domenica 8 giugno 2014

Sofi Oksanen, "Quando i colombi scomparvero" ed. 2014

                                                        vento del Nord
                                                        fresco di lettura



Sofi Oksanen, “Quando i colombi scomparvero”
Ed. Feltrinelli, trad. Nicola Rainò, pagg. 357, Euro 19,00
Titolo originale: Kun Kyyhkyset Katosivat
      

“Andrai a cercare altri dei nostri o rimani qui a combattere?” mi domandò Edgar.
       Voltai lo sguardo verso gli alberi. C’erano tante cose da fare: bisognava sfiancare l’Armata Rossa che occupava l’Estonia, trasmettere informazioni sul corso degli eventi agli alleati in Finlandia. Ricordavo quanto eravamo soddisfatti, di là, nei nostri vestiti finlandesi nuovi fiammanti; e la sera, tutti in riga, a cantare saa vabaks Eesti meri, saa vabaks Eesti pind.


     Saa vabaks Eesti meri, saa vabaks Eesti pind, sii libero o mare estone, sii libera o terra estone- è il canto patriottico che risuona lungo tutto il nuovo romanzo, “Quando i colombi scomparvero”, di Sofi Oksanen, la scrittrice finlandese-estone che, durante un’intervista di alcuni anni fa, mi aveva detto che scriveva dell’Estonia perché pensava che la storia dell’Estonia dovesse essere riscritta in forma letteraria, perché è una storia che non si trova nella letteratura finlandese (la Finlandia non riconobbe l’indipendenza dell’Estonia dopo la caduta della Cortina di Ferro), perché la storia dell’Estonia fa parte della storia d’Europa. E lei, Sofi Oksanen, figlia di padre finlandese e madre estone, libro dopo libro, ci racconta questa Storia del piccolo paese affacciato al Baltico che fu prima occupato dall’Unione Sovietica grazie al patto Molotov-Ribbentrop del 1939 e poi dai nazisti nel 1941, per essere dopo, nel 1944, nuovamente occupata dai sovietici. Furono tempi concitati, violenti, confusi- saa vabaks Eesti meri, saa vabaks Eesti pind: dove era la libertà? Chi avrebbe aiutato l’Estonia a conquistare la libertà? Le deportazioni verso la Siberia avevano mostrato che non c’era alcuna speranza da quella parte, fu per quello che, in un primo momento, il movimento della resistenza estone appoggiò i tedeschi che vennero visti come liberatori. Finché iniziarono altre deportazioni, vennero aperti dei campi di prigionia o di concentramento, a Klooga, a Vaivara. E il movimento dei Fratelli della Foresta iniziò una sorta di guerriglia.

   “Quando i colombi scomparvero” inizia nel 1941 e termina nel 1966. La narrazione si sposta avanti e indietro, ma è impossibile che il lettore si confonda: accanto al titolo di ogni capitolo un francobollo segnala l’anno e, ancora più significativo, quale sia la potenza occupante (ormai, nei nostri tempi di posta elettronica, tendiamo a dimenticare il profondo significato storico dei francobolli). Un quarto di secolo attraverso due protagonisti maschili ed un personaggio femminile. Edgar e Roland sono cugini, quasi fratelli perché la madre di Roland ha allevato il nipote insieme al figlio ed Edgar è molto affezionato a lei: quando la voce di un personaggio parla di ‘mammina’ possiamo essere certi si tratti di Edgar. Nel dialogo del primo capitolo c’è qualche indizio sul carattere dei due, preludio alle scelte che faranno. Edgar è un voltagabbana. Servile e vigliacco, Edgar cambia nome più di una volta per confondere le tracce, lavora prima per i tedeschi e poi per i sovietici, è un informatore, una spia, farebbe qualunque cosa per salvarsi la pelle. Roland è un nazionalista, negli anni ‘60 scompare, di certo è tra le fila dei Fratelli della Foresta. Entrambi sono sposati, ma la moglie di Roland muore nelle prime pagine del libro. Si dice che si sia suicidata, Roland non ci crede e non si rassegna- è uno dei tanti misteri che verrà svelato alla fine. La moglie di Edgar è un personaggio tragico- moglie insoddisfatta (troppo ingenua per capire il perché di quel marito così freddo), diventerà la fidanzata di guerra di un tedesco e, quando la ritroviamo accanto ad Edgar, è un’ombra. Il suo nome non viene più pronunciato, è solo ‘la moglie’ che beve ed è sempre ubriaca, è una figura emblematica che ha perso la sua identità, che deve sopportare di vivere a fianco di un traditore che (dettaglio orwelliano) ‘riscrive’ la Storia, crea sulla carta, falsificando la realtà, persone adatte ad attirare gli strali sovietici.  
museo dell'occupazione

    Sofi Oksanen ha scritto un romanzo più complesso dei due precedenti, una storia che parla di patriottismo, di fragilità umana, di servilismo, di lealtà e di tradimento. Una voce potente e drammatica che a tratti può risultare didattica nella mancanza di ombre. Un libro tanto più necessario quanto più è difficile per noi, che poco o nulla sappiamo di ‘quella’ Storia, comprenderlo appieno. 




la recensione è stata pubblicata su www.wuz.it

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