ben altre vittime. Quella che sarà chiamata la Grande Guerra segnerà definitivamente la fine del mondo rappresentato nel romanzo di Isabel Colegate, la caduta di quella barriera tra padroni e servitori, tra classi alte e classi basse, tra ‘upstairs’ e downstairs’.

    Il tempo del romanzo è breve, quello, per l’appunto, di una battuta di caccia nella splendida tenuta di Nettleby appartenente a Lord Randolph. Sono i preparativi ad essere lunghi, per una battuta di caccia (dalla cova dei fagiani, all’ingrasso, ad averne un numero tale da soddisfare le aspettative dei cacciatori), e colpisce la disparità di numero tra i protagonisti cacciatori, con mogli a seguito, e lo stuolo di servitù, tra coloro che sono preposti alla caccia (battitori, loaders che caricano i fucili in modo che il loro padrone ne abbia sempre uno carico in mano, guardiacaccia, serratori di file) e i domestici di casa (maggiordomo, cameriere personali delle signore, valletti, cuoche, governante per i bambini). Lord Randolph esprime spesso la sua preoccupazione per questo stile di vita fatto di apparenza che sta diventando sempre più insostenibile.

In questo lasso di tempo impariamo a conoscere i personaggi dalle loro conversazioni, le signore che considerano naturale prendersi delle distrazioni fuori dal matrimonio, purché il tutto sia fatto con discrezione (i loro mariti non fanno altrettanto, forse?)- la moglie di Sir Randolph è stata l’amante del defunto re, Aline è nota per sfarfalleggiare e anche il suo attuale amante è presente alla caccia-, mentre la giovane nipote di Sir Randolph considera l’opportunità di incoraggiare la corte dell’ungherese altolocato (lo scarterà, poi, delusa dal suo cinico comportamento finale) e la candida Olivia si accorge con sgomento felice di ricambiare i sentimenti che le manifesta il giovane Lionel, bello, aitante, ottimo cacciatore. Ecco, questo è un punto importante, a cui Sir Randolph attribuisce grande importanza: la caccia, per non essere un sanguinoso massacro, deve preservare almeno la caratteristica di essere praticata per amore dello sport. Non si gareggia, la competizione è vietata. Lionel non cerca la competizione, il marito di Aline sì. Già umiliato (pur non volendo ammetterlo) dai tradimenti della moglie, svantaggiato da un confronto fisico con il bel Lionel, timoroso di perdere il suo primato come riconosciuto campione di caccia, il marito di Aline non rispetta le norme. Qualcuno muore, fine dello spettacolo.

     Il romanzo riscoperto (è stato pubblicato nel 1980) di Isabel Colegate è un piccolo gioiello, uno di quei regali tipici della letteratura inglese. Con grande finezza, con ironia elegante, Isabel Colegate dipinge un quadro con un pennello a punta fine, con piccoli tocchi, con brevi osservazioni di un paio di personaggi ‘fuori dal coro’ coglie la vacuità di giornate scandite da cambi di abito e riunioni conviviali, l’assurda importanza data alla scelta dei bottoni da camicia, l’ipocrisia delle relazioni sociali. Non si accontenta di sollevare il sipario sui ‘piani alti’, con la stessa minuta attenzione osserva ‘i piani bassi’, sottolinea i contrasti- le parole d’amore di Lionel per Olivia, in una lettera che il suo valletto ha trovato nella carta straccia, suonano ridicole nel messaggio che questi scrive alla cameriera sua fidanzata, le innumerevoli portate servite al tavolo imbandito fanno apparire più misero il coniglio cacciato di frodo per cui il guardacaccia potrebbe essere punito. E il personaggio del ragazzino Osbert che salva la sua anatra dalla mattanza, che studierà belle arti, è il simbolo dell’uomo nuovo che sarà.

    Julian Fellowes, scrittore e sceneggiatore di “Gosford Park” e di “Downton Abbey”, ha scritto un’ottima introduzione a questo bellissimo romanzo: non perdetela. 



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