prima guerra mondiale
il libro ritrovato
Sébastien Japrisot, “Una lunga domenica di passioni”
Ed. Rizzoli, trad. Simona Martini Vigezzi, pagg. 279, Euro 16,00
Una domenica lunga sette anni,
quella del romanzo dello scrittore francese Sébastien Japrisot, “Una lunga
domenica di passioni”. E, se il titolo italiano fa pensare a passioni diverse,
sentimenti d’amore ma anche di sofferenza o di odio o di generosità o di
invidie e tradimenti, quello originale francese, “Una lunga domenica di
fidanzamento”, lo riporta al legame che fa muovere tutta la storia, alla
promessa di fedeltà tra Mathilde e Manech che viene ripetuta ogni volta che un
personaggio racconta la sua versione di
quello che successe quella domenica 7 gennaio 1917. Il lettore sa subito i
fatti sostanziali: il primo capitolo incomincia con “c’erano una volta cinque
soldati francesi che facevano la guerra, perché il mondo va così”. Un inizio da
fiaba per una realtà che è ben lontana dall’esserlo: cinque soldati si erano
feriti volontariamente per essere rimandati a casa, per sfuggire al carnaio, ed
erano stati condannati a qualcosa di peggio della fucilazione come traditori-
sarebbero stati condotti nella striscia di terra nessuno tra le trincee nemiche
e abbandonati lì, come per un tiro al bersaglio.
Alle famiglie era stato
comunicato che erano morti in battaglia, tutti e cinque. Nel capitolo iniziale
ogni soldato è identificato solo con il numero di matricola, dal suo modo di
camminare avanzando nel fango, dal tipo di ferita che si è inferto; dopo, a
poco a poco, impariamo a conoscerli con il loro nome, o meglio, con il soprannome-
il generoso Eskimo e il comunista Six Sous, il piccolo criminale Droit Commun e
il grigio Cet Homme, e poi Manech, chiamato il Bleuet, il “Fiordaliso”, come
tutti gli ultimi arruolati, quando ci mancava poco che anche i bambini
venissero mandati a combattere quella guerra disperata. Non era già più in sé,
Manech il Bleuet, quando era stato scaraventato nella terra di nessuno di
quella zona con un nome che ci martellerà nelle orecchie per tutto il libro,
Bingo Crepuscolo (verrà spiegato alla fine questo nome che contiene l’idea del
morire della luce e della vita), si era
messo a fare un pupazzo di neve, sorridendo. A guerra finita, nel 1919, l’ufficiale che ha scortato i prigionieri, ormai molto ammalato, racconta a Mathilde di quel compito ingrato, di come avrebbe voluto lasciarli fuggire, delle ultime lettere che lui stesso aveva raccolto per inoltrarle alle famiglie. Vengono fuori altri nomi, di altre persone che hanno assistito alla scena- e Mathilde si mette sulle loro tracce, investigatrice per amore, insieme ad un investigatore triste che le offre i suoi servigi. Perché Mathilde, figura luminosa che non si arrende nonostante sia confinata su una sedia a rotelle, non vuole credere che il ragazzo con cui ha fatto l’amore a sedici anni sia morto- lei lo troverà. Leggiamo le lettere dei cinque prigionieri (e almeno un paio sembrano scritte in codice), ascoltiamo versioni diverse della domenica di passioni e di quello che è successo dopo, delle mogli, del vivandiere, di un parroco, di un altro ufficiale, della sorella di un tedesco che era nella trincea di fronte. Fino allo scioglimento finale, quando attraverso le storie dei cinque prigionieri abbiamo letto la storia della guerra con la condanna di tutte le guerre, filtrata attraverso una storia di amore.
la recensione è stata pubblicata sulla rivista Stilos
Sébastien Japrisot |
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