Un giorno. Un paese
prima guerra mondiale
il libro ritrovato
Sebastian Barry, “A
long long way”
Ed. Instar libri, trad. Laura
Pignatti, pagg. 293, Euro 16,00
C’è sempre qualcosa di speciale nei libri
di guerra, c’è una bellezza terribile che li rende unici. Perché è solo la
morte che dà la misura della vita, e allora qualunque azione, qualunque
pensiero, qualunque desiderio, qualunque rimpianto, acquista una profondità
dolorosa e struggente che viene dalla consapevolezza dell’adesso e forse mai
più. Da quella linea sottile che separa il tempo dal non tempo, il qui
conosciuto e l’al di là da cui nessuno è tornato. Ci è capitato di fare queste
riflessioni leggendo, di recente, “Tredici soldati” dell’israeliano Ron Leshem
sulla disperata difesa dell’avamposto di Beaufort in Libano nel 2000, e ci
ritroviamo a pensare le stesse cose leggendo un romanzo su un’altra guerra di
quasi un secolo prima, “A long, long way” dell’irlandese Sebastian Barry.
E’ una fortuna che il titolo non sia stato tradotto, perché sono parole
di una canzone molto nota in Irlanda, it’s
a long, long way to Tipperary, e il libro di Barry è un libro interamente
irlandese, anzi è il dramma dell’Irlanda nella prima guerra mondiale- il
protagonista è un ragazzo irlandese che combatte nelle Fiandre nell’esercito
inglese, tutti i soldati del suo battaglione sono irlandesi, i loro pensieri
sono ‘a casa’ in Irlanda, e la tragedia degli anni di guerra avrà una triplice
faccia. Ci sarà l’orrore della guerra di trincea, prima di tutto, con la quasi
certezza di non uscirne vivo. E poi, dopo la rivoluzione di Pasqua del 1916 a Dublino, ci sarà il
tormento di essere guardati con disprezzo in patria- come combattenti nelle
file di quello che per i più è il nemico inglese- e con sospetto da parte dei
commilitoni inglesi, come possibili ribelli.
William Dunne, il protagonista del romanzo,
ha solo diciassette anni quando si arruola. Lo fa perché ammira suo padre,
comandante della guarnigione di polizia inglese al Castello di Dublino. E
poiché lui, Willie, è basso di statura e non può seguire le orme paterne, il
meglio che può fare è combattere per il Re, per rendere orgoglioso suo padre.
Situazione difficile quella dell’Irlanda nel 1914. Ancora sotto dominio inglese
ma con la promessa dell’autonomia alla fine della guerra in Europa. In ogni
modo Willie è troppo giovane e troppo influenzato dal padre per capire le
correnti sotterranee dei moti indipendentistici. Parte per un’avventura più
grande di lui, con la promessa che si fa a tutte le reclute che la guerra
finirà presto, il tempo di andare e tornare- anzi, con l’incoscienza della
giovinezza, si spera di vedere un po’ di azione.
E invece. Invece si fa a tempo
a vedere i cambi di stagione, a vedere le messi sostituite dal fango, e la
pioggia. La pioggia senza fine. A provare paura- e che altro dovrebbe sentire un
ragazzo diciottenne quando si vede assediato dalla morte? “A long, long way” è
uno straordinario romanzo di formazione: se in genere si diventa grandi con la
prima esperienza della morte, William Dunne diventa vecchio nel giro di mesi
sul fronte. Sebastian Barry è bravissimo nel raccontarci la guerra vista da un
ragazzo- l’ansia, il sospetto, il timore, il panico quando la strana nube
gialla avanza a Ypres e chi rimane indietro si contorce per terra. E muore il
capitano Sheridan che William tanto ammira, perché non vuole battere in
ritirata. Come suonano false e retoriche tutte le immagini del coraggio e della
guerra- solo ‘dopo’ si saprà del gas usato dai tedeschi, l’iprite per
l’appunto. William non si vergogna di nulla, con la stessa naturalezza parla del
suo amore per Gretta (una bambina, quando lui è partito), dei pidocchi, del suo
non saper trattenere la pipì nei momenti di pericolo- fino alla volta che, dopo
un attacco particolarmente pesante viene mandato a fare rapporto dietro le
linee e, alle rimostranze del generale sulla puzza che emana, con un candore
che ci fa venire le lacrime agli occhi e un sorriso di pena sulle labbra, dice,
“Mi sono cagato addosso.”
Quattro anni infiniti di esperienze
dolorose, e quanto è duro apprendere. Quando sta per ripartire da una licenza a
casa- è il 1916- William passa davanti ai ribelli asserragliati nell’Ufficio
Postale. Gli ordinano di sparare e lui non capisce- come? I tedeschi sono
arrivati in Irlanda? Quando inizia a capire, e a dubitare, e ne scrive al
padre, questi si trasforma in un nemico.
La verità finale è che non si
torna mai da una guerra. Si resta segnati per sempre, anche se il gas non è
entrato nei polmoni, anche se si torna con due gambe e due gambe braccia. Negli
occhi il ricordo di corpi che cadono, negli orecchi gli spari e le voci di chi
non c’è più.
la recensione è stata pubblicata su www.stradanove.net
lo scrittore Sebastian Barry
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