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incroci di civiltà
Voci da mondi diversi. Asia
Kader Abdolah, “Il corvo”
Ed. Iperborea, trad. Elisabetta
Svaluto Moreolo, pagg. 107, Euro 9,50
Titolo originale: De Kraai
Non è che proprio tutti siano
diventati tassisti o fruttivendoli, naturalmente. Molti hanno proseguito gli
studi e trovato un buon lavoro. Le donne in particolare hanno approfittato del
nuovo stato di cose per conquistarsi una condizione dignitosa. Eppure è come se
quella prima generazione di profughi avesse messo da parte i suoi sogni per
offrire migliori opportunità ai figli. Sono come gli atleti di una staffetta
che passano il testimone al gruppo successivo.
Questa è la storia di Refid Foaq, iraniano
immigrato in Olanda, sensale di caffè, scrittore per vocazione.
Questa è la storia di Kader Abdolah, nato
in Iran nel 1954 e rifugiato politico in Olanda dal 1988, che è riuscito a far
sua la lingua del paese che lo ha accolto, tanto da aver l’onore della
richiesta di scrivere il ‘libricino’, il libro-omaggio della Settimana del
Libro Nederlandese. Il ‘libricino’ che deve rispettare una lunghezza
prestabilita e che è, appunto, “Il corvo”.
Il titolo scelto da Abdolah è suggestivo:
il corvo appare spesso nei racconti della tradizione persiana, è un testimone
che osserva tutto dall’alto, è un custode della cultura, è un messaggero alato
che valica i confini. Come il corvo, anche il protagonista del racconto di Abdolah,
così come altri personaggi che vi appaiono, ha superato confini, ha portato la
sua cultura e il suo passato in altri paesi, cancellando le frontiere.
“Voglio raccontarvi quello che è successo e
come sono finito in Lauriergracht n.37”- e quello che è successo ha radici
lontane, nel tempo e nello spazio. Inizia in un paese che si chiamava Persia
finché, nel 1959, fu stabilito che entrambi i nomi, Persia e Iran, potevano
essere usati. Regnava ancora lo scià che, però, accettando l’aiuto americano,
segnava viepiù l’americanizzazione del paese. Inizia con un padre falegname e
con un ragazzo che ama leggere e che, per amore della lettura, affronta anche
libri americani, con l’aiuto di un dizionario: è il segno di una curiosità
intellettuale che lo accompagnerà sempre, che sarà uno stimolo fortissimo,
quando le vicende della Storia lo obbligheranno a lasciare l’Iran.
C’è il tono distaccato della
lontananza, nel racconto di Kader Abdolah. La pacatezza di chi ha accettato la
durezza della sorte ed è grato del destino che gli è toccato, paragonandolo a
quello di altri meno fortunati di lui. L’intelligenza e l’apertura mentale di
chi ha saputo non restare prigioniero della sua identità e dei suoi ricordi. A
tratti veloci, nello spazio del centinaio di pagine che gli sono concesse, Abdolah,
sotto lo pseudonimo di un amico conosciuto all’università, un medico del
Kurdistan arrestato e ucciso durante la rivoluzione, traccia la storia della sua
vita, le letture e i primi scritti, la rivoluzione, l’attentato all’ambasciata
americana e l’incontro con la ragazza che avrebbe sposato. E poi l’esilio, la
fuga attraverso la Turchia, l’attesa estenuante per i documenti, i soldi
sufficienti soltanto per una destinazione “minore”, per un piccolo paese grigio
e piatto nel nord dell’Europa. Dall’Iran all’Olanda è un capovolgimento
radicale, un ripartire da zero, un gettarsi alle spalle tutto ciò che si era.
Ma Refid Foaq è caparbio, ha i piedi saldi sulla terra e sa che solo un lavoro
manuale- anche se non gli si confà- può permettergli di vivere, che è
necessario imparare la lingua del posto. Sogna altro, però. Sogna di diventare
quello che sperava di diventare prima che la sua vita si spezzasse. Come tanti
altri iraniani in esilio, diseredati del loro futuro. Capisce anche che deve
far incrociare i due mondi, filtrare la cultura dei suoi antenati dentro quella
dell’Occidente.
E’ una splendida e intrigante
sorpresa, per il lettore, trovare accostate opere poetiche persiane e testi
fondamentali della letteratura olandese. Soprattutto lo scrittore si appropria
del romanzo ottocentesco “Max Havelaar” con i suoi riferimenti alla politica
coloniale olandese e al commercio del caffè: sembra un dettaglio irrilevante e,
invece, c’è poco che renda l’idea del cambiamento radicale subito da un uomo
che viene dal paese in cui il tè offerto nei bicchieri di vetro è la bevanda
nazionale e che finisce a vendere caffè. Così come il paesaggio che lo circonda
è esattamente l’opposto di quello che ha lasciato- la piattezza grigia
dell’Olanda è illuminata dal ricordo azzurro della magica Isfahan.
“Il corvo” non è solo la storia di Rafid Foaq alias Kader Abdolah. Ogni
pagina del suo travagliato viaggio verso una destinazione ignota ci fa pensare
alle tragedie dei barconi carichi di migranti di cui abbiamo letto di recente,
a vite di cui non sappiamo nulla, ad ambizioni stroncate, ad umiliazioni
inghiottite, ad una volontà di andare avanti ad ogni costo e nonostante tutto.
la recensione è stata pubblicata su www.wuz.it
lo scrittore Kader Abdolah
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