Voci da mondi diversi. Africa
fresco di lettura
Aminatta Forna, “Il ricordo dell’amore”
Ed. cavallo di ferro, trad.
Annarita Guarnieri, pagg. 686, Euro 19,90
Titolo originale: The Memory of Love
“Non capisci che lui ti sta usando per scrivere una sua versione della
storia? E questo succede ovunque nel paese. La gente cancella quello che è
successo, manipolando la verità, creando una sua versione degli eventi per
riempire i vuoti, una versione della verità che la metta in buona luce, che
spazzi via quello che ha fatto, o che ha mancato di fare, e garantisca che
nessuno venga biasimato. Mio padre ha te ad aiutarlo. Sei solo uno specchio che
può sollevare per vedervi riflessa una sua versione di se stesso e degli
eventi, la stessa menzogna che racconta a se stesso e a tutti gli altri. E lo
fanno tutti.
Se non ci fosse l’amore, la vita sarebbe
insopportabile. Se non ci fosse almeno il ricordo dell’amore, se ci fosse solo
la memoria dei dolori, delle difficoltà, delle delusioni, non sarebbe possibile
trascinarci passo dopo passo avanzando negli anni. Persino nei tempi più bui,
persino nella crudeltà estrema che una guerra è capace di risvegliare negli
uomini, è il ricordo dell’amore che ci salva. E’ di tutto questo che parla- di
guerra e di atrocità, di tradimenti e di amore, di tutto quello che la nostra
mente elabora sotto forma di ricordi oppure soffoca per non lasciarli
affiorare- il bellissimo libro di Aminatta Forna, “Il ricordo dell’amore”.
Sierra Leone, 2002. La guerra civile durata undici anni è terminata da
poco. Il paese è pieno di orfani e di vedove, di storpi, di ammalati nel fisico
o nella mente. Nell’ospedale di Freetown chi ha avuto lesioni al midollo
spinale non viene neppure più accettato: i posti scarseggiano, è inutile curare
e mantenere in vita una persona per sei mesi quando poi, una volta dimessa,
morirà nel giro di breve tempo perché non c’è nessuno in grado di prendersene
cura. Nell’ospedale psichiatrico gli ammalati sono legati con catene- soffrono
di allucinazioni e di incubi, di trauma postbellico.
Due medici, due donne, un
paziente anziano- sono questi i protagonisti del romanzo di Aminatta Forna,
insieme ad una miriade di personaggi minori e tuttavia indimenticabili. Kai
Mansaray è il chirurgo dell’ospedale- un mago, instancabile, generoso, umano,
fa miracoli. Adrian Lockheart è uno psicologo inglese che ha scelto di lavorare
in Sierra Leone- il suo compito è di far parlare i suoi pazienti, di aiutarli a
gestire i ricordi intollerabili. Tra questi, il vecchio Elias Cole si
distingue, perché è lui stesso che vuole parlare,
è come se volesse confessarsi. Era un professore universitario, ha un grado di
consapevolezza ben diverso dalle altre vittime della guerra. Saffia, la bella
Saffia, era la moglie di un professore collega di Elias quando questi la vide e
se ne innamorò subito. E Mamakay, infine, clarinettista che accetta la corte di
Adrian e ne diventa l’amante- per lei Adrian lascerà la moglie e la figlia. Le
vite di questi personaggi sono intrecciate tra di loro e la storia che leggiamo
è intrecciata alla Storia di un paese devastato.
Aminatta Forna non ci parla della guerra ‘in diretta’. La guerra ‘in
diretta’ è lo shock dell’orrore, la paralisi delle emozioni. Attraverso i suoi personaggi Aminatta Forna ci parla
della distruzione che la guerra lascia dietro di sé, delle rovine dei corpi e
delle anime. Ci parla delle prove e delle scelte che la guerra obbliga ad
affrontare, quando la forza interiore viene messa alla prova. Perché solo in
apparenza la colpa peggiore di cui l’uomo si può macchiare è uccidere. Adecali (un
paziente di Adrian) non sopporta il puzzo di carne bruciata- quello di cui non
riesce a parlare è il fuoco che ha appiccato alle case dopo averci chiuso
dentro gli abitanti. Elias parla, invece, ma pecca di omissione: dice solo
quello che vuol dire, che non lo incrimina. Elias non dice quello che non ha fatto e che avrebbe potuto fare
trent’anni prima, quando il campus universitario era stato contagiato dai
fremiti europei. Ad Elias faceva comodo che venisse tolto di mezzo Julius,
attivista politico, marito di Saffia. Ad Elias fa comodo discolparsi sostenendo
che è Julius che lo ha tradito per primo, lasciandolo fuori dalla
contestazione. E allora il tradimento diventa, in questo romanzo così sofferto
e profondo, la controparte dell’amore. Si riesce a vivere una vita intera senza
tradire qualcuno o qualcosa? Elias che consegna alla polizia i suoi appunti con
nomi e date e incontri, Saffia che accetta la proposta di matrimonio di Elias,
Elias che, per salvare sua figlia, consegna gli studenti al poliziotto che
tanti anni prima lo aveva arrestato, Mamakay che fa un figlio con Adrian
impedendosi di pensare al suo grande amore di ‘prima’ della guerra, Adrian che
abbandona moglie e figlia, l’amico di Kai che emigra in America tradendo il suo
paese. Kai, infine, il fulgido Kai che ricostruisce arti e funge da padre al
nipotino: Kai si trova sullo spartiacque della tentazione- gettarsi il
tradimento dell’amata e il suo paese in sfacelo alle spalle, seguendo l’amico
negli Stati Uniti e diventando lui stesso un traditore, o continuare a
combattere la sua battaglia nelle corsie dell’ospedale?
C’è la rivelazione di un ennesimo
tradimento nel finale, del tutto inaspettato. E tuttavia è, ancora una volta,
un tradimento scaturito dall’amore. O dal ricordo dell’amore. Un finale che
racchiude una grande tristezza e una grande speranza di futuro, di
ricostruzione.
E’ tutto perfetto, questo libro. La copertina- molto bella. Il titolo-
un incanto suggestivo. La lunghezza del romanzo potrebbe far tentennare, e
invece lo stile di Aminatta Forna, tra realismo e poesia, forza e delicatezza, allevia
la lettura, la rende palpitante e incisiva.
la recensione è stata pubblicata su www.wuz.it
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