vento del Nord
cento sfumature di giallo
fresco di lettura
Magnus Montelius, “L’inganno del passato”
Ed. Marsilio, trad. Laura
Cangemi, pagg. 366, Euro 18,50
Titolo originale: Mannen från Albanien
“La storia di Erik Lindman, com’è stata raccontata prima del suo rientro
e della sua morte, è quella che tutti vogliono sentire. Il fanatico solitario
che ha tradito il suo paese ed è stato smascherato dai servizi di sicurezza
prima di aver trovato qualcuno da danneggiare. E’ una versione che affascina e
rassicura tutti: Tristano smascherato e morto.”
Grande. Magnus Magnus
Montelius, il ‘nuovo’ (dopotutto questo è il suo primo romanzo) scrittore
svedese pubblicato dalla casa editrice Marsilio. Grande Magnus. “L’inganno del
passato” è un romanzo straordinario, una spy
story se si è in cerca di una definizione, e tuttavia è un romanzo ‘pieno’,
con personaggi ben definiti, con una storia che sconfina nella Storia e nella
politica e che pone quesiti- umani ed etici- su cui è impossibile sorvolare.
Tanto che ci si domanda se non sarebbe ora di farla finita con le restrizioni
delle definizioni dei generi e con la condiscendenza con cui i critici guardano
i libri ‘gialli’ o di indagine poliziesca o di spionaggio. Un grande romanzo è
un grande romanzo e basta.
E’ il 1990. La rivoluzione di Piazza
Tienanmen, la caduta del muro di Berlino, la fine dei Ceauşescu in Romania hanno segnato
una svolta epocale. Non è solo la fine dell’Unione Sovietica. E’ la fine di un’utopia,
di un sogno illuminante. Un profugo albanese arrivato da due giorni a Stoccolma
viene trovato morto nei giardini dell’altura di Ersta. E’ caduto? Un barbone
che era nei pressi dice di no, che lui ha visto un’ombra. Chi bada agli
sproloqui di un senzatetto? Poco dopo questi muore, investito da un’auto. Il
tutto appare sospetto al giovane giornalista Tobias Meijtens che non ha neppure
idea di dove lo porterà l’indagine che inizia a fare, sperando in uno scoop che
lo faccia assumere a tempo indeterminato dalla rivista settimanale per cui
lavora. Una delle prime cose che balza fuori è che l’albanese è uno svedese
scomparso nel 1965. E non era un tipo qualunque. ‘Allora’, nel 1965, i giornali
avevano scritto un’accusa infamante: che era una spia, che si trovava a Mosca.
Come era finito in Albania, paese non proprio amico dell’Unione Sovietica?
Erik Lindman non era ‘come lei e
come me’- dice un suo vecchio amico. Faceva parte del cosiddetto ‘gruppo di Upssala’,
ma era l’unico a provenire da una famiglia molto modesta. Erik era intelligentissimo e brillante a
scuola, era colto, aveva una grande disposizione per le lingue straniere, era
generoso, era di bell’aspetto, era carismatico. L’attrattiva del comunismo era
scontata per Erik, figlio di un convinto stalinista, mentre era una stravaganza
per i due amici, Sonia con cui Erik faceva coppia, e Carl che offriva
l’alloggio a entrambi nel lussuoso appartamento che gli aveva regalato il
padre. Che cosa era successo perché Erik lasciasse la scuola per diplomatici e
si mettesse a distribuire giornali? Il fatto che fosse stato ammesso,
nonostante le sue origini familiari, confermava la sua eccezionalità. Si
insinuava che fosse stato espulso, ma una lettera di dimissioni di Erik provava
il contrario.
‘Verità’ è la parola chiave nel romanzo di Magnus Montelius. Si chiamava
“Veritas” il gruppo svedese di estrema sinistra di cui facevano parte Erik e
gli amici. Verità come Pravda, il famoso quotidiano russo. Una verità che
Tobias Meijtens insegue nonostante le intimidazioni, nonostante che venga licenziato
nel tentativo di fermare le sue ricerche. La verità dovrebbe essere come una
missione per un giornalista- l’accusa contro i danni che la mala stampa o
l’informazione tendenziosa possono provocare, fino a distruggere la vita di un
uomo, è fortissima. E’ in questo idealismo che il personaggio di Tobias nel
1990 si avvicina, come una sorta di doppio rivisto, a quello di Erik nel 1965.
Quello di Tobias, però, pare una voce sola nel coro mentre l’atmosfera degli
anni ‘60 traboccava di idealismo, di speranze, di entusiasmo, di illusioni (‘Des illusions’ è il titolo scelto
dall’edizione francese), almeno nel gruppo dei simpatizzanti del comunismo. Che
ne era stato di tutto quello? Adesso che pezzo dopo pezzo sta crollando
l’impero comunista, si può finalmente dire la verità? Parrebbe di no, e allora
la lotta di Mejitens si rivela in parte inutile, il suo disinganno è di poco
inferiore a quello di Erik, il personaggio eroico tradito da qualcuno, e per
motivi che nulla hanno a che fare con gli ideali o il credo politico. L’ultima
verità che Mejitens non svelerà ( a volte bisogna arrendersi e smettere di fare
il don Chisciotte) è una sorta di giustizia poetica che riequilibra il destino
di Erik.
Dopo “Il cerchio dell’odio” di Massimo
Galluppi, la casa editrice Marsilio ha pubblicato un altro libro entusiasmante
che ritorna, in un contesto nazionale e sociale diverso, ai fervidi anni ‘60 e
‘70 in cui si respirava nell’aria la fiducia giovanile che si potesse cambiare
il mondo. C’è un filo di rimpianto, paragonandoli con i tempi attuali di palude
stagnante? Di certo “L’inganno del passato” non è solo un ottimo romanzo di
spionaggio che lascia il lettore fino alla fine nel dubbio sull’identità di
‘Tristano’, ma è anche lo specchio di un tempo e la messa a nudo dell’abitudine
(o vizio?) ad insabbiare il marciume della società.
la recensione è stata pubblicata su www.wuz.it
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